La Lega vuole vietare le manifestazioni contro Israele: ecco la proposta di legge

La nuova proposta di legge della Lega sull’antisemitismo: cosa cambia?

Il disegno di legge mira a vietare manifestazioni di piazza contrarie a Israele. 

In un periodo segnato da tensioni crescenti in Medio Oriente, le eco di questi eventi si riverberano anche in Italia, sollevando questioni importanti riguardanti la libertà di espressione e la tutela delle comunità. Una nuova proposta di legge, avanzata recentemente dalla Lega, ha scatenato un ampio dibattito pubblico. Il disegno di legge numero 1004 del 2024 si pone due obiettivi apparentemente nobili: proteggere le istituzioni e la storia ebraica da un lato e, dall’altro, vietare le manifestazioni di piazza contro Israele. Tuttavia, alcuni aspetti della proposta hanno sollevato preoccupazioni riguardo ai potenziali impatti sulla libertà di espressione e sulla sua costituzionalità.

Il cuore della questione risiede nell’introduzione di un sistema di monitoraggio degli episodi di antisemitismo, attraverso la creazione di una banca dati regolamentata direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con apposito decreto. Questa misura, che ricorda i controversi DPCM utilizzati durante la pandemia, prevede la schedatura sia sugli atti d’odioche su non meglio chiariti atti incidentali, un termine quest’ultimo assai vago che potrebbe allargare eccessivamente la rete delle condotte considerate riprovevoli.

In parallelo, la proposta di legge si propone di estendere i poteri del Presidente del Consiglio nel regolamentare i contenuti online, dando vita a un meccanismo di censura sui social media e altre piattaforme internet per contenuti ritenuti antisemiti. Questo aspetto solleva questioni delicate sulla libertà di parola e sulla possibilità di un controllo eccessivo da parte delle autorità su ciò che può o non può essere detto online.

L’articolo più controverso, però, della nuova proposta è l’articolo 3 che contiene una modifica al Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) e in particolare dell’articolo 18 che regolamenta la comunicazione preventiva che va data al Questore prima delle manifestazioni pubbliche. La nuova proposta stabilisce che il Questore possa negare l’autorizzazione a riunioni e manifestazioni sulla base di un vago “grave rischio potenziale” legato all’uso di simboli o messaggi considerati antisemiti. Questo cambiamento rappresenta un notevole allontanamento dal principio di libera riunione garantito dall’articolo 17 della Costituzione, introducendo un livello di discrezionalità che potrebbe limitare le proteste, in particolare quelle pro-Palestina o critiche nei confronti del sionismo.

Di fronte a tali sviluppi, emerge un interrogativo cruciale: cosa può fare il cittadino?

Il Presidente della Repubblica potrebbe rifiutarsi di promulgare la legge, rinviandola alle Camere. Ma se il Parlamento approva per la seconda volta la legge in questione il Capo dello Stato è costretto a promulgarla.

La soluzione estrema potrebbe essere quella di sollecitare un intervento della Corte Costituzionale per valutare la legittimità di questa legge, qualora venisse promulgata. È un percorso che potrebbe portare alla cancellazione della normativa, qualora venisse ritenuta in contrasto con i principi fondamentali della Repubblica Italiana.

Questa vicenda sottolinea la delicatezza del bilanciamento tra la necessità di combattere l’odio e la tutela delle libertà fondamentali, un tema che continuerà sicuramente a suscitare dibattiti accesi nel panorama politico e sociale italiano.

 

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