La gauche intellettuale protesta contro il caro casa. A Istanbul, non a Milano

di Enrico Toselli

 

Miracolo! Anche il quotidiano degli Elkann, la Repubblica, si accorge dell’insostenibile livello dei prezzi delle case, sia in affitto sia da acquistare. A Milano? No, quello di Repubblica è solo un mezzo miracolo, perché l’inchiesta riguarda Istanbul. Davvero qualcuno poteva illudersi che il giornale diretto da Molinari osasse toccare la città del compagno sindaco Beppe Sala? Dei compagni imprenditori tanto illuminati? Degli eroici loggionisti antifa? Certo che no!

Meglio occuparsi della Turchia. Anzi di Istanbul. Però bisogna fare attenzione. Perché la città non è guidata da un sindaco seguace di Erdogan, bensì da un esponente dell’opposizione a livello nazionale. Proprio come Milano. Magari anche sul Bosforo c’è qualcuno che va a teatro e strilla “Viva la Turchia filo israeliana!”.

In ogni caso le somiglianze tra le due città, Istanbul e Milano, sono piuttosto evidenti. Le due città più moderne e dinamiche dei rispettivi Paesi, contrapposte alla mentalità arretrata della capitale turca ed al cancro burocratico di quella italiana. Ma entrambe le capitali gestite comunque dall’opposizione negli ultimi anni.

Insomma, il Paese reale è contro le due principali città sia in Turchia sia in Italia. Situazione curiosa, ma significativa.

Ci sono anche notevoli differenze. Milano è la città più dinamica e moderna d’Italia, ma la crescita di Istanbul è molto più consistente e caotica. Però è identica la rassegnazione al potere indiscusso del mercato. Se i prezzi aumentano è perché aumentano le richieste di alloggi. Determinate proprio dalla dinamicità delle città. Sala ha risolto il problema lasciando che gli abusivi occupassero indisturbati interi palazzi, interi condomini. Lasciando prosperare la delinquenza nelle periferie, ed anche intorno alla stazione centrale, e chiudendo entrambi gli occhi in nome dell’accoglienza e dell’inclusione.

Con il risultato di spingere fuori Milano le persone oneste con basse retribuzioni. Costringendo al pendolarismo quotidiano, rubando loro il tempo che era l’unica ricchezza rimasta. O spingendo alcuni a rifiutare le opportunità di lavoro poiché i salari non consentivano di sopravvivere a Milano dove i prezzi non sono assurdi solo per le abitazioni ma anche per la semplice spesa di tutti i giorni.

Il mito degli altospendenti si scontra, però, con una realtà che ha bisogno anche di tutte quelle persone che mandano avanti una città con lavori sottopagati. Un problema che, tuttavia, non pare interessare più di tanto ai politici abituati a Capalbio, a Cortina, ai salotti progressisti dove il contatto con la plebe è limitato agli ordini impartiti alla servitù.

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