Il Dio della guerra

di Andrea Marcigliano

 

Le guerre, tutte e da sempre, sono il portato di interessi economici… questo, almeno, ci viene detto, e inculcato sin dalle scuole, in nome di una (pseudo) teoria marxista. Con ogni evidenza, propagandata da chi Marx lo ha letto ben poco. E, soprattutto, male.

La geopolitica – che non è mera teoria, ma prassi nell’osservare spregiudicatamente la realtà – ci dimostra, però, una cosa ben diversa. Una realtà molto più complessa che sta a fondamento dei conflitti.

Un coacervo formato, certo, da interessi economici, ma anche da diversità e contrasti (o affinità ) tra culture, posizione geografica che determina precise scelte politiche… e, inevitabilmente, anche religioni.

E, per quanto possa sembrare strano, forse addirittura assurdo, anche l’odierna guerra in Ucraina ha, non pochi, risvolti “religiosi”. Insomma, per farla breve, potremmo dire che quella russo-ucraina è, anche, una guerra di religione… né più né meno di quelle che insanguinarono l’Europa tra ‘500 e ‘600.

Già anni prima dello scoppio, ufficiale, delle ostilità, da “ambienti” vicini alla NATO venivano fuori discorsi che definire inquietanti sarebbe un eufemismo. E teorici, prossimi a quel mondo liberal e speculativo che sta dietro alle, cosiddette, “primavere colorate”, parlavano della necessità di infrangere l’unità delle chiese slavo-ortodosse. Perché questa unità, più esattamente questa pan-ortodossia, sarebbe uno strumento, un’arma politica nelle mani di Mosca.

E da Piazza Maidam in poi – quindi dal golpe eterodiretto che portò al potere Poroshenko – si è cominciato a costruire una Chiesa Ortodossa Ucraina completamente svincolata dal Patriarcato di Mosca.

E la guerra, oggi, continua. Il governo Zelenski si è fatto promotore di numerose iniziative volte ad opprimere la gran parte dell’ortodossia che resta fedele al Patriarcato di Mosca. Sequestri di monasteri, pressioni poliziesche sul Metropolita di Kiev, veti alle cerimonie…

Non è questione di indignarsi, o di prendere posizione per l’una, o l’altra delle fazioni in campo. Solo di… osservare e constatare. Con occhio limpido e scevro di pregiudizi.

Le Chiese Ortodosse sono sempre state soggette ad una forma di (definiamolo così ) Cesaro-papismo. Ovvero subordinate al potere politico, non avendo mai avuto un loro Stato indipendente. Come, invece, quella Cattolica Romana. Che ha sempre trovato in questa indipendenza la ratio fondante il potere temporale dei Papi.

È, dunque, abbastanza ovvio che, in Russia, Putin punti anche, anzi molto sull’Ortodossia, come collante non solo dell’identità nazionale, ma anche di una “comunione” che permette di estendere l’influenza di Mosca ben oltre i confini della federazione.

Questo senza però mai trascurare, o peggio opprimere le altre confessioni religiose.

Anzi, Putin non ha mai perso occasione per cercare di presentarsi al mondo islamico come il leader di un paese che conta oltre 40 milioni di musulmani.

In effetti quella della “pan-ortodossia” è una delle linee di sviluppo della strategia internazionale del Cremlino. Accanto al panslavismo e all’eurasiatismo.

D’altro canto lo “scisma ucraino” è stato palesemente diretto da oltre Atlantico. Allo scopo di indebolire l’influenza di Mosca su Kiev. E la politica repressiva del governo Zelenski nei confronti degli ortodossi fedeli al Patriarca di Mosca, ne è la, brutale e miope, conseguenza.

Di questo, ed altro, si discuterà dal 21 al 23 agosto prossimo, in occasione del XX WKS de “Il Nodo di Gordio”, a Montagnaga di Pinè. Con la partecipazione di diplomatici , esperti di strategie militari, analisti geopolitici, esponenti delle diverse religioni.

 
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