Un mini recupero dei salari rispetto all’inflazione? Solo se paga lo stato. Sono questi gli incentivi aziendali…

di Augusto Grandi

 

Non sapendo cosa mettere in pagina tra le bombe su Gaza che ammazzano solo i terroristi e la prodigiosa avanzata delle truppe ucraine, qualche quotidiano riprende il mai dimenticato tema dei giovani che non hanno voglia di accettare le meravigliose proposte di lavoro da parte dei soliti generosi imprenditori. L’unica differenza è che d’estate si intervistano titolari di hotel, ristoranti e spiagge attrezzate. In autunno si preferisce riportare i pianti di industriali che avrebbero mega commesse internazionali ma non possono accettarle perché mancano tecnici e operai.

Figure professionali inesistenti o che sono svanite perché tecnici ed operai non hanno il senso del dovere patrio e preferiscono andare all’estero a lavorare per lo straniero. Non come i patriottici industriali che hanno portato le fabbriche all’estero sino a quando la delocalizzazione era conveniente. Per poi tornarsene a casa quando la concorrenza è diventata più forte o quando si sono accorti che le aziende trasferite andavano persino seguite. Non c’è giustizia per i poveri industriali.

D’altronde sul problema dei lavoratori che non si trovano è stato chiarissimo Dario Gallina, industriale e presidente della camera di commercio di Torino. Ad un convegno di imprenditori della componentistica automotive, dunque tra colleghi e senza bisogno di definire “preziosi collaboratori” i sottoposti, ha dovuto ammettere che, per essere competitivi nella fase di profonda trasformazione del comparto auto, servono dipendenti più preparati. E per averli – e qui ha trattenuto le lacrime – occorre garantire almeno un parziale recupero della perdita del potere d’acquisto a causa dell’inflazione e dei mancati adeguamenti retributivi.

Dunque non bisogna offrire ai lavoratori la possibilità di guadagnare di più ma solo di perdere di meno. E, ovviamente, questo costo aggiuntivo dovrebbe essere a carico dello stato. Tutto ciò mentre scorrevano i dati relativi all’incremento a due cifre dei fatturati delle aziende del settore.

Però se i giovani se ne vanno, sono cattivi e senza cuore.

 
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