Questioni di lingua

di Andrea Marcigliano

 

Dunque… il Mali ha annunciato che, da quest’anno, il francese non sarà più la lingua ufficiale. Sostituita dalle lingue delle varie etnie. Di fatto un mosaico linguistico estremamente complesso, nonostante la prevalenza, nel sud dove si concentra la maggioranza della popolazione, del Bambara. E, più in generale, delle lingue Mandingo, fra loro abbastanza intellegibili. Vi è, però, anche una notevole minoranza di parlanti fulano. E, nel nord semidesertico, di tuareg, appartenenti al ceppo berbero. Senza dimenticare una componente araba. Importante storicamente, perché gli abitanti della regione furono convertiti all’Islam per opera di Ibn Khaldun. Una delle figure più importanti della cultura maghrebina del XIV secolo.

Non si tratta solo di, inutili, curiosità erudite. Le divisioni linguistiche rendono palese la complessità del mosaico maliano. E spiegano molte, se non tutte, le tensioni che attraversano storicamente lo stato dell’Africa Occidentale. Stato costruito artificialmente a tavolino dal colonialismo francese, quando smembrò gli antichi Imperi Ghana, Songhai e Mali, per dare vita a quel mosaico di stati e staterelli che è, a tutt’oggi, l’Africa Occidentale. In base tanto all’interesse economico, quanto alla vecchia, ma sempre valida logica del “Divide  et Impera”. E in totale spregio della storia di quei popoli.

 

Inutile negare che l’abbandono, almeno a livello ufficiale, del francese, costituirà un problema amministrativo e organizzativo per lo Stato africano. E che, con ogni probabilità la lingua dei colonialisti continuerà a venire utilizzata in molti settori, dalla cultura ai commerci, sia internazionali che interni. Di fatto il francese rappresenta la koinè linguistica del Mali, come, ad esempio, l’inglese nell’Unione Indiana.

Tuttavia la decisione del governo di Bamako , e del suo presidente Assimi Goïta, ha una forte valenza politica. Perché l’uso diffuso, e ufficiale, della lingua francese è uno dei due strumenti principali con i quali Parigi ha mantenuto, dagli anni sessanta in poi, il controllo delle sue colonie. Accanto al CFA, il franco coloniale, e senza naturalmente dimenticare la, costante, presenza militare. Con frequenti interventi per ristabilire l’ordine democratico nei paesi della regione. Tradotto in termini semplici: per imporre governi fantoccio eterodiretti dall’ Eliseo. E, forse ancora di più, dai grandi gruppi finanziari francesi.

 

È un segnale importante, quello che Assimi Goïta ha voluto dare. Nonostante si sia formato alla scuola dell’esercito Francese – e di quello statunitense – il colonnello che, dal golpe del 2021, comanda a Bamako, è uno dei tre alfieri che hanno innalzato la bandiera dell’anticolonialismo in Africa occidentale. Con il Burkina Faso e, buon ultimo, il Niger.

 

Ed è un segnale che va nella direzione di inibire l’intervento di altri stati della regione, Nigeria in testa, per “ripristinare la legalità democratica” in Niger. Ovvero per obbedire agli ordini, e agli interessi, di Parigi.

 

Film già visto, si dirà. E l’ombra inquieta di Thomas Shankara si agita sullo sfondo.

Solo che, questa volta, il contesto internazionale è molto diverso. Vi è l’Algeria, pronta ad intervenire in caso di conflitti accanto a Niger, Mali, Burkina Faso. Vi è, soprattutto, l’ombra sempre più ingombrante della Russia. E questo significherebbe l’esplosione di un conflitto mondiale.

E poi l’azione, sempre più vasta, dei BRICS. Che rappresentano una alternativa importante per i paesi africani. Uscire dall’area di controllo neocoloniale francese, e, conseguentemente, da quella di influenza statunitense. Ed entrare in un nuovo mercato globale alternativo. I cui confini vanno sempre più allargandosi a tutti i continenti. Europa, naturalmente, esclusa. Almeno per ora.

 

La rottura linguistica, probabilmente, prelude all’uscita dalla predominanza del CFA. E la fine del Franco coloniale si tradurrebbe in un disastro economico e sociale per Parigi.

Senza contare che il Mali è un grande produttore di oro. Che, indovinate un po’, va a finire quasi totalmente nelle casse francesi…

 

Il continente senza storia, si sta riappropriando, con la scelta delle lingue etniche, della storia che gli è stata troppo a lungo negata. E rubata.

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