Fratelli coltelli

di Andrea Marcigliano

 

Varsavia e Kiev litigano. E litigano di brutto. In apparenza per la questione del blocco delle esportazioni del grano ucraino. Che, sceso a prezzi bassissimi, danneggerebbe gravemente gli agricoltori dei paesi confinanti. E questo il governo di Morawiecki, e lo stesso Presidente Duda non lo possono permettere. Il loro partito, Diritto e giustizia, di impronta nazionalista e conservatrice, ha proprio nel mondo delle campagne la sua base elettorale più forte.

Da questo problema, però, si è finito con il discutere di ben altro. E sono volati gli stracci . Con Varsavia che accusa Kiev di ingratitudine… e il governo di Zelenski che convoca l’ambasciatore polacco per una dura risposta. E il ministro degli esteri di Varsavia che chiama il rappresentante diplomatico ucraino, e gli ricorda, a muso duro, i massacri di polacchi operati durante la Seconda Guerra Mondiale, dagli uomini di Bandera, alleati dei tedeschi. E chiede che quegli episodi – si parla di centomila morti – vengano finalmente riconosciuti come “genocidio”….

Insomma, decisamente una bella litigata. Fra due paesi che, sino a ieri, sembravano affratellati dal comune odio/paura nei confronti di Mosca. E legati da una ferrea alleanza. Che, per inciso, ha già portato migliaia di soldati polacchi a combattere come “volontari” a fianco delle truppe di Kiev.

Lo stupore per quanto sta accadendo fra Varsavia e Kiev – nonostante il silenzio dei Media occidentali – dovrebbe essere notevole. La Polonia, sino ad oggi, è stata la capofila di quei paesi NATO che hanno fomentato il conflitto. La più zelante nella richiesta di sanzioni contro Mosca. La più accesa nel richiedere l’ammissione di Kiev nell’alleanza e nel sostenere un diretto intervento contro i russi.

Ho usato, però, il condizionale “dovrebbe”. Perché appare evidente che l’attuale tensione non è soltanto dovuta al problema dell’export di grano. O ad antiche ferite.

Vi è di più. Molto di più. L’ormai palese fallimento della, troppo enfatizzata, controffensiva Ucraina sta producendo una serie di effetti. Destinati a cambiare, molto presto, lo scenario del conflitto.

Non certo a caso, il governo di Varsavia ha detto che la sua priorità sono, e restano, gli “interessi nazionali della Polonia”. Che, tradotto, significa che i polacchi non stanno soffrendo, e morendo, per Kiev. Ma per realizzare il sogno nazionale della Grande Polonia. Ovvero, il ritorno all’epoca in cui Varsavia rappresentava, in stretto rapporto con la Lituania, una grande potenza politica, economica e militare. Capace di controllare un ampio impero nell’Europa centro-orientale.

Impero di cui faceva parte integrante tutta la Galizia. Ovvero la parte settentrionale ed occidentale dell’odierno territorio ucraino.

Un vecchio sogno mai totalmente dimenticato. Restaurare i fasti dell’egemonia polacco-lituana del XVII secolo. Un sogno che, ora, proprio l’imminenza del crollo di Kiev sotto i colpi dell’Orso Russo, si sta risvegliando. Prepotentemente.

La presa di distanza di Varsavia è significativa. Il governo ucraino, dopo aver di fatto provocato la guerra con la violenta repressione – dal 2014 al 2022 – dei russi del Donbass, e disattendendo in ogni modo gli Accordi di Minsk, è sull’orlo della sconfitta. Che, facilmente, potrebbe tradursi in una soluzione “coreana”. La parte orientale dell’Ucraina, con Kiev, sotto controllo russo. Quella occidentale, con Leopoli, all’Occidente. Una divisione dell’Ucraina – che, appunto, significa “marca di confine” – che ha moltissimi precedenti storici.

Ed è ovvio che Occidente, in questo caso, significa Varsavia. Che andrebbe, così, a recuperare tutte quelle regioni occidentali che considera, storicamente, di sua pertinenza.

Certo, probabilmente Duda e i nazionalisti polacchi si sono vellicati, in questo ultimo anno, con la speranza di una sconfitta russa. E con il sogno, ben più ampio, di fare di tutta l’Ucraina un proprio satellite.

La realtà della guerra ha però preso il sopravvento sulle fantasticherie nazionaliste. Ed ora si prospetta la ben più concreta occasione di guadagnare attraverso la spartizione del paese.

La frattura tra Kiev e Varsavia ha queste ragioni profonde. Ed è un gran brutto segnale per Zelenski ed i suoi.

La Polonia era la sua prima sostenitrice. Ora sembra essere la prima sul punto di abbandonarlo al suo destino e al suo, tragico, fallimento.

Ucraini e polacchi… popoli fratelli, certo. Ma, appunto, fratelli coltelli.

 

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