Questioni di… grano. E altre grane

di Andrea Marcigliano

 

A Sochi si sono incontrati Putin ed Erdogan. Tema, ufficiale, dei colloqui il ripristino degli accordi di Ankara per l’esportazione del grano ucraino attraverso il Mar Nero. Tema già inficiato in partenza, visto che Mosca accusa Kiev di non aver mai rispettato i termini dell’accordo. Utilizzando i “corridoi umanitari”, creati per esportare grano, a scopo militare. Muovendo attacchi verso la Russia.

Inoltre è un dato di fatto acclarato che solo il 3% del grano ucraino finisce in Africa, dove ve ne sarebbe un, disperato, bisogno. Il 97% Kiev preferisce venderlo sui mercati occidentali. Realizzando maggiori guadagni, e però danneggiando gravemente i produttori locali. Le chiusure di Polonia, Romania ed altri paesi dell’Europa centrale lo dimostrano.

Putin, che è una vecchia volpe, ha denunciato quegli accordi. Ma, al contempo, ha assicurato forniture di grano dalla Russia ad alcuni dei paesi africani che versano in conduzione di indigenza. Etiopia, nuovo membro dei BRICS, in testa.

Forniture a titolo gratuito.

Una mossa che, ovviamente, serve a sostenere la nuova politica africana del Cremlino. Che sta cercando di accreditarsi come l’antitesi del neo-colonialismo occidentale, capace solo di sfruttare i paesi africani. Una mossa che, di per sè, rivela come la Russia stia tornando ad essere un attore di primo piano nel Grande Gioco globale. Effetto, imprevisto, dell’isolamento nel quale Washington voleva rinchiuderla con lo scoppio della guerra in Ucraina.

Per altri la strategia africana di Putin trova consonanze con quella di Erdogan. Che, dal Maghreb al Corno d’Africa, sta da tempo cercando di affermare una sempre più forte presenza turca. Non solo economica, ma anche politica. E, nel caso del Corno d’Africa, militare.

In realtà la questione del grano è stata solo il pretesto, la facciata degli incontri di Sochi.

Che sono serviti a rinsaldare i rapporti tra Ankara e Mosca, che alcuni analisti occidentali davano, con troppa faciloneria, profondamente deteriorati.

E invece la partnership economica russo-turca si è rinsaldata e, addirittura, intensificata. La Turchia si avvia a diventare un hub di distribuzione del gas russo nel Mediterraneo. Ed è un progetto avanzato la costruzione di una centrale nucleare in territorio turco, da parte di aziende russe.

Erdogan si è rivelato, ancora una volta, il Signore degli Angoli Vuoti. Andando a riempire quegli spazi, nei commerci e nelle sinergie con Russia, lasciati vuoti dai paesi europei. Che si sono allineati, supini, al diktat di Biden. Aderendo, in modo suicida, alle sanzioni contro Mosca.

E, poi, sulla guerra in Ucraina, Erdogan ha aperto un vulnus, una breccia non da poco nella compattezza della NATO. Invitando Kiev ad accettare una trattativa di pace “ragionevole” con Mosca… un invito che stride con la posizione ufficiale della Alleanza Atlantica.

Questioni di grano, quindi. Ma, anche, di altre “grane”. Che sono tutte sul tavolo di Washington e della Unione Europea. Mentre Erdogan e Putin se la ridono davanti ad una tazza di tè.

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