Politica economica

1. Studio e descrizione dei principi e delle tecniche economiche con cui il Governo realizza obiettivi definiti politicamente rilevanti dai poteri costituzionali competenti. L’espressione indica anche le scelte e i programmi di un Governo per la realizzazione di questi obiettivi. Si distingue in politica fiscale e politica monetaria. Gli obiettivi differiscono a seconda che il Paese sia in stato di pace o di guerra o di preparazione alla guerra e sia amministrato da un regime oligarchico, dittatoriale o democratico. Generalmente in periodi di pace e di tranquillità sociale si indicano come principali obiettivi di politica economica la stabilità dei prezzi, l’equilibrio della bilancia dei pagamenti e stabilità del cambio, la crescita degli investimenti, lo sviluppo dell’economia, la piena occupazione, cui si aggiungono la ridistribuzione dei redditi e l’eliminazione degli squilibri tra regioni più e meno sviluppate. Difficilmente nel breve periodo questi obiettivi possono essere realizzati tutti insieme. Di regola la gestione della politica economica impone una scelta di un obiettivo prioritario a scapito di altri. Attualmente la politica economica dell’UEM ha un solo obiettivo prioritario, il mantenimento della stabilità dei prezzi, stabilito dagli artt. 4.2 (ex. 3A) e 105 TCE e dall’art. 2 dello statuto del SEBC. A questo obiettivo sono subordinati gli altri. Principi e tecniche variano a seconda dei regimi politici che reggono un Paese e le dottrine economiche dominanti. In regimi di economia socialista centralmente pianificata (v. economie di tipo sovieticosocialismo reale) e di dirigismo fascista prevalgono la proprietà pubblica, in tutto o in parte, dei capitali di produzione e strumenti di controllo amministrativo diretto, gestiti dalla burocrazia statale con l’intromissione e la supervisione del partito al potere. Questi caratteri sono stati presenti anche in Paesi a regime democratico, come quelli occidentali, sorretti dalle teorizzazioni dell’economia politica intorno ai concetti di fallimento del mercato e di necessità di interventi correttivi pubblici. Dopo il 1945 e fino agli anni Ottanta, p.e., il nostro Paese ha conservato e rafforzato il regime dirigista, l’impresa pubblica e i controlli amministrativi diretti, ereditati dal fascismo. Indirizzi simili si sono verificati in altri importanti Paesi occidentali, principalmente in Francia e in UK. Negli ultimi venti anni le dottrine economiche hanno riscoperto i benefici dei meccanismi di mercato e della concorrenza e ciò ha favorito da un lato un processo di deregulation e di privatizzazione delle imprese in mano pubblica e, dall’altro, il prevalere di controlli indiretti sull’economia esercitati attraverso i prezzi e, soprattutto, i tassi di interesse.

2. Politica economica comunitaria. L’art. 2 TCE fissa i grandi obiettivi verso i quali va orientata la politica economica della Comunità europea: promuovere nell’insieme della Comunità (mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione di politiche e di azioni comuni) a) uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche; b) una crescita sostenibile e non inflazionistica; c) un elevato grado di convergenza dei risultati economici; d) un elevato livello di protezione dell’ambiente e il miglioramento di quest’ultimo; e) un elevato livello di occupazione e di protezione sociale; f) il miglioramento del tenore e della qualità della vita; g) la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri. Il tutto da realizzare conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse. Tutte azioni e tutte le politiche degli Stati membri partecipanti all’Eurosistema (attualmente i 12) e della Comunità sono subordinate dall’art. 4.3 (ex 3A) e dall’art. 98 (ex art. 102A) TCE al rispetto dei quattro principali obiettivi (“principi”) della stabilità dei pezzi, di finanze pubbliche e condizioni monetarie sane e della bilancia dei pagamenti sostenibile. Da notare che il secondo, il terzo e il quarto principio sono condizioni o aspetti del primo. Ciò attribuisce alla politica monetaria (q.v. anche per gli strumenti) una preminenza rispetto alla politica fiscale e a tutte le politiche applicate della Comunità. Gli Stati membri devono considerare le loro politiche economiche una questione di interesse comune, le coordinano nell’ambito del Consiglio e le attuano in modo da contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità. Il “progetto di indirizzi di massima” è elaborato dal Consiglio dell’UE deliberando a maggioranza qualifi cata su raccomandazione della Commissione, sottoposto al Consiglio europeo che lo discute. Sulla base delle conclusioni di questo, il Consiglio dell’UE delibera, infine, a maggioranza qualificata una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima. Il Consiglio informa il Parlamento europeo in merito a tale raccomandazione. Il Consiglio, inoltre, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità e la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale (sorveglianza multilaterale). Per consentire la sorveglianza, gli Stati membri trasmettono alla Commissione le informazioni concernenti le misure di rilievo da essi adottate nell’ambito della loro politica economica, nonché tutte le altre informazioni da essi ritenute necessarie. Se viene accertato che le politiche economiche di uno Stato membro non sono coerenti con gli indirizzi di massima o rischiano di compromettere il corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, può rivolgere allo Stato membro in questione le necessarie raccomandazioni.Il Trattato sull’Unione Europea (trattato di Maastricht del 1992) ha dato corpo alle politiche di convergenza monetaria e fiscale verso condizioni comuni di stabilità e di sviluppo fissando cinque criteri di convergenza monetaria e di convergenza fiscale (art. 121 TCE) dasoddisfare per l’ammissione nell’Eurosistema (v. criteri di convergenza) due dei quali aggregati nel concetto di disavanzo eccessivo (art. 104 TCE), un terzo relativo al raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi e altri due transeunti, in quanto relativi all’andamento dei tassi a medio-lungo termine e all’oscillazione del cambio nello SME prima dell’avvio dell’Eurosistema (1°.1.1998).

 

Fonte

Sito consultato in data 09.04.22

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