La Lira Italiana

Codice ISO: ITL. La lira italiana nasce con la l. 24.8.1862 e sostituisce la lira nuova di Piemonte, che era stata estesa agli Antichi Stati durante il processo di formazione del secondo Regno d’Italia. In quell’anno fu anche redatto il primo bilancio del Regno. Tra l’altro, si tenne conto dei debiti degli Antichi Stati trasformandoli in debito pubblico nazionale, che risultò di 3.128,8 milioni di lire di capitale nominale, con l’onere di 150,8 milioni di lire per interessi e istituendo il Gran libro del debito pubblico. La legge confermò il bimetallismo napoleonico a circolazione metallica e cartacea. La lira oro ebbe quindi un contenuto di fino di 0,2903225 grammi, cui si contrappose una lira d’argento di 4,5 grammi di fino, sulla base di un rapporto oro argento di 1 a 15,5. In oro furono emessi i pezzi da 20, da 50 e da 100lire. In argento al titolo di 835 millesimi furono battuti i pezzi da mezza lira, da una e da due lire, mentre al titolo di 900 millesimi uscirono le monete da 5 lire, che fu il noto scudo, e quelle da 10 e da 20 lire. Gli spiccioli furono battuti in metalli non nobili, tra cui il bronzo, e si concretarono nei pezzi da 1 centesimo, da 5 centesimi, da 10 e da 20 centesimi. In parallelo circolano i biglietti di Stato (v. biglietto di Stato) e biglietti di banca denominati in lire, il cui taglio minimo fu di 100 lire. Furono anche riconosciute banche di emissione le omonime banche che erano tali negli Antichi Stati.

1. Le monete degli Antichi Stati. La legge del 1862 sostituì le monete e i biglietti delle province annesse. Le operazioni di conversione furono difficoltose a causa delle numerose specie di monete e di biglietti. In alcune regioni questi ultimi dovettero essere prima cambiati in monete locali e queste a loro volta in lire italiane. A fronte della lira italiana di 4,5 grammi d’argento fino ed equivalente a 0,3225 grammi d’oro, stavano le seguenti principali unità monetarie: la svanzica nel Lombardo-Veneto, pari a 0,87 lire; la lira modenese in mistura e pari a 0, 30 lire; la lira lucchese equivalente a 0,75; il francescone a Firenze (v. lira toscana) pari a 5,60 lire italiane; il ducato di Parma uguale a 5,15 lire; il ducato a Napoli e in Sicilia, pari a 4,25 lire; lo scudo nella Romagna, nelle Marche e nell’Umbria, parificato a 5,32 lire. C’era inoltre la grande varietà di moneta pregiata in ogni Stato annesso.

2. L’Unione Monetaria Latina e le crisi degli ultimi lustri del secolo XIX. Teoricamente la lira- carta nacque convertibile e nel 1865 entrò a costituire, insieme con il franco francese, quello belga e quello svizzero, l’Unione monetaria latina. Nonostante i Paesi costituenti, cui si aggiunse per ragioni politiche la Grecia, fossero in regime monetario comune, che era quello napoleonico, l’Unione, dopo l’euforia del momento, ebbe vita effimera e dopo pochi anni, mancando il cemento dell’unione politica, entrò in crisi irreversibile. Mancò un’autorità soprannazionale, che, tra l’altro, realizzasse le convergenze economico-sociali e sapesse pilotare l’unioneverso la scelta del tallone aureo, ovvero gold standard. Scarso o nullo influsso è da attribuire alla dichiarazione d’inconvertibilità della lira italiana in seguito alla terza guerra d’indipendenza. In regime di corso forzoso il Parlamento approvò il 20 aprile del 1874 la legge che limitò il diritto di emissione alla Banca Nazionale del Regno, alla Banca Nazionale Toscana, alla Banca Toscana di Credito, alla Banca Romana (per questi quattro istituti v. Banca d’Italia), al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia. Il corsoforzoso fu abolito nel 1883, ma la convertibilità trovò opposizione passiva nelle banche, con la tacita approvazione del Governo. Dieci anni dopo, nel 1893, il fallimento per gravi irregolarità della Banca Romana aprì una crisi bancaria che scosse la fiducia nella lira. Il risanamento richiese tempo e impose subito una nuova disciplina sulle banche di emissione. Nel 1893 fu infatti costituita la Banca d’Italia, che assorbì la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito. Insieme con la Banca d’Italia continuarono a essere banche di emissione il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Intanto La crisi era giunta al culmine: il disaggio del biglietto toccava il 15% e la Rendita italiana alla borsa di Parigi scendeva alla punta minima di 78,70. La ripresa fu lenta a causa anche della politica coloniale dei governi Crispi.

3. La ripresa e le vicende del primo ventennio del secolo scorso. Sul finire del secolo la situazione migliorò e poco dopo ebbe iniziò il periodo aureo della lira, da attribuire alla politica giolittiana, sì che la lira carta fece premio sull’oro. Data l’ampia fiducia sul biglietto, gli operatori economici trovavano più conveniente spedire tratte in lire, anziché sostenere i costi di spedizione e di assicurazione relativi ai pagamenti in oro. La guerra di Libia del 1911 non sembrò in apparenza appannare la robustezza della lira, ma ruppe l’equilibrio nel Mediterraneo e osservatori accorti videro fin dal 1912 oscurarsi l’orizzonte europeo anche sotto il profilo monetario. In quell’anno il Kaiser GugliemoII formulò il piano finanziario di guerra. L’accrescere delle tensioni portò allo scoppio della prima guerra mondiale. Ai primi di agosto del 1914 tutte le monete cartacee del mondo abbandonavano il gold standard e si rifugiavano nel corso forzoso.

4. L’inflazione post-bellica, “quota novanta” e il deprezzamento del 1936. La guerra inflazionò in varia misura tutte le monete. Per l’Italia e la Francia l’aumento dei prezzi si avvicinò al 600 per cento. Negli Stati Uniti l’aumento si aggirò su 40 per cento e nel 1919 il dollaro ritornò convertibile al cambio prebellico. In Germania, in Austria, in Ungheria, in Polonia, in Turchia la moneta corse verso l’annullamento del suo valore. In particolare, in Germania l’iperinflazione fu fermata nel 1924, quando la circolazione cartacea aveva sfiorato i 474 quadrilioni di marchi (si ricorda che il quadrilione è pari al milione elevato alla quarta potenza). La nuova moneta, il Reichsmarck, fu posta al cambio di un bilione di vecchi marchi. La Gran Bretagna recuperò il cambio prebellico nel 1925, ma la lira sterlina entrò nel particolare sistema di gold bullion standard e l’economia subì una forte deflazione. In Russia la rivoluzione bolscevica abolì la moneta e Lenin impose lo scambio obbligatorio e redasse tabelle di equivalenza dei vari i beni in termini soprattutto di grano. Lo scambio obbligatorio si trasformò in baratto ancestrale: bene contro bene secondo le esigenze individuali e la disponibilità di beni. Ci fu per uno stesso bene una miriade di prezzi. Per la lira, che, come il franco francese e altre monete, operava in regime di gold exchange standard, il momento di riequilibrare i corsi monetari fu procrastinato nel tempo e richiese una nuova disciplina monetaria e bancaria, che si impose per l’impossibilità di sostenere il cambio della lira. Il 13 maggio del 1926 gli interventi sul mercato dei cambi furono sospesi e nel successivo mese di luglio il dollaro saliva a oltre 31 lire e quello della sterlina si avvicinava a 154 lire.Circa un mese dopo, il 18 agosto, con il “discorso di Pesaro” Mussolini iniziava la “battaglia” in difesa della lira, nell’intento di portarne i cambi a 19 lire per il dollaro e a 90 lire per la sterlina. Era la famosa quota novanta, il cui conseguimento e la sua difesa produssero una deflazione, che penalizzò fortemente il settore agricolo. Intanto,sempre nel 1926 il settore bancario fu riordinato e il diritto di emissione dei biglietti di banca fu affidato in esclusiva alla Banca d’Italia. Alla fine del 1927 il contenuto di oro fino della lira fu abbassato a 0,07919113 grammi, corrispondenti a un cambio di 19 lire per il dollaro e a 92,46 lire per sterlina. La svalutazione fu contrabbandata dal governo come un successo. La crisi economica che colpì il mondo tra il 1929 e il 1934 fu contrassegnata da svalutazioni a catena, da misure dirigistiche nei paesi a regime dittatoriale e dal new deal negli Stati Uniti. Questo programma di Roosevelt fu la molla per superare la crisi economica e finanziaria statunitense, esplosa con il crollo di borsa nel 1929. In particolare, il dollaro fu svalutato nel 1934 del 40,9 per cento. Per questioni di mero prestigio il riallineamento della lira avvenne soltanto nel 1936 abbassando la parità aurea a 0,04677 grammi. Nel frattempo erano stati introdotti controlli sui cambi e restrizioni all’esportazione di valuta. Nel 1935 fu abbandonata ufficialmente la convertibilità del biglietto, peraltro mai operante da gran tempo. Nel marzo del 1936 fu creata la lira turistica con un deprezzamento del 31 per cento sul dollaro Usa, che portò il cambio a 24,89 lire, contro un corso ufficiale di 19 lire. La guerra per la conquista dell’Etiopia e l’impegno nella guerra di Spagna indebolirono la lira.

5. La seconda guerra mondiale, la ricostruzione nel dopoguerra, il serpente monetario e lo SME. La seconda guerra mondiale congelò i cambi su posizioni dirigistiche in tutti i Paesi belligeranti e in quelli neutrali. Un nuovo cambio con il dollaro fu posto soltanto nel 1943 con lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia, che imposero un corso di 100 lire per dollaro. Nelle regioni occupate dalle armate tedesche fu, invece, imposto un cambio di 10 lire per Reichsmark. Dopo la guerra il cambio ufficiale con la valuta Usa fu modificato e salì a 225 e 1° agosto del 1947 fu portato a 350 lire. Intanto le attese inflazionistiche e l’effettivo aumento dei prezzi indussero il Governo italiano a prendere misure per la stabilizzazione della lira tramite essenzialmente la costituzione della riserva obbligatoria delle banche, che sottrasse liquidità al mercato. Grazie al programma di aiuti del Piano Marshall, poi ERP, l’opera di ricostruzione del paese continuo con ritmo serrato. Intanto, l’Italia aderiva al Fondo monetario internazionale, faceva parte della Banca mondiale, dell’OECE, poi OCSE e dell’Unione dei pagamenti europea (UEP), volta a rendere convertibili le valute europee evitando al massimo i trasferimenti di valuta pregiata e di oro. Il 18 settembre del 1949 la lira sterlina fu svalutata del 30,5% trascinando nel crollo le monete europee e quelle della sua area. All’esportazione il cambio della lira con il dollaro si portò a 631 lire circa e il biglietto salì a 690 lire. Poi ci fu un ridimensionamento di questi valori, almeno ai corsi ufficiali. Il dollaro venne a quotarsi intorno a 625 lire. Questo cambio rimase sostanzialmente fermo e fu anche quello dichiarato al Fondo monetario internazionale nel marzo del 1960 sulla base di una parità aurea di 0,0014218736 grammi di fino, contro una parità aurea del dollaro Usa di 0,8886706 grammi sempre di fino in essere dal 1934. Tra il 1949 e il 1971 la lira fu moneta solida e nel 1959 ebbe l’Oscar come moneta più stabile. La rivalutazione, cui furono costretti il marco tedesco e il fiorino olandese, fu evitata aumentando le importazioni e le remunerazioni. Per cause varie si innestò una crisi di fiducia, che nel marzo del 1964 fu superata grazie a prestiti tra banche centrali. Sul finire degli anni Sessanta, a causa di un’eccessiva liquidità in dollari, il mercato internazionale attendeva un riallineamento generale delle valute legate dagli Accordi di Bretton Woods del 1944. Il prezzo di 35 dollari per oncia di oro fino non era più sostenibile. Il mancato riallineamento produsse una crisi valuta- ria, con la corsa all’oro, che portò alla dichiarazione di inconvertibilità esterna del dollaro Usa del 15 agosto del 1971. Con la fine del sistema dei cambi fissi ebbe inizio il periodo di fluttuazione dei cambi valutari. La lira fece parte del serpente monetario europeo, che si rivelò un sistema di fluttuazione congiunta delle valute europee del tutto velleitario di fronte agli sconvolgimenti della crisi energetica internazionale. Artificioso fu anche lo SME, entrato in funzione nel marzo del 1979, quando proprio l’Europa era colpita da un nuovo aumento del prezzo del petrolio. La lira vi entrò con un margine di fluttuazione del 6 per cento in più o in meno del tasso centrale di parità. Tenuto in vita con artifizi avulsi dal mercato e con una moneta di conto lo Scudo o ECU, testimonianza diretta, in quanto moneta di conto, del disordine monetario internazionale ed europeo in particolare, lo SME non resse alla prova della nuova crisi valutaria internazionale del 1992. L’allargamento dei margini di fluttuazione al 15 per cento in più o in meno del tasso centrale di parità di ogni valuta partecipante agli accordi, ha praticamente reso inoperante lo SME, dal quale la lira e altre monete sono uscite fin dal 1992. A quest’ultima data il cambio con il dollaro risultava di 1.232,3 lire, mentre il marco tedesco quotava 790,04 lire (al 16 agosto del 1971 il cambio medio e in cifre arrotondate era di 585 lire per il dollaro e di 177,6 lire per il marcotedesco).

6. Maastricht e l’UEM. Negli anni successivi si è riproposto il tentativo dell’Europa di costituire una propria area monetaria. Si è arrivati al Trattato di Maastricht, al successivo Patto di stabilità, alla definizione della nuova valuta europea, l’euro appunto, e la sua entrata in circolazione in dodici dei quindici paesi dell’UE a far data dal 1°.1.2002, con un euro pari a 1936,27 lire. Questa data, indipendentemente dai due mesi (gennaio e febbraio) di doppia circolazione monetaria, segna la fine della lira italiana, come la segna per altre valute sostituite dall’euro, rivelatosi subito debole nei confronti del dollaro Usa, come lo era stato come moneta scritturale. Con il deprezzamento di quest’ultimo nei confronti del dollaro anche la lira si è deprezzata. Alla fine dell’anno 2001 il cambio è risultato di circa 2.170 lire per dollaro. A far data dalla fine di febbraio 2002 le lire italiane non convertite in euro saranno accettate soltanto dalla Banca d’Italia.

Il potere d’acquisto della lira nel tempo. Dopo 140 anni di circolazione la lira esce di scena con un bilancio non certo brillante, ma nemmeno negativo e tanto meno disastroso, perché, tra l’altro, non ha conosciuto, come alcune monete considerate forti, tra cui il marco tedesco, crisi disastrose con cambi del nome e del valore della moneta fin quasi al suo annullamento. Dopo la seconda guerra mondiale la riforma monetaria fatta dagli alleati evitò al marco tedesco di precipitare nell’iperinflazione, come era accaduto dopo la prima guerra mondiale. Ma anche il franco francese, la lira sterlina e lo stesso dollaro USA non sono stati immuni da cadute pesanti. Si pensi al prezzo dell’oro espresso in dollari. Come tutte le valute, anche la lira si è deprezzata a causa soprattutto delle guerre e da ultimo delle ricorrenti crisi valutarie internazionali, tra cui preminente, come detto, la crisi petrolifera degli anni Settanta, che ebbe ripercussioni fin oltre la metà dei successivi anni Ottanta. L’inflazione si misurò a due cifre e raggiunse valori superiori al 20% l’anno, con punte mensili di oltre il 40%. Nel 1976 il signoraggio toccò la punta del 15% contro la media dell’1,6% per il periodo degli anni Cinquanta e Sessanta e il 3,6% per il lungo periodo 1862-1980. Per rapportare il potere d’acquisto delle lire del 1861 in lire del 2004 occorre moltiplicarle per 7.816 volte. Per altre date significative i coefficienti di svalutazione della lira sono i seguenti (fonte ISTAT):

Coefficenti di svalutazione della lira al 2004
Anni Coeff. Eventi
1861 7.816,05 Secondo Regno d’Italia
1862 7.768,68 Emissione delle prime Lire Italiane
1866 8.280,57 Seconda guerra d’Indipendenza
1893 7.113,39 Istituzione della Banca d’Italia
1900 7.266,62 Fine secolo XIX
1914 6.409,16 Inizio I guerra mondiale
1922 1.546,99 Avvento del fascismo
1927 1.356,72 Quota Novanta
1936 1.737,84 Riallineamento della lira
1945 61,64 Fine II guerra mondiale
1971 14,02 Fine dei cambi fissi
1979 4,80 Inizio SME
1992 1,41 Uscita della lira dallo SME
2000 1,10 Abbandono della lira

lira italiana lira pesante franco francese

 

 

Fonte

Consultata in data 09.04.22

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