L’inchiesta sull’ingresso illegale di 200 immigrati. Tra gli indagati anche un’ex poliziotta, due impiegati del Comune e uno della Prefettura
Due impiegati del Comune di Pistoia e un impiegato della Prefettura della stessa città sono tra i 240 indagati in un traffico di falsi permessi di soggiorno per immigrati scoperto dalla Polizia di Pistoia, che ha arrestato 19 persone. I provvedimenti restrittivi emessi dal Gip di Pistoia sono stati eseguiti oltre che in quella provincia anche a Prato, Lucca, Pisa, Firenze e Roma. Si tratta di una custodia cautelare in carcere, 18 arresti domiciliari e 5 misure interdittive. I reati contestati a vario titolo sono: procurato ingresso illegale e l’agevolazione della permanenza nel territorio dello Stato di più di 200 immigrati, corruzione, violazione del segreto d’ufficio, traffico di influenze illecite, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato, falso ideologico e materiale, furto, omissione di atti d’ufficio e cessioni di sostanze stupefacenti. Alla fase di esecuzione degli arresti, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, hanno collaborato anche la Squadra Mobile di Prato, il reparto Prevenzione crimine “Toscana” e due unità cinofile con cani antidroga provenienti da Firenze e da Bologna. I diciannove arrestati sono pachistani, albanesi, marocchini e italiani. Per una ragioniera consulente del lavoro e un commercialista è stato disposto il divieto temporaneo di esercizio dell’attività professionale. Le indagini della Squadra Mobile di Pistoia hanno avuto inizio nel dicembre del 2015 quando, in seguito ad alcune incongruenze riscontrate dal personale dell’Ufficio Immigrazione della Questura, si accertò che:
- decine di pachistani confluivano a Pistoia da varie zone d’Italia e anche dall’estero per rinnovare il permesso di soggiorno oppure per ottenere il visto per il ricongiungimento familiare;
- risultavano tutti assunti come imbianchini dalla stessa ditta, intestata a un pachistano da anni residente a Pistoia. Da qui il nome dell’operazione “White Wash”.
Gli inquirenti, con intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre a servizi di osservazione e pedinamento, hanno accertato l’irregolarità di più di 200 procedimenti amministrativi per rilascio o rinnovo di permesso di soggiorno, di cui 17 per ricongiungimenti familiare. I documenti irregolari erano destinati in prevalenza a cittadini pachistani, ma anche afgani, albanesi e marocchini abitanti in Italia e in altri paesi dell’Unione Europea quali Francia, Belgio, Olanda, Norvegia, Svezia e Grecia. Gli immigrati pagavano per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno dai 1000 ai 1500 euro e per i ricongiungimenti familiari dai 4500 agli 8000 euro. Secondo gli inquirenti, a capo dell’organizzazione c’era il titolare della ditta di imbiancatura, ora trasferito in carcere, che operava grazie alla collaborazione di un commercialista con studio a Montecatini Terme, di una ragioniera consulente del lavoro con studio ad Agliana e di un revisore contabile con studio a Pistoia e Montecatini Terme. Questi professionisti – sempre stando elle risultanze investigative – garantivano la falsa documentazione su redditi e lavoro da allegare alle istanze. Emersa la complicità di vari cittadini italiani che dichiaravano falsamente di ospitare stranieri o di averli alle loro dipendenze. Il revisore contabile con studio a Pistoia e Montecatini Terme, oltre a collaborare con il cittadino pachistano titolare della ditta di imbiancatura, gestiva in proprio, grazie allo studio di consulenza di cui è titolare, 28 false pratiche di rinnovo di permesso di soggiorno di cittadini albanesi e marocchini. Inoltre, grazie alle false attestazioni di lavoro dipendente, riusciva a far ottenere agli stranieri contributi di disoccupazione dall’Inps. I proventi dell’attività del pachistano a capo dell’organizzazione venivano trasferiti in Pakistan e investiti in immobili e terreni con la complicità di alcuni connazionali che ora sono stati indagati per riciclaggio. Ai due impiegati comunali è stato contestato il reato di truffa ai danni dello Stato per le loro assenze ingiustificate dal lavoro.