La gestione dei flussi migratori è stato uno dei temi centrali sia a livello di Unione europea sia a livello nazionale ed internazionale degli ultimi anni. Le linee programmatiche del Governo Conte in materia di sicurezza ed immigrazione sono state illustrate dal Ministro dell’interno, Matteo Salvini, nel corso dell’audizione svolta presso le Commissioni riunite Affari costituzionali della Camera e del Senato nelle sedute del 25 luglio 2018.

Successivamente il Governo ha adottato il decreto-legge n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 132 del 2018, in materia di immigrazione e sicurezza: viene in particolare sostituito l’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari con il rilascio di permessi di soggiorno “speciali” in caso di condizioni di salute di eccezionale gravità, situazioni contingenti di calamità naturale nel Paese di origine, atti di particolare valore civile. Sono previste disposizioni volte a velocizzare l’esame delle domande di protezione internazionale, quali l’introduzione di una procedura accelerata in caso il richiedente sia sottoposto a procedimento penale o condannato per gravi reati e la possibilità di definire un elenco di Paesi di origine sicuri. Modifiche sono apportate al Sistema di accoglienza dei migranti, prevedendo, tra l’altro, che il sistema di “seconda accoglienza”, a cura degli enti locali, (SPRAR) sia riservato esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati e non anche, come in precedenza, anche ai richiedenti asilo. Alcune misure sono finalizzate al contrasto dell’immigrazione clandestina, tra cui il prolungamento del periodo massimo di trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) e l’estensione dell’efficacia del divieto di reingresso dello straniero espulso in tutta l’area Schenghen. È inoltre prevista la revoca della cittadinanza (acquisita per matrimonio o naturalizzazione ovvero concessa allo straniero nato e residente in Italia fino alla maggiore età) in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo ed eversione.

Negli ultimi anni in Italia molte misure normative hanno riguardato i diversi profili del fenomeno, a partire dalle procedure di concessione della protezione internazionale, così da rendere più celeri le fasi di esame delle domande e da assicurare le garanzie nella fase istruttoria previste nell’ambito del Sistema europeo di asilo. Per tali finalità sono state, in particolare, aumentate le risorse destinate alle diverse fasi, rafforzata la struttura delle commissioni territoriali ed incrementato il relativo personale. È stato, al contempo, definito un corpus normativo unitario delle norme sull’accoglienza di chi chiede protezione internazionale e delle procedure per il riconoscimento e la revoca di tale status – con il decreto legislativo n. 142 del 2015 – ed approvata una disciplina legislativa unitaria dedicata ai minori stranieri non accompagnati, con la legge n. 47 del 2017.

Prosegue inoltre l’attività di cooperazione internazionale con i Paesi di origine ed è stato elaborato, nel 2016, un Codice di condotta per le ONG impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare.

Anche alla luce degli impegni assunti a livello europeo, negli ultimi anni sono stati attivati sul territorio diversi hotspot che provvedono all’identificazione dei migranti con la collaborazione di funzionari di Easo, Frontex ed Europol. In precedenza, con le misure di urgenza adottate nel 2017 erano state introdotte nuove disposizioni in materia di identificazione degli stranieri soccorsi in mare e potenziata la rete dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), strutture a capienza limitata da dislocare su tutto il territorio nazionale.

Alla Camera dei deputati ha altresì operato – per la prima volta nella XVII legislatura – una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza. La Commissione ha approvato una relazione conclusiva, con cui ha ripercorso le diverse fasi dell’accoglienza (primissima, prima e seconda accoglienza) con un focus sui profili problematici delle procedure e della relativa attuazione.

È stata istituita con legge la Giornata nazionale della memoria delle vittime dell’immigrazione per ricordare, il 3 ottobre di ogni anno, le gravi perdite di vite umane.

Sono inoltre state definite, anche nell’ambito della fase discendente di attuazione delle norme dell’Unione europea, misure per la tutela dei diritti e il lavoro, in particolare a carattere stagionale, dei cittadini extra UE, quali il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari alle vittime straniere di atti di violenza in ambito domestico, per la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani, per la semplificazione dei procedimenti e per i lavoratori stagionali di Paesi terzi. È al contempo proseguita la programmazione annuale, con il cosiddetto “decreto-flussi”.

Ulteriori temi affrontati nelle ultime legislature sono stati quelli oggetto delle proposte di modifica del procedimento per l’acquisto della cittadinanza, a partire dalla possibilità di estendere – sul modello di altri Paesi UE – i casi di acquisizione della cittadinanza per nascita (ius soli) e di agevolare l’accesso alla cittadinanza ai minori che hanno compiuto gli studi in Italia (ius culturae).

2. INDAGINE CONOSCITIVA SULL’IMMIGRAZIONE

La I Commissione della Camera ha avviato, nella seduta del 3 aprile 2019, un’indagine conoscitiva in materia di politiche dell’immigrazione, diritto d’asilo e gestione dei flussi migratori.

Nel programma dell’indagine si richiama l’esigenza di affrontare, tra le altre, le tematiche della programmazione dei flussi, della regolarizzazione e l’ingresso controllato dei migranti, dell’apertura di canali regolari di ingresso per lavoro, per ricerca di lavoro, per accesso al diritto di asilo, nonché della realizzazione di canali umanitari in favore dei soggetti che hanno bisogno di protezione o di resettlement, evidenziando come l’indagine possa costituire l’occasione per una verifica circa l’applicazione delle previsioni normative in termini di programmazione dei flussi annuali di ingresso, nonché per evidenziare buone prassi e criticità. Al riguardo viene ricordato che il Testo unico per l’immigrazione prevede di programmare quote di ingresso per migranti. L’analisi del fabbisogno oggettivo nazionale appare dunque utile – secondo quanto evidenziato nel programma dell’indagine – al fine di meglio calibrare queste quote e superare le regolarizzazioni fatte dai passati Governi con strumenti ordinari ed alternativi alla domanda di asilo (spesso fatta in maniera strumentale) per avere regolare accesso al territorio nazionale. L’indagine conoscitiva è inoltre finalizzata ad un esame del Sistema di accoglienza e alla ricognizione delle tipologie di centri operativi sul territorio, all’approfondimento delle questioni relative alla detenzione amministrativa, alle politiche di rimpatrio, alle procedure amministrative relative al diritto di asilo, alla tutela  dei minori stranieri non accompagnati e delle altre categorie vulnerabili.

Ultimo aggiornamento: 11 aprile 2019

3. LE MISURE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE

Nel Documento di economia e finanza 2019 viene evidenziato un “nuovo approccio” da parte del Governo nelle politiche di contenimento dei flussi migratori verso l’Europa, “che vanno intercettati nei Paesi di partenza e transito”, tema che deve essere altresì gestito in una dimensione europea. Il Governo intende inoltre rivedere il canale della protezione umanitaria “cui accedono anche persone che in base alla normativa europea sull’asilo non avevano i requisiti per la protezione internazionale al momento dell’ingresso nel nostro Paese e che, ora, permangono sul territorio con difficoltà di inserimento”.

Il decreto-legge n. 113 del 2018, come anticipato, ha sostituito il permesso di soggiorno per motivi umanitari, con permessi di soggiorno “speciali” che possono essere rilasciati in caso di condizioni di salute di eccezionale gravità, situazioni contingenti di calamità nel Paese di origine, atti di particolare valore civile, oltre ai casi già previsti dal testo unico sull’immigrazione (articolo 1). La disposizione si applica alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari presentate prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge, e saranno scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione. Tuttavia, in caso di esito positivo della domanda, fa seguito il rilascio da parte del questore di un permesso di soggiorno per “casi speciali” e soggetto alla disciplina e all’efficacia temporale prevista dall’art. 1, comma 9, del decreto legge (Cass. sent. 4890/2019).

In Italia le richieste di protezione internazionale nel 2018 sono state 53.596, il 59 per cento in meno del 2017, quando erano state 130.119. La prima nazionalità dei richiedenti asilo è quella del Pakistan (7.368 domande) seguita dalla Nigeria (6.336) e dal Bangladesh (5.026).

Nel corso del 2018 sono state esaminate 95.576 istanze di asilo, indipendentemente dalla data di richiesta (nel 2017 erano state 81.527).

Di queste il 67 per cento si è concluso con un diniego, il 7 per cento con la concessione dello status di rifugiato, il 5 per cento di protezione sussidiaria e il 21 per cento di protezione umanitaria (Ministero dell’interno, I numeri dell’asilo, anno 2018).

 Il provvedimento, inoltre, reca diverse misure finalizzate al contrasto dell’immigrazione clandestina.

Alcune di queste incidono sul trattenimento dello straniero (articoli 2-4), quali:

  • il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara al fine di assicurare una tempestiva messa a punto dei Centri medesimi e l’attribuzione all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) della funzione di vigilanza collaborativa in tale ambito, ai sensi del Codice degli appalti;
  • la previsione di forme di pubblicità delle spese di gestione dei centri;
  • l’introduzione di due nuove ipotesi di trattenimento degli stranieri che abbiano presentato domanda di protezione internazionale: la prima negli hotspot per determinare l’identità o la cittadinanza; la seconda nei Centri di permanenza e rimpatrio in caso non sia stato possibile determinare l’identità o la cittadinanza;
  • la possibilità di trattenere temporaneamente lo straniero in attesa dell’esecuzione del provvedimento di espulsione in luoghi diversi dai Centri di permanenza per il rimpatrio, in mancanza di disponibilità di posti.

È inoltre disposto il prolungamento da 90 a 180 giorni del periodo massimo di trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR).

Ulteriori disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione clandestina riguardano l’estensione dell’efficacia del divieto di reingresso dello straniero espulso nell’intero spazio Schengen (articolo 5) e l’applicazione delle disposizioni circa la convalida da parte del giudice di pace e la ricorribilità innanzi all’autorità giudiziaria, già previste per il provvedimento di espulsione, anche al provvedimento di respingimento. Si prevede altresì che il respingimento importi il divieto di reingresso, presidiato da specifiche sanzioni. (articolo 5-bis).

Inoltre, vengono assegnate al Fondo rimpatri presso il Ministero dell’interno le risorse stanziate dalla legge di bilancio 2018, destinate al programma di rimpatrio volontario assistito, che possono così essere destinate anche ad altre forme di rimpatrio (articolo 6).

Infine, si prevede che i familiari stranieri conviventi di diplomatici possano svolgere attività lavorativa nel territorio della Repubblicaprevia comunicazione tramite i canali diplomatici (articolo 6-bis).

Ultimo aggiornamento: 12 aprile 2019

4. LA DISCIPLINA DELL’IMMIGRAZIONE

Le fonti normative

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge n. 40 del 1998 (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.

Successivamente, sono intervenute numerose modifiche – tra cui quelle apportate dalla legge n. 189 del 2002 (la cosiddetta “legge Bossi-Fini”) e, da ultimo, quelle disposte dal decreto-legge n. 113 del 2018 – che hanno modificato il testo unico, pur non alterandone l’impianto complessivo.

Norme regolamentari, di attuazione del testo unico, sono contenute nel D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come modificato dal D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, emanato in attuazione della legge 189/2002.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazione in senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre:

  • la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione);
  • la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Il testo unico non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge n. 416 del 1989 (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di provvedimenti di recepimento della normativa comunitaria.

La condizione giuridica degli stranieri cittadini di stati membri dell’Unione europea è stata disciplinata con il decreto legislativo n. 30 del 2007 sempre di derivazione comunitaria (dir. 2004/38/CE).

La programmazione dei flussi migratori

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Il documento programmatico sulla politica dell’immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene un’analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri; gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione; le linee generali per la definizione dei flussi d’ingresso; le misure di carattere economico e sociale per favorire l’integrazione degli stranieri regolari. L’ultimo documento programmatico adottato è quello per il triennio 2004-2006 (D.P.R. 13 maggio 2005).

Il decreto sui flussi è lo strumento attuativo del documento programmatico, con cui il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico triennale e dei dati sull’effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, elaborati da un’anagrafe informatizzata tenuta dal Ministero del lavoro, le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro. In esso sono previste quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione. Il decreto è adottato entro il 30 novembre di ciascun anno, previo parere delle competenti commissioni parlamentari.

Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto (per esempio in assenza del documento programmatico triennale) il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio con una procedura più veloce e senza il parere delle Camere. Tale decreto, però, non può superare le quote stabilite nell’ultimo decreto (ordinario o transitorio) emanato (art. 3 del testo unico del 1998).

Il testo unico prevedeva un terzo strumento: il decreto annuale per l’accesso alle università italiane degli studenti stranieri. Il decreto-legge n. 145 del 2013 ha liberalizzato l’ingresso degli studenti residenti all’estero con la soppressione del contingentamento del numero dei visti per motivi di studio rilasciati ogni anno. Ha, inoltre, previsto altre misure per agevolare l’ingresso e la permanenza di ricercatori e di lavoratori qualificati provenienti da Paesi terzi.

Il contrasto all’immigrazione clandestina

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina.

L’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l’espulsione.

Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva.

Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa. Essa può essere eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolente, etc.).

Qualora non ricorrano tali condizioni lo straniero, può chiedere al prefetto, ai fini dell’esecuzione dell’espulsione, la concessione di un periodo per la partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario ed assistito.

Particolarmente severe sono le disposizioni volte a reprimere il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, punito con la reclusione fino a a quindici anni. Le pene sono poi aumentate in presenza di circostanze aggravanti, quali l’avviamento alla prostituzione. Va inoltre ricordata, in proposito, la ridefinizione dei reati di riduzione in schiavitù e di tratta di persone operata dalla legge n. 228 del 2003.

Una menzione spetta anche al permesso di soggiorno a fini investigativi, rilasciato in favore degli stranieri che prestino la loro collaborazione all’autorità giudiziaria o agli organi di polizia in relazione a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico. Si tratta di uno strumento introdotto dal decreto-legge n. 144 del 2005, e che si inserisce nel solco della legislazione premiale in materia di immigrazione inaugurata dal permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, che può essere rilasciato a immigrati clandestini che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento.

Quando l’espulsione non può essere immediata, gli stranieri devono essere trattenuti presso appositi centri di permanenza per i rimpatri (CPR) istituiti dal decreto-legge n. 13 del 2017 in sostituzione dei centri di identificazione ed espulsione (i CIE, che a loro volta avevano sostituito i centri di permanenza temporanea ed assistenza – CPTA), per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione ed espulsione.

I CPE sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione. In tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità (art. 14, co. 2, D.Lgs. 286/1998). Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile fino ad un massimo di 90 giorni. In casi particolari il periodo di trattenimento può essere prolungato di altri 45 giorni.

Uno degli strumenti di contrasto all’immigrazione clandestina è stato la stipulazione, da parte del Governo italiano, di una serie di accordi bilaterali in materia di immigrazione.

Si tratta, innanzitutto, degli accordi di riammissione degli stranieri irregolari, previsti dal testo unico sull’immigrazione, volti ad ottenere la collaborazione delle autorità del Paese straniero nelle operazioni di rimpatrio dei migranti non regolari, espulsi dall’Italia o respinti al momento dell’attraversamento della frontiera.

Con alcuni Paesi, e specificamente con quelli a più alta pressione migratoria, sono stati perfezionati pacchetti di intese di portata più ampia che prevedono non soltanto accordi di riammissione, ma anche intese di cooperazione di polizia, nonché accordi in materia di lavoro. Nei decreti annuali sui flussi di ingresso del lavoratori extracomunitari sono previste quote riservate per gli stranieri provenienti da Paesi che hanno stretto tali accordi globali di cooperazione.

Da ultimo, con l’approvazione della legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 si è intervenuti sulla normativa vigente in materia.

5. L’INTEGRAZIONE DEGLI STRANIERI REGOLARI

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Innanzitutto, agli stranieri sono garantiti, alla stregua dei cittadini italiani, i diritti fondamentali di libertà ed eguaglianza fissati dalla prima parte della nostra Costituzione. Tra questi, espressamente destinato agli stranieri, il diritto di asilo (art. 10 della Cost.).

Inoltre, una serie di disposizioni contenute in leggi ordinarie provvedono a fissare contenuti e limiti della possibilità degli stranieri di godere dei diritti propri dei cittadini e dall’altro a promuovere l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

In primo luogo, la legge prevede, in presenza di determinate condizioni, la concessione agli stranieri della cittadinanza (per naturalizzazione, per nascita o per matrimonio), quale massimo strumento di integrazione e di possibilità di godimento dei diritti garantiti dall’ordinamento. L’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione presuppone la permanenza regolare e continuativa nel territorio nazionali per dieci anni ed è subordinata alla decisione, in larga parte discrezionale, dell’amministrazione pubblica.

Per quanto riguarda i diritti civili, agli stranieri è garantito il diritto alla difesa in giudizio (art. 17 testo unico).

Inoltre, è prevista una serie di strumenti volti al contrasto della discriminazione razziale: a partire dalla legge n. 654 del 1975 di ratifica della Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo, fino al testo unico che dà una definizione puntuale degli atti di discriminazione (art. 43) e disciplina l’azione di sede civile contro tali atti (art. 44).

In questo settore alcuni importanti interventi sono stati realizzati principalmente in attuazione della disciplina comunitaria: il D.Lgs. n. 215 del 2003 e il D.Lgs. n. 216 del 2003 contengono disposizioni per garantire la non discriminazione a causa delle proprie origini, il primo in generale, il secondo in materia di lavoro.

Sono previste, inoltre, alcune disposizioni relative alla tutela dei diritti sociali.

Specifiche disposizioni del testo unico (artt. 28-33) prendono in esame le forme di garanzia del diritto all’unità familiare e al ricongiungimento familiare, riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti, e di tutela dei minori, il cui prioritario interesse deve sorreggere tutti i provvedimenti amministrativi e giurisdizionali in materia di diritto all’unità familiare.

Per quanto riguarda il diritto alla salute, viene garantita una ampia assistenza sanitaria a tutti gli stranieri, compresi coloro che non sono in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno (artt. 34-36).

Anche il diritto allo studio è garantito dal testo unico (art. 38, 39 e 39-bis).

Le disposizioni del testo unico in materia di servizi abitativi e di assistenza sociale per stranieri (artt. 40-41) prevedono che le Regioni, in collaborazione con gli Enti locali e con le associazioni di volontariato, predispongano centri di accoglienza destinati ad ospitare stranieri regolarmente soggiornanti e impossibilitati, temporaneamente, a provvedere autonomamente alle proprie esigenze abitative e di sussistenza.

L’art. 41 del testo unico estende a favore degli stranieri in possesso del permesso di soggiorno (di durata non inferiore a un anno) o del permesso di soggiorno di lungo periodo anche l’accesso ai servizi socio-assistenziali organizzati sul territorio.

Quanto ai diritti politici, va segnalata la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale fatta a Strasburgo nel 1992 tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa (ratificata dall’Italia con la legge n. 203 del 1994) con la quale vengono garantiti agli stranieri residenti nei Paesi aderenti una serie di diritti.

In particolare il capitolo A della Convenzione prevede il riconoscimento agli stranieri, alle stesse condizioni previste per i cittadini, delle libertà di espressione, di riunione e di associazione, ivi compresa quella di costituire sindacati e affiliarsi ad essi, ferme restando le eventuali limitazioni per ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Con il capitolo B si riconosce il diritto alle collettività locali che hanno nei loro rispettivi territori un numero significativo di residenti stranieri, di creare organi consultivi volti a rappresentare i residenti stranieri a livello locale, ai quali deve essere data la possibilità di discutere sui problemi di loro interesse per il tramite di rappresentanti eletti o nominati da gruppi associati.

Non si è data, invece, applicazione al capitolo C della Convenzione che impegna le parti a concedere agli stranieri residenti il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni locali che, pertanto, non è attribuibile agli stranieri non comunitari.

Ultimo aggiornamento: 1 giugno 2018

6. LA DIMENSIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO

La presenza straniera regolare

Secondo le stime dell’Istituto nazionale di statistica, al 1° gennaio 2019, sono 5 milioni 224 mila gli stranieri residenti nel nostro Paese, che rappresentano l’8,7 per cento della popolazione.

Per quanto riguarda le nazionalità di provenienza, secondo i dati del 2017 riportati dall’ISTAT (Bilancio demografico 2017), sono presenti complessivamente nel nostro Paese poco meno di 200 nazionalità. La collettività più numerosa è quella romena con 1.190.091 residenti, il 23,1 per cento del totale. Seguono i cittadini dell’Albania (440.465, l’8,6 per cento), del Marocco (416.531, l’8,1 per cento), della Cina (290.681, il 5,7 per cento) e dell’Ucraina (237.047, il 4,6 per cento).

 Più del 50 per cento degli stranieri residenti in Italia è cittadino di un paese europeo (2,6 milioni di individui), oltre il 30 per cento (1,6 milioni) di un Paese dell’Unione. Tra i cittadini europei, provengono dagli Stati dell’Europa centro orientale non appartenenti all’Ue più di 1 milione di persone. Gli Stati africani sono rappresentati per un ulteriore 21,3 per cento; si tratta prevalentemente di cittadini di Paesi dell’Africa settentrionale (12,7 per cento) e occidentale (7,3 per cento); più o meno la stessa quota sul totale (20,5 per cento) spetta ai cittadini dei paesi asiatici (oltre 1 milione di persone per entrambi i continenti). Il continente americano conta oltre 370 mila residenti in Italia (7,2 per cento), quasi tutti cittadini di Paesi dell’America centro meridionale (6,9 per cento).

 L’ISTAT stima come nel lungo periodo il peso decisivo della presenza straniera nell’evoluzione demografica del Paese dovrebbe mantenersi costante: si prevede che nel 2065 la popolazione residente in Italia si attesti a 54,1 milioni con una oscillazione, dovuta a variabili demografici, da un minimo di 46,4 milioni ad un massimo di 62 milioni. Il saldo naturale della popolazione risentirebbe positivamente delle migrazioni. Sempre nello scenario mediano dell’ISTAT l’effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporterebbe 2,6 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell’intero periodo preso in considerazione (ISTAT, Il futuro demografico del Paese. Previsioni regionali della popolazione residente al 2065, 3 maggio 2018).

I dati relativi agli sbarchi

Nel 2018 il numero di migranti sbarcati nelle coste italiane è stato pari a 23.370 persone, di cui quasi 13 mila provenienti dalla Libia.

Comparati con i dati riferiti agli anni precedenti, si registra una diminuzione dell’87,9 per cento rispetto al 2017 e del 92,85 rispetto al 2016 (Ministero dell’interno, Cruscotto statistico giornaliero, 31 dicembre 2018).

Nel grafico che segue sono riportati i dati, per ciascuna annualità, riferiti all’arco temporale 2010-2018.

Migranti sbarcati in Italia. Anni 2010-2018

Fonte: dati del Ministero dell’Interno elaborati dal Servizio Studi della Camera dei deputati

I dati dell’asilo

In Italia le richieste di protezione internazionale nel 2018 sono state 53.596, il 59 per cento in meno del 2017, quando erano state 130.119. La prima nazionalità dei richiedenti asilo è quella del Pakistan (7.368 domande) seguita dalla Nigeria (6.336) e dal Bangladesh (5.026).

Nel corso del 2018 sono state esaminate 95.576 istanze di asilo, indipendentemente dalla data di richiesta (nel 2017 erano state 81.527).

Di queste il 67 per cento si è concluso con un diniego, il 7 per cento con la concessione dello status di rifugiato, il 5 per cento di protezione sussidiaria e il 21 per cento di protezione umanitaria (Ministero dell’interno, I numeri dell’asilo, anno 2018).

 Per quanto riguarda lo stock di rifugiati presenti nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati disponibili, alla fine del 2017 i rifugiati, o comunque persone cui è riconosciuta una forma di protezione internazionale in Italia erano 167.335 (UNHCR, Global trend 2017, pag. 65).

Ultimo aggiornamento: 19 febbraio 2019

Fonte: Camera dei deputati – Servizio Studi