La parola al Neanderthal

di Andrea Marcigliano

 

Beh, adesso mi sono proprio scocciato. E ho deciso di parlare. Di dire la mia. Anche se questo non è mio costume. Perché sono un tipo riservato, io. Uno che si fa i fatti propri. Un taciturno se volete.

Ed è bastato questo, perché tutta sta massa di scemi, che si passano per esperti, dotti, o addirittura scienziati, si mettesse a sproloquiare sul mio… mutismo. Ovvero sul fatto che io non fossi in grado di parlare, se non con gesti e grugniti disarticolati. Una specie di scimmione, insomma.

 

E, invece, cari signori, o meglio cari cugini lontani, io non sono affatto uno scimmione ritardato. Anzi… tra l’altro avevo una scatola cranica ben più capiente della vostra… e vi assicuro che non la usavo per spaccarci le noci di cocco. Anche perché mica ci stavano, le noci di cocco qui… intendo qui in Europa. Qui, faceva un freddo becco.

Eh sì… perché io sono stato il primo abitante dell’Europa… questa era terra mia. Nostra. Dei Neanderthal. E ci si viveva piuttosto bene, nonostante la glaciazione. Certo, vivevamo per lo più nelle grotte. Perché erano abitazioni solide. E calde. E stavano in piccoli gruppi. Ma nelle grotte accendevamo il fuoco. E cucinavamo ciò che avevamo raccolto e cacciato. Ed era roba buona. Cucina sana. Semplice. Io sono stato il primo chef.

 

E poi nelle grotte… cantavamo. E che vi credete? Che si passasse il tempo a fissare il fuoco e grugnire? Noi si cantava la sera. Ed erano bei canti, mica quella robaccia che va di moda da voi. Non Rap, trap ed altre schifezze. Quelli sono davvero… grugniti. Noi si raccontava storie. Di caccia, certo. Ma anche che spiegavano ciò che vedevamo nella luce, nella tenebra, nella pioggia e nel silenzio. Perché noi… vedevano e sentivano tutto in modo diverso dal vostro. Più essenziale, direi. Più immediato.

 

E poi basta con ‘sta storia di dire che ero brutto. Non ero brutto come mi dipingete. Forse un po’ tarchiatello… ma avevo un mio fascino. Un mio perché… insomma piacevo e mi piacevo. Rispondevo ai canoni estetici della mia gente.

Poi siete arrivati voi. I Sapiens, come vi piace chiamarvi. Anzi oggi raddoppiate addirittura. Sapiens Sapiens.

Ma sapienti de ché?

(Scusate l’accento romanesco. Ma noi si stava anche al Circeo, mica solo nel bergamasco. Andate a leggervi il libro di Pennacchi. Che scriveva bene ed era molto intelligente, tanto che pareva che fosse uno dei nostri… voi tenetevi Saviano. Quello è di sicuro un vero Sapiens…)

 

Comunque siete arrivati dall’Africa, dal Caucaso, non so… e noi vi abbiamo accolti all’inizio. Poi, voi ci avete sterminati. E se è restato un po’ del nostro DNA, è dovuto solo al fatto che vi siete… le nostre donne.

 

Comunque voi sareste i Sapiens. Complimenti , davvero. Basta che vi dicono che c’è in giro un esercito minuscolo, un virus che vi può dare il raffreddore, che vi fate chiudere in casa per mesi. E poi girate anni con delle specie di mutande in faccia.

E vi bevete che si fanno le guerre perché si ama la pace… vi mettete a mangiare insetti per salvare l’ambiente… io continuo a preferire le bistecche. Di mammuth.

E dire che uno ha il diritto di essere del sesso che vuole. E pretendere che due uomini, o due donne abbiano figli… sarò anche un Neanderthal ma secondo me così non funziona.

 

E non parliamo di come vi scegliete i capi. Mica i più forti e valenti nella caccia… degli inetti senza nervi, che al confronto era meglio il vecchio Australopiteco. E vi fate infinocchiare dalle chiacchere che vengono da quella specie di scatolone… televisione la chiamate…

 

Bravi Sapiens. Molto sapienti davvero.

Mi resta solo un dubbio. Perché Dio, che io credo esista, ha scelto voi? O, comunque, ha permesso che noi ci estinguessimo e voi vi moltiplicaste?

Non mi sembra che abbia fatto un grande affare …

 

 

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