La falsa scienza e Stefan Lanka, un gigante contro il sistema medico-scientifico mondiale

Seconda Parte

 

Stefan Lanka, un gigante della vera medicina, HIV e la prova schiacciante: i virus non esistono

Stefan Lanka nasce il 27 settembre 1963 a Langenargen, in Germania. Fin da giovane si è interessato a materie come l’acqua, biologia e biologia marina, fino a laurearsi nella materia all’Università di Costanza. Successivamente ha svolto diverse specializzazioni in vari campi, specie medico scientifico, diviene infatti virologo e genetista, portavoce dell’associazione internazionale REGIMED (Research Group in Investigative Medicine), fino ad arrivare a mettere in piedi delle conferenze internazionali in ambito medico scientifico. Per iniziare, vi riporto testualmente un estratto preso da una sua intervista concessa a “Desmontar el SIDA” n.2 – COBRA, e riportata da www.stampalibera.com; http://www.disinformazione.it/stefan_lanka.htm e http://digilander.libero.it/controinfoaids/Update 03-05/intervista a Stefan Lanka.htm


Domanda: Se come tu sostieni, il virus HIV non esiste, come è possibile che molti scienziati nel mondo stanno effettuando esperimenti con l’HIV?

Risposta: Semplicemente perché sono d’accordo su un concetto. Qualcuno crede che quando in determinati cultivi cellulari è presente un’attività di transcriptasi inversa, questo indica la presenza di un virus; altri, quando trovano frammenti di DNA, credono che provengano da un virus; altri, se localizzano proteine come la P24 o la P41, credono che appartengano a un virus, oppure dicono di aver isolato un virus. Isolare un virus significa separarlo da qualsiasi altra cosa. Parliamo di un procedimento che è stato realizzato con tutti i virus conosciuti. È facile da fare perché, a differenza delle cellule, un virus ha sempre la stessa dimensione e la stessa forma. Una parte del processo di isolamento di un virus è la centrifugazione (se centrifughiamo in una provetta una soluzione dove sono presenti i virus, come risultato avremo un sedimento scuro a forma di anello, questo sedimento è formato da virus). Una volta centrifugata una soluzione con presenti i virus, se ne prende un campione, si colora e si fotografa con un microscopio elettronico. Anche l’elettroforesi è parte del procedimento per isolare un virus; questa analisi permette di isolare differenti proteine del virus a seconda della loro dimensione. Per fare ciò, in primo luogo, viene preso un campione di particelle viriche e si sminuzzano.

Domanda: Come si sminuzza o si rompe un virus?

Risposta: Con detergente, il quale scioglie la copertura esterna del virus, più tecnicamente lo strato lipidico. Viene utilizzato un detergente denominato SDS che ha carica negativa.

Domanda: Successivamente come si procede?

Risposta: A questi “pezzi” viene trasmessa una carica elettrica negativa, e vengono situati in un gel sopra una pellicola di plastica, che a sua volta è esposta ad un campo elettrico; carica positiva nel bordo inferiore e negativa in quello superiore. A causa del campo elettrico le proteine (contenute all’interno del virus sminuzzato) caricate negativamente si muovono dal basso verso l’alto, però con diversa velocità, questo è dovuto alla differenza di peso e di dimensione. Le proteine della stessa grandezza si raggruppano in strati; quelle più grandi (che hanno più difficoltà a muoversi) più vicine al polo positivo e le più piccole a quello negativo. A questo punto il gel viene fatto seccare e colorato; abbiamo quindi come risultato una pellicola di plastica con diverse bande di proteine di diverso tipo. Curiosamente, una foto delle proteine non si è mai ottenuta, né per l’HIV e nemmeno per alcun retrovirus. Neppure si è mai mostrato particelle viriche in provetta (a seguito di centrifugazione). L’unica cosa che hanno fatto è determinare attività di transcriptasi inversa. Parlano delle proteine però non mostrano il gel. A questo punto dell’analisi si trasferisce il gel in nitrocellulosa o in una membrana di nylon. Si aggiunge un campione di sangue e se il sangue contiene anticorpi di qualcuna di queste proteine, questi anticorpi si uniscono alla rispettiva proteina. Questa “unione” si rende visibile attraverso un metodo di colorazione o mediante radioattività impressa in una pellicola (simile ad una piccola radiografia). Se nella pellicola sono visibili le marche o punti, dove gli anticorpi si uniscono alle proteine, dicono che il risultato dell’analisi è positivo. In realtà questo non vuole dire niente di talmente specifico perché in primo luogo viene nascosto il fatto che quello che appare non sono proteine ma anticorpi uniti a proteine. Dare positivi al test ELISA o al WESTERN BLOT non significa niente, visto che non si è dimostrato che le proteine siano dell’HIV e che l’HIV non è stato mai isolato. L’unica cosa che si può supporre è che siano proteine di globuli bianchi. A questo punto è necessaria una linea di cellule “speciali” (che sono cresciute fuori dal corpo) più globuli bianchi del corpo. Si mescolano e si stimolano con ossidante. Se come risultato di questa unione c’è attività di transcriptasi inversa, si conclude che nei globuli bianchi del corpo è presente il virus. Sicuramente quello che si fa è stimolare le cellule fino ad un punto estremo di stress, situazione che nel corpo umano non può avvenire. Questo fa sì che vengano prodotte proteine che non si produrrebbero in condizioni normali. Sono queste le proteine che si separano e con queste proteine vengono confezionati i kit dei test. Se si hanno avuto contatti con questo tipo di proteine dei globuli bianchi (trasfusioni, trapianti, fattore VII) o se si ha ricevuto sperma per via rettale (che contiene globuli bianchi) il test può dare risultato positivo.

Domanda: “Il paziente malato di Aids NON muore a causa del virus dell’HIV ma per alterazioni dell’assorbimento intestinale e quindi per ipoalimentazione (mal nutrizione, dovuta a una grave micosi”. (By Dott. Gerhard Orth, Leuthkirch). Se l’HIV non è stato mai isolato, cosa mostrano le foto in circolazione del suddetto virus?

Risposta: Queste foto non provano assolutamente niente. Quello che si vede in queste foto sono sezioni ultra fini di queste proteine che si suppone siano HIV, però nelle stesse foto appaiono anche altre particelle, per questo non si può dire che siano foto di un virus isolato. Per realizzare queste foto si segue un procedimento differente da quello che abbiamo descritto prima (quello che è da tutti considerata la prova scientifica dell’esistenza di un virus). Si prende il liquido di cultivo di cellule e si aggiunge resina per fissare le proteine. Con alcool si asciuga e poi si colora, si polimerizza la resina e infine si taglia in sezioni ultra fini. Queste sezioni si fotografano al microscopio elettronico. Ma in questo caso non si tratta di virus, ma di particelle cellulari che la stessa cellula produce, crescono dentro la cellula stessa per poi uscirne e dirigersi verso altre cellule per poi entrarvi. Non si tratta di particelle stabili, servono solo per trasporti intercellulari, non si producono fuori dal corpo. Contengono glicoproteine nella superficie che utilizzano per unirsi alle altre cellule. Questi processi vengono chiamati di exocitosi ed endocitosi.

Domanda: Come viene dimostrata l’attività di transcriptasi inversa?

Risposta: È un tema interessante perché anche qui si lavora male. La transcriptasi inversa trascrive RNA in DNA. Il modo di procedere è il seguente: si prende RNA e vengono aggiunte lettere (nucleotidi) di DNA radioattivo. Se c’è attività di transcriptasi inversa si formerà nuovo DNA che, logicamente, sarà a sua volta radioattivo. Questo nuovo DNA si fa passare attraverso un filtro che non permette il passaggio di lettere radioattive. Si interpreta che, se viene riscontrata radioattività nel filtro, ci sia stata attività di transcriptasi inversa; quindi, si conclude affermando che è presente il virus. Tutto questo però ha due problemi: Primo, il campione di RNA usato è lo stesso usato per polimeri di DNA in “cultivo” (in vitro), per cui non è sicuro che ciò che si è trovato sia transcriptasi inversa specifica; Secondo, c’è sempre attività di transcriptasi inversa per altre reazioni cellulari non prese in considerazione. In concreto, il modo con cui si realizzano gli esperimenti è il seguente: dopo aver prelevato nel “co-cultivo” si separano le proteine. Per far questo si prende il liquido e si centrifuga per separare le cellule, in modo che in una determinata parte della provetta rimanga solo virus. A questo materiale contenente virus si aggiunge una sostanza liquida di notevole densità, si miscela e si centrifuga. Con la centrifugazione le particelle si concentrano e si depositano in differenti strati, a seconda della loro densità. In realtà, allo stesso tempo, andrebbe fatto un esperimento di controllo con materiale non infettato, a dimostrazione che ciò che si è isolato non siano particelle cellulari. In questo esperimento di controllo, fatto parallelamente e seguendo lo stesso procedimento non dovrebbe apparire niente di isolato. Poi, per dimostrare attività di transcriptasi inversa (inteso che si accetti come dogma che se c’è transcriptasi inversa debba esserci un retrovirus), si prendono campioni delle differenti parti di materiale depositato nella provetta e si fanno prove per determinare la presenza di transcriptasi inversa. Per ogni strato di particelle si aggiunge RNA e nucleotidi resi radioattivi. Se c’è transcriptasi inversa si produce DNA. Il nuovo DNA è a sua volta radioattivo. Si filtra e si lava, in modo che ciò che rimane nel filtro sia DNA radioattivo, poi si misura la radioattività. Come risultato dell’analisi abbiamo un grafico dove il picco della curva indica il campione più radioattivo. Queste sono le particelle che si considerano essere del virus e che si utilizzano nei test menzionati. Dire che la presenza di transcriptasi inversa implichi l’esistenza del virus non ha senso, visto che già nel 1981 si sapeva che attività di transcriptasi inversa poteva incontrarsi da altre parti, e già sappiamo che ci sono altri enzimi capaci di produrre DNA a partire da RNA.

Domanda: Cos’è e come viene usata la PCR?

Risposta: Vuol dire reazione di polimeri a catena; è un procedimento che serve per moltiplicare il DNA. Normalmente per duplicare DNA si realizza un esperimento in provetta dove si introduce DNA, polimero nucleotico radioattivo e molecole iniziali. Alla fine, come prima, si determina la presenza di DNA attraverso la misurazione di radioattività nel filtro. Il problema è che tutto questo si può realizzare una sola volta. Per produrre DNA si parte da un frammento di DNA semplice. Come si sa, il DNA è formato da una doppia elica, una parte positiva e l’altra negativa. I quattro tipi di nucleotidi si uniscono tra di loro sempre allo stesso modo. Per duplicare DNA deve rompersi l’elica in modo che rimangano frammenti singoli (non doppi). Inoltre, è necessaria una molecola iniziale. La polimerasi si unisce alla molecola iniziale con il frammento semplice di DNA e inizia a prodursi DNA nuovo (a doppia elica), e se abbiamo utilizzato nucleotidi radioattivi, il DNA sarà a sua volta radioattivo. Una volta formato DNA la reazione si ferma. Se la quantità di DNA iniziale era piccola, determinare la presenza di DNA può essere un problema dovuto alla quantità. Per amplificare e quindi superare questo problema si utilizza la PCR che approfitta della proprietà che determinati polimeri hanno di sopportare alter temp0erature. Se dopo la produzione di DNA questa si scalda, il DNA a doppia elica si separa in frammenti singoli. Una polimerasi normale si distruggerebbe nell’essere scaldata, però la polimerasi di determinati batteri del fondo dell’oceano sono resistenti alla temperatura (fino a 90°). Cosicché, dopo che la polimerasi ha prodotto DNA nuovo, si scalda in modo che l’elica si sdoppi, a questo punto si raffredda in modo che la polimerasi possa lavorare di nuovo. Una volta fredda la miscela, la polimerasi riforma DNA e a seguire si torna a scaldare in modo che l’elica si rompa di nuovo. In ogni operazione scaldare-raffreddare si raddoppia la quantità di DNA. In questo modo, ripetendo l’operazione diverse volte si produce una gran quantità di molecole che possono essere individuate in un processo di elettroforesi. Se si vuole sapere se qualcuno ha l’HIV, produco una molecola iniziale (di una ventina di lettere) che solo si possa unire ad un gene di HIV; se si produce DNA vuol dire che il virus sta lì. L’inconveniente è che con questo test si possono solo individuare 500 lettere (si suppone che l’HIV ne abbia 10000). E con 500 dicono di averne abbastanza. In più si sa che questi piccoli frammenti sono molto simili a frammenti che si incontrano nell’essere umano. Effettivamente il progetto “genoma umano” è arrivato alla conclusione che nel genere umano c’è un 90% di sequenze ripetitive. È stato anche provato che alcune di queste sequenze sono molto simili a quelle attribuite a retrovirus. Con la PCR si possono solo amplificare sequenze conosciute perché la molecola iniziale deve essere analoga alla molecola del frammento di DNA. Si può solo amplificare quello che si conosce, se non si conosce non si può amplificare, visto che bisogna sintetizzare una molecola di 20 lettere uguale a quella che si vuole amplificare. Questa molecola deve provocare l’unione iniziale. Siccome l’HIV non è mai stato isolato – quindi non lo si conosce – il risultato della PCR è quanto meno dubbioso. Come si può affermare che il DNA che si utilizza sia dell’HIV? Non si può dire che un risultato di PCR positivo indichi la presenza di un virus. Tant’è vero che ultimamente non vengono più pubblicate le sequenze dell’HIV. La PCR può dare risultato positivo o negativo a seconda di come la si faccia. Non ci sono sufficienti prove di controllo. Cosa fanno per esempio per ottenere un risultato positivo? Per determinare la quantità di virus, prendono cellule del corpo e di cultivi stressati e ne isolano l’RNA. È molto importante comprendere che queste condizioni non esistono in nessun caso in un corpo umano. Le cellule, quando si trovano in uno stato di stress in un ambiente fortemente ossidato, producono cose che in condizioni normali non produrrebbero. Se una cellula muore, tra le grandi quantità di elementi che genera, produce anche molto RNA. Se si prendono cellule di persone sane, quasi non si incontra RNA. Se si prendono invece cellule di persone malate, per esempio con influenza o in uno stato di stress, troviamo RNA e quindi un successivo test può dare risultato positivo. Per farlo l’RNA si trascrive in DNA e con quest’ultimo si esegue la PCR. Si disegna, poi la molecola iniziale e probabilmente si innesterà la reazione. Per avere risultato negativo si possono fare due cose: Primo, si prende direttamente il DNA della persona e si pone la molecola iniziale: non c’è reazione! Perché? Perché il DNA ha frammenti con l’informazione genetica e altri senza informazioni, quindi la molecola iniziale non reagisce, non funzionerà; Secondo, si prende RNA di cellule non stressate e non si avrà, quindi, nessuna sequenza (abbiamo sequenze stressate solo con cellule stressate).

Domanda: In che cosa consiste il processo di “template switching”?

Risposta: E’ una caratteristica della transcriptasi inversa che incatena frammenti di DNA separati formando catene lunghe di DNA. L’errore che si commette molte volte è quello di credere che questo DNA appartenga all’HIV.

Domanda: Che cosa ci dici sui T4/T8?

Risposta: Gli immunologi non hanno ottenuto niente tentando di trovare strumenti utili di diagnosi nelle cellule B. Ci sono migliaia di articoli che lo testimoniano. Oggi si utilizzano anticorpi monoclonali per identificare le diverse cellule T. Gli anticorpi monoclonali si uniscono solo ad una determinata proteina. Furono prodotti per la prima volta nel 1975. Si ottennero un paio di dozzine di anticorpi monoclonali che aderivano alla superficie delle cellule T. In questo modo si iniziò a dare un nome alle cellule: CD, CD2, CD3, CD4…CD8, ecc. CD significa “Cluster of Differentation” cioè gruppo di differenziazione. Nient’altro. Si iniziò a fare esperimenti con topi irradiati, iniettando loro cellule T umane per studiare il sistema immunologico umano, e si concluse che alcune cellule erano “assassine”, altre “aiutanti” e altre “soppressori”. Però questo è stupido, è solo un’interpretazione. In realtà, guardando le cellule T, non è facile distinguere le une dalle altre. Fecero esperimenti per osservare il comportamento di queste cellule e per vedere che tipo di recettori avevano in superficie. Però quello che veramente succede è che nella superficie delle cellule ci sono differenti tipi di proteine. Qualche volta di più, qualche volta di meno. Questo potrebbe spiegare perché nelle persone che usano droghe (che sono ossidanti) il numero dei T4 è basso nella superficie della cellula. E’ importante capire che se c’è stress, una buona parte dei globuli bianchi del sangue emigra verso il midollo spinale (la quantità massima di globuli bianchi presenti nel sangue non è maggiore del 5% del totale, il restante 95% si trova nei tessuti), anche perché i globuli bianchi hanno il compito di trasportare antigeni al midollo. E’ stato provato che i corticoidi prodotti in momenti di stress emigrano fino ai tessuti e non si possono incontrare nel sangue. Questo spiega perché le persone con stress hanno un basso numero di T4 (le persone etichettate con AIDS credono di essere bombe ad orologeria). Si sa che gli atleti hanno livelli di T4 molto bassi e nei maratoneti sono praticamente nulli. Le persone che fanno un lavoro manuale duro hanno livelli molto bassi di T4. Dal punto di vista dell’evoluzione, se bisogna cacciare o scappare da un pericolo, non ha senso che l’energia del corpo sia utilizzata per produrre cellule sanguigne bianche. Se c’è molto stress, come nel caso di uno sprinter, una volta realizzato il suo sforzo, non si incontrano cellule T. Questo dimostra la stupidità della definizione di AIDS dell 1992 negli Stati Uniti che dice che anche nel caso in cui sia dato negativo un test, se la conta dei T4 è minore di 200 la diagnosi è AIDS. In quanto al rapporto tra T4 e T8, la Dott.ssa Eleni Papadopulos-Eleopulos lo spiega dettagliatamente. In caso di stress nella superficie della cellula ci sono più proteine T4 che T8. Fauci, noto esponente ufficiale dell’AIDS, aveva dimostrato che in una situazione di stress le cellule bianche emigrano verso i tessuti; questo è molto significativo, visto il ruolo giocato da questo signore nel tema in questione.

Domanda: Ci sono fattori soggettivi che rafforzano l’idea HIV-AIDS ?

Risposta: Sì, tutti i virus e i batteri hanno un’immagine negativa. Se nei cibi che mangiamo sono presenti virus, questo è male. Se ci operiamo e prendiamo un’infezione, anche questo è male. Nelle infezioni normali, i virus e i batteri hanno una funzione positiva (per esempio aiutano ad eliminare tessuti degenerati). Questo si è studiato poco. Cambiare il modo di pensare rappresenta un notevole salto di qualità.

Domanda: Che cosa ci dici sul virus dell’influenza?

Risposta: Questo virus esiste. È stato isolato. Sembra che quello che faccia è aiutare a disperdere tessuti danneggiati.

Domanda: Ma allora è un aiuto?

Risposta: Sì, tutti sanno che con o senza un trattamento medico l’influenza si supera. Se il corpo è esausto ha bisogno di recuperare, questo non è un problema. E’ sempre meglio evitare l’uso di antibiotici in generale.

Domanda: Come vedi il futuro a medio termine dell’AIDS?

Risposta: Dopo la guerra al cancro lanciata negli USA nel 1961 da Nixon e fallita poi nel 1970, i virologi del cancro si sono trasformati in virologi dell’AIDS. Possiamo dire che l’AIDS è la sorella minore della ricerca del cancro. Speriamo che non cresca troppo. Io spero che non ci sia troppo futuro per l’AIDS. Dobbiamo fare pressione sui politici, accusarli di non prevenire e non arrestare la morte dei cittadini dei propri paesi. Accusarli di partecipare all’uccisione di persone nel “terzo mondo” attraverso l’appoggio ai programmi dell’AIDS.

Che ne pensate? Un bel colpo allo stomaco non è vero? Specie quando tutto questo, appunto, è stato scientificamente provato. Ma non è finita.

I virus non esistono

Stefan Lanka, attraverso l’utilizzo del microscopio elettronico, iniziò ad esaminare le alghe marine, giungendo alla scoperta inerente al fatto che alcune di esse, in particolare quelle fresche e floride, contenevano delle “particelle”. Lanka, a questo punto, decise di scoprire la composizione di elementi biologici e chimici di queste particelle, conscio del fatto che mai prima di allora (siamo a metà degli anni ’80) nessun ricercatore o virologo aveva accennato all’esistenza di un probabile “virus” contenuto nelle alghe marine. Il processo, come ci spiega Pucciarelli nell’opera già menzionata, andò avanti in questo modo: “Lanka introdusse le alghe in una sorta di frullatore, riducendole in frammenti, che poi purificò, immettendoli in un filtro estremamente microscopico, in modo che le particelle della dimensione di un virus fossero separate. Questa procedura gli permise di ottenere una soluzione contenente acqua, possibili virus e altri elementi delle stesse dimensioni. Introdusse questa nuova mistura in una centrifuga, dotata di un misuratore di densità, capace di separare, attraverso l’opportuna velocità di rotazione della centrifuga, la concentrazione di particelle. Quindi, utilizzando un microaspiratore, riuscì ad estrarre dalla concentrazione di particelle, il distinto gruppo di probabili virus, da sottoporre ad ulteriore purificazione e isolamento, dai resti di tessuti e soluzioni estranee. Metodo perfetto per isolare un virus, anche se non certo semplice, ma nemmeno troppo difficile”.


Stefan Lanka, come da lui stesso esposto e scritto in più di un’occasione, utilizzò il microscopio elettronico per analizzare il virus, ne definì forma e struttura, studiando nella maniera più approfondita possibile il genoma, accertandosi della qualità e del numero di proteine che questo conteneva. “Grazie a questo suo lavoro, Lanka poté confidare di aver scoperto un nuovo virus, di cui egli conosceva perfettamente le funzioni. Subito dopo, ottenne la sua laurea, il riconoscimento della sua preparazione e l’augurio della sua ben promettente carriera professionale, in qualità di esperto virologo. Ma quale era la vera scoperta di Stefan Lanka? Scoperta che, sulle prime, egli stesso si guardò bene di dichiarare pubblicamente. Anche perché la stessa sua scoperta l’aveva alquanto sorpreso. Ma come?” (cit. Pucciarelli – Pandemia e Mito o realtà).

Nello stesso tempo in cui Lanka studiava attentamente l’interazione tra le alghe marine e il nuovo virus, osservò più volte un fenomeno assolutamente inaspettato. Ripetendo l’esame al microscopio elettronico, si rese conto che tutte le alghe che contenevano il virus si presentavano floride e sane, mentre le altre, quelle sprovviste di virus, stavano appassendo velocemente e molte di queste ultime erano completamente sfibrate. A questo punto citiamo ancora Pucciarelli e l’opera citata (dal momento che nessun altro se non lui si è preso la briga di tradurre i suoi scritti qui in Italia): “Lanka poteva essere forse il primo ha trarre l’ovvia conclusione, ovvero che i virus sono, per natura, presenti in tutte le specie (animali e vegetali), ma non sono patogeni (come si credeva allora ed oggi ma anche agli albori delle ricerche virologiche, ai tempi di Edward Jenner e, poi di Robert Koch e di Rivers (con i celebri, inutili postulati, del primo e del secondo). Al contrario, i virus sono strumento funzionale e indispensabile al mantenimento della buona salute dell’animale (o vegetale) che li ospita nel proprio organismo. Lanka sarebbe stato uno dei primi virologi ad affermare che l’uomo, oltre ad ospitare un microbioma nel proprio organismo, avrebbe anche un viroma, senza il quale nessun uomo o animale potrebbe mai essere in salute. Visto che nessun altro prima aveva scoperto la vera funzione benefica del cosiddetto virus, che gli autorevoli rappresentanti della scienza medica considerano patogeno. Sembra più che giustificato un confronto tra le procedure, semplici, logiche e dirette, adottate da Lanka – per isolare e purificare questo virus, sottolineandone le benefiche funzioni. che escludono quelle patogene con le rigide regole della Teoria del germe (o virus patogeno) imposte dalla moderna virologia, che, fra l’altro, riconosce incerti e approssimati i propri tentativi di ricerca di un virus ammorbante, che sarebbe impossibile isolare. Questo serio problema è determinato, fra l’altro, dalla inaffidabilità dei test volti a stabilire l’origine virale delle malattie (spesso pandemiche) – accertato che la moderna virologia, dimostratasi incapace di isolare un virus, purificarlo, definendone le caratteristiche, procede per ipotesi e sperimentazioni costantemente inefficaci, spesso fuorvianti e talvolta dannose. Insistendo sulla responsabilità di un virus patogeno, contro il quale sarebbe difficile trovare rimedio, la virologia dei nostri giorni non fa altro che indurre chiunque abbia un minimo di logica a ritenere che questo virus che causa malattie, in realtà non esiste”.

Provate a parlare con qualcuno di queste cose, indottrinati come sono tutti quanti vi rideranno in faccia, potete portargli le prove più inconfutabili della terra, non servirebbe a niente. Nemmeno se li chiamaste a fare attenzione sull’operato del potente colosso che si chiama Big Pharma (di cui tutte le società sono quotate in borsa e i cui unici obiettivi sono depopolare e fare profitti), il quale fabbrica vaccini, anche contro un virus che non esistono. Torsten Englebrecht e Konstantin Demeter (giornalisti e scrittori tedeschi menzionati dallo stesso Pucciarelli nel suo libro), autori del testo denuncia delle macroscopiche imprecisioni del test PCR, che reca il titolo “Covid 19 PCR Tests Are Scientifical- ly Meaningless”, richiamano l’attenzione di quelle poche persone realmente curiose e sveglie, proponendo il confronto tra il laborioso e onesto lavoro compiuto da Stefan Lanka e la sommaria, sbrigativa modalità di ricerca applicata dai tecnici della corrente virologica per definire un virus patogeno, come il coronavirus. È ancora Pucciarelli che rende pubblico il raffronto: “Ecco la procedura adottata da questi ultimi: rilevano un campione dell’espettorato (sputo) di una persona ammalata senza verificare da quale patologia essa sia affetta. Centrifugano l’espettorato, senza provvedere prima alla necessaria filtrazione. Quindi, come gli stessi ammettono, nella certificazione dai medesimi stilata e firmata, il presunto coronavirus è non purificato. Domanda ovvia: ma se il virus non è purificato, come si può essere certi che si tratta di un virus, o di qualche cosa d’altro, che si ignora da dove provenga? Si pretende poi di rappresentare il virus, in una immagine stampata, che mostra soltanto il miscuglio centrifugato di una cellula infetta. In un rapporto certificato nominato Identificazione del Coronavirus Isolato da un Paziente Affetto da Covid 19 in Corea, gli autori della virologia corrente, dichiarano quanto segue: ‘Non abbiamo potuto rilevare il grado di purificazione del virus, perché non purifichiamo e non concentriamo il virus nella cultura cellulare’. Insomma, si smentisce, fra le righe, quanto dichiarato nel titolo. Casi analoghi, sempre in Corea, in merito all’identificazione del “virus” SarCov 2. In realtà mai avvenuta. Ma la vera frode viene dalla Cina, infatti, i virologi cinesi hanno prelevato il muco nasale di una persona infetta. Hanno centrifugato il muco nasa- le e quindi pubblicato l’immagine dello strano miscuglio, che avrebbe dovuto mostrare, il coronavirus isolato. Questa frode cinese fu pubblicata sull’autorevole New England Journal of Medicine. Verifiche accurate hanno permesso di accertare che il consueto contenuto del miscuglio era composto da batteri e forse, virus non patogeni, funghi, resti di cellule umane, e tutti i microorganismi, reperibili nei polmoni della persona ammalata”.

Da sottolineare che molte delle tesi di Lanka sono state riprese dallo stesso Stefano Scoglio, medico, ricercatore scientifico, candidato al premio Nobel nel 2018 per le sue ricerche, anche nel saggio intitolato “Apandemia – Dalla falsa scienza alla più grande truffa della storia”, ma naturalmente invece di essere ascoltato, è stato letteralmente preso in giro dal mainstream e relegato in un angolo col beneplacito della solita fottuta maggioranza (scusate il linguaggio ma mi è uscito dal cuore). Vorrei aggiungere inoltre che Lanka si è presentato spontaneamente ad un processo per sangue “contaminato da HIV” a Göttingen, in Germania, dichiarando sotto giuramento che l’HIV non esiste. Il Tribunale non ha trovato un solo scienziato in grado di dimostrare scientificamente l’esistenza del virus. Il 24/2/97 il tribunale emise la sentenza censurata dai mass-media: assoluzione totale del medico che era accusato di 14 omicidi e 5800 tentati omicidi.

Le parole di Stefan Lanka

Per concludere questo viaggio, credo che non ci sia modo migliore che quello di menzionare le parole stesse di Stefan Lanka, gentilmente tradotte e riportate da Gianpaolo Pucciarelli nell’opera citata: “Tutte le affermazioni sui virus come agenti patogeni sono false e si basano su interpretazioni sistematicamente errate. Le vere cause delle malattie, come è stato scientificamente provato, non possono essere attribuite ai virus. Gli scienziati e ricercatori dei laboratori sono convinti di aver trovato virus che virus non sono, ma semplici frammenti di tessuti morenti e cellule aggredite da tossine. La loro convinzione di base è che questi tessuti e cellule muoiono perché sono infettati da un virus. In realtà, questi tessuti e cellule di laboratorio muoiono perché sono affamati e avvelenati come risulta dall’esame microscopico. I virologi credono principalmente nell’esistenza dei virus perché essi somministrano ai tessuti e alle cellule, sangue, saliva o altri fluidi corporei presumibilmente ‘infetti’ quando tessuti e cellule sono denutriti, carichi di tossine e in ogni caso destinati a morire. I virologi non lo capiscono o non lo vogliono capire. Secondo gli standard scientifici più elementari, avrebbero dovuto almeno condurre test di controllo per essere sicuri che fossero davvero i “virus” a portare alla morte di cellule e tessuti. Per stabilire efficacemente la presunta ‘moltiplicazione’ dei virus nelle cellule, avrebbero dovuto condurre ulteriori test e somministrare sostanze sterili provenienti da persone sane. Finora questi esperimenti di controllo non sono stati condotti. Alla luce del processo del virus del morbillo, ho fatto eseguire questi esperimenti di controllo in laboratorio, da cui è risultato che tessuti cellule muoiono, perché entrati in contatto, gli uni e le altre, con materiale infetto. Questo mi sembra un dato importante, poiché spetta proprio agli esperimenti di controllo escludere la possibilità che il metodo o la tecnica utilizzata non siano responsabili dell’infezione. Gli esperimenti di controllo devono essere prioritari, perché sono base fondante della vera scienza. L’esperto nominato dal tribunale, il Dr. Podbielski, il quale, incaricato di illustrare gli effetti di un ‘virus’ del morbillo nel corso di un processo, ha riscontrato che alcune pubblicazioni di base di fondamentale importanza per la virologia nel suo insieme, in particolare il documento di John Franklin Enders del giugno 1954 e altri sei articoli successivi, non contenevano esperimenti di controllo. Da ciò possiamo trarre la conclusione che da allora, e senza rendersene conto, virologi ricercatori hanno agito in modo del tutto non scientifico. La spiegazione di questo è storica: nel giugno del 1954 fu pubblicata un’ipotesi non scientifica e contraddittoria, in base alla quale si sarebbe riscontrato che causa della morte di un tessuto in provetta sarebbe stato un virus. Sei mesi dopo, il 10 dicembre 1954, il primo estensore di questa ipotesi, divenuta subito tesi, ricevette il Premio Nobel per la medicina. Questo ha trasformato un’ipotesi speculativa in un fatto virtualmente scientifico agli occhi di molti, e uno che non è messo in discussione fino ad oggi. Da allora, la morte di tessuti e cellule in una provetta è costantemente, ma erroneamente, considerata tangibile prova dell’esistenza di virus”. 1 virus come illusione concettuale. Quindi è davvero molto semplice dalla morte di tessuti e cellule si trae erroneamente, la certezza di aver isolato un virus. Quindi, qualunque altra cosa si possa affermare resta il fatto che un virus non è mai stato isolato nel vero senso della parola, cioè mostrato nel suo insieme e specificato attraverso tecniche analitiche su basi biochimiche. Le fotografie al microscopio elettronico dei presunti virus, ad esempio, mostrano in realtà solo particelle regolari di tessuti e cellule morenti, solitamente della stessa forma. Tuttavia, poiché le persone coinvolte CREDONO che questi tessuti e cellule morenti siano virus, questa morte di cellule e tessuti sotto forma di tutti i tipi di parti cellulari è anche chiamata ‘moltiplicazione’ di virus”. Le parti coinvolte, ci credono ancora oggi e, lo ripeto, soprattutto perché l’inventore di questo metodo, vincendo il premio Nobel, è ancora considerato un’autorità Mettere in discussione tale autorità è tuttora sconsigliabile. É importante notare, tra l’altro, che questa stessa miscela, che è quindi composta da tessuti e cellule morte di scimmie, feti di bovini e antibiotici tossici, non è in alcun modo diversa da quella che viene chiamato un ‘vaccino vivente’, il quale contiene, ovviamente lo pseudo virus attenuato. Tuttavia, è costituito principalmente da proteine estranee come acidi nucleici (DNA/RNA), antibiotici citotossici, microbi e spore di ogni tipo. Pertanto, un vaccino non è altro che una miscela di rifiuti cellulari e batteri. In altre parole, componenti che un corpo normale espellerebbe immediatamente. Questa miscela è quindi tossica, ma viene iniettata principalmente nei muscoli dei bambini durante il processo di vaccinazione, in una quantità che, se iniettata in vena, porterebbe immediatamente a morte certa. Totale ignoranza e cieca fiducia nelle autorità statali che ‘testano’ e approvano i vaccini. Questi fatti verificabili dimostrano il pericolo e la negligenza degli scienziati e dei politici che affermano che i vaccini sono sicuri, hanno effetti collaterali minimi o nulli e proteggono dalle malattie. Tutto assolutamente falso. Va sottolineato, tra l’altro, che un virus, definito e descritto come tale, non esiste in tutta la letteratura scientifica. Questo perché il processo per arrivare a una tale descrizione avviene per consenso, con le parti coinvolte che inutilmente discutono per definire un qualcosa che non c’è. Nel caso del cosiddetto nuovo Coronavirus cinese 2019 fora ribattezzato CoVid 19), questo processo di consenso stranamente ha richiesto solo pochi clic del mouse. Tuttavia, questo non sorprende quando sai che i costituenti vengono effettivamente estratti da tessuti morti che poi finiscono in un database. Tuttavia, questi componenti, che possono ricavarsi da organismi diversi, vengono infine assemblati in un modello di virus artificiale. Il processo è il seguente: Da un database contenente le strutture molecolari dei componenti degli acidi nucleici ancora, va sottolineato che questi componenti provengono già da tessuti e cellule morte che sono state a loro volta manipolate attraverso processi biochimici sono selezionati alcuni di questi componenti che sa- ranno poi utilizzati per costruire un filamento di DNA molto più lungo, cosiddetto “completo” di un nuovo virus. Si può dire molto su questa tecnica, ma l’intuizione di base è che queste manipolazioni, chiamate allineamenti, semplicemente non corrispondono ad alcun materiale completo o noto come virus. Eppure, questo è poi indicato in letteratura come il suo genoma. Per comodità, si ignora il fatto che durante la costruzione di un filamento di DNA virale, certe sequenze sono considerate non adatte e quindi manipolate. Così, in questo modo, viene effettivamente inventata una sequenza genetica di DNA che non esiste e non è mai esistita, così come non esiste nemmeno la sua scoperta nel suo insieme. Queste levigazioni e aggiunte formano, con brevi pezzi che si adattano al modello programmato, un insieme più ampio che viene poi chiamato un filamento di DNA virale. Ma, attenzione, nemmeno questo esiste. Un esempio: Se studi la composizione concettuale del filamento di DNA del ‘virus’ del morbillo e la confronti con brevi frammenti effettivamente disponibili delle stesse molecole delle cellule, più della metà delle particelle molecolari quando ci si rende conto che d’altra parte i normali sintomi (cioè i segnali di guarigione) vengono improvvisamente interpretati come sintomi di AIDS, BSE, influenza, SARS o morbillo dal momento in cui uno risulta per così dire, positivo. Morte e resurrezione della teoria dei virus. Fino al 1952, i virologi credevano che un virus fosse una proteina o un enzima tossico che si inseriva, in qualche modo, e si diffondeva nel corpo umano o animale. La medicina e la scienza reale abbandonarono questa idea nel 1951 perché i presunti virus non potevano essere trovati al microscopio elettronico e gli esperimenti di controllo non furono mai eseguiti. È stato gradualmente riconosciuto che la morte delle cel- lule in animali, organi e tessuti sani, produceva prodotti di scarto, che in precedenza erano considerati come ‘virus’. In altre parole, la virologia si era smentita e si era sciolta come scienza. Tuttavia, quando la moglie del premio Nobel Crick di- segnò una doppia elica nel 1953 e la pubblico sulla famo- sa rivista scientifica “Nature”, come un presunto modello scientificamente sviluppato di presunto materiale genetico, si diffuse, così, un clamore di vasta portata: intorno alla cosiddetta genetica molecolare. Da allora, si sarebbe iniziata la ricerca della causa delle malattie nei geni. L’idea di virus di fatto già confutata è così cambiata dall’oggi al domani. Sembrava che le persone non potessero abbandonare l’idea materialistica di un agente esterno della malattia. Un virus ormai non era più una tossina, ma veniva ormai spiegato come una pericolosa struttura genetica, intesa come sostanza ereditaria, un pericoloso genoma virale. Sono stati, in particolare, i chimici, giovani e inesperti a fondare la nuova versione della virologia: la virologia genetica. Tuttavia, questi chimici non avevano idea di biologia e medicina, ma nel frattempo avevano ricevuto finanziamenti illimitati per la loro ricerca. E, molto probabilmente, non sapevano che la vecchia virologia si era sciolta un anno prima…”

di Fox Allen

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