La barba degli ayatollah

di Andrea Marcigliano

 

Blinken, il segretario di stato americano, invita Tehran ad evitare una escalation militare e un dilatarsi del conflitto in Medio Oriente.

Invito che dimostra soli una cosa. Che la diplomazia è l’arte di dire il contrario di ciò che si pensa. E per cui ci si adopera davvero.

Perché ad entrare decisamente nella guerra strisciante nella regione, l’Iran ci sta venendo tirato per i capelli. O per la barba degli ayatollah…

Vediamo i fatti. Nudi e crudi. Ad oggi il governo iraniano si è limitato a proclami a favore dei palestinesi. E a fornire aiuti militari ai nemici di Israele. Soprattutto gli Houthi yemeniti, che rappresentano la spina nel fianco dei traffici commerciali in direzione di Suez.

Certo, non un atteggiamento neutrale, e tantomeno pacifista. Tuttavia è subito risultato evidente che Teheran sta cercando, sotto traccia, di evitare di essere direttamente coinvolta nel conflitto. E i giochi diplomatici nell’ombra, con la Turchia di Erdogan e l’Egitto di Al-Sisi (per non parlare con l’amico Putin ) lo dimostrano chiaramente.

Teheran è cosciente che uno scontro diretto con Israele e, come inevitabile ricaduta, con Washington, potrebbe avere effetti devastanti sulla sua stabilità interna. E costituire il presupposto di un conflitto mondiale, dal quale il paese non potrebbe uscire che distrutto.

Di qui la tessitura diplomatica di questi mesi. Come dicevo, dietro ai proclami bellicosi.

Tuttavia nel conflitto ci sta venendo trascinata a forza. Prima l’assassinio di un generale dei Pasdaran, Razi Moussavi. Vittima di un attacco, probabilmente mirato, degli israeliani in Siria.

Dove il generale, vecchio sodale di Suleymani, si trovava come consigliere delle truppe di Assad, impegnate nel conflitto con i ribelli. Sostenuti dall’Occidente (collettivo) anche se molti di questi sono legati al jihadismo. E, spesso, direttamente ad Al Qaeda, se non all’Isis..

Poi, a breve giro di posta, gli attentati al Mausoleo di Suleymani nelle ore scorse. Che hanno mietuto molte vittime civili.

Washington si è affrettata a dire che nulla ha a che fare con questi atti terroristici. Ed ha escluso anche un coinvolgimento israeliano.

Puntando il dito contro i residui dell’Isis. Che il leggendario comandante dei Qods, i corpi speciali iraniani, aveva notevolmente contribuito a sconfiggere.

Tuttavia Suleymani è stato “eliminato” nel 2020 da un drone killer americano. Per ordine diretto dell’allora Presidente, Donald Trump. Questo senza alcuna dichiarazione ufficiale di guerra da Washington a Teheran. È stato eliminato perché dava fastidio. Aveva organizzato Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen. Era il principale promotore della strategia di espansione della influenza politico-militare iraniana in tutto il Medio Oriente.

Questo bastava, per eliminarlo, insieme alla sua scorta, senza tante ciance.

Ora, con la flotta statunitense – forte delle portaerei Eisenhower e Ford – che incrocia in tutta l’area, supportata dalle navi degli alleati NATO, e con una massiccia presenza statunitense in Siria e aree limitrofe, le parole di Blinken suonano… come una presa in giro.

Elegante, diplomatica ma pur sempre una presa… beh, diciamo per il fondo schiena.

Che significa infatti “l’Iran deve evitare l’allargamento del conflitto”? Che Teheran deve far finta di niente, mentre suoi dirigenti di alto rango vengono eliminati, senza dichiarazione di guerra? E questo nel compiaciuto gaudio delle Cancellerie occidentali. E dei nostri Media…

Che deve fingere di credere che la flotta statunitense si trovi in zona per contenere i quattro gatti di Hamas? Che manco hanno una vera forza navale…

Che le bombe teleguidate che esplodono nel suo territorio siano sempre e solo colpa dell’Isis? O del fantasma di bin Laden?

Ora, probabilmente, il governo di Teheran vorrebbe davvero fingere di credere a tutto questo… per le ragioni spiegate ad inizio articolo.

Ma, giorno dopo giorno, diventa sempre più difficile.

Che ci sia qualcun altro che vuole trascinare per la barba gli ayatollah nel conflitto? Costi quello che costi… e costerà caro. A tutti.

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