Ingranaggio del sistema

“Vogliono che tu obbedisca. Vogliono che tu sia una pecora, una pecora come loro, un obbediente ingranaggio di un sistema che non fa domande.
Ti vogliono seduto e tu ti siedi, ti vogliono in piedi e tu ti alzi. Vogliono che rinunci alla tua autonomia per una busta paga, per una stella d’oro, per una televisione più grande.
L’unico modo di essere umano, di essere libero è ribellarsi.
Proveranno a schiacciarti, useranno ogni tattica possibile per renderti obbediente, docile, sottomesso, ma non puoi permetterlo, devi essere padrone di te stesso, sempre e a qualunque costo. Meglio morire da essere umano che vivere come un ingranaggio senza scopo nel loro sistema.”

Il ribelle, quel tipo d’uomo di cui abbiamo parlato nei precedenti articoli è, in estrema ratio, colui contro cui finache la morte nulla può, poiché essa è diventata parte del suo essere. Nel mondo della Tradizione – suggerisce Evola – l’oltreuomo, ciò che noi possiamo definire ad oggi il ribelle, è colui che è intero nel frammento, dritto nel curvo. Un accostamento, quello tra oltreuomo e ribelle, non azzardato dal nostro punto di vista, ma che incarna il senso di quel tipo di uomo della Tradizione che supera la miserevole condizione di chi invece ha scelto la comodità della schiavitù, della sottomissione a regole disumane pur di non rischiare, di non combattere, di non morire, di chi ha scelto di sopravvivere in ginocchio, piuttosto che vivere e a quel vivere dare un senso eroico, umano, di quell’umanità ancora in piedi in mezzo alle rovine.

Ribellarsi significa accettare di correre il rischio più alto per un vivere più grande. Semplificando, Evola scrive: “Conoscendo le previsioni meteorologiche sfavorevoli, si può decidere di abbandonare o mantenere il progetto di una scalata alpina o di un volo. Non rinunciare a tale progetto, nonostante tutto, significa aver già accettato il rischio.”
L’oltreuomo, il ribelle contro il mondo moderno e la sua degradazione, conosce il rischio cui va incontro, ciò nonostante non si sottomette. Egli combatte. “Esistono uomini in rivolta nella vita caotica delle grandi metropoli – scrive Evola in Cavalcare la tigre – o uomini che sono passati attraverso le tempeste d’acciaio e di fuoco e le distruzioni delle ultime guerre totali o che si sono formati nel mondo delle macerie: in questi uomini sono state presenti e sono le premesse per la riconquista di un senso superiore della vita.” Cosi il ribelle può decidere di isolarsi dal mondo – come Zarathustra – senza rinunciare alla battaglia su un piano morale o può decidere di combattere su posizioni che sa essere perdute e immolarsi all’estremo sacrificio.

Può l’oltreuomo, il ribelle, decidere di essere entrambe le cose? Estraniarsi dal mondo eppure combattere il sistema che lo vuole schiavo, rischiando in prima persona? Questo tipo d’uomo dovrebbe possedere una mente eccelsa, una straordinaria capacità di esprimere un concetto a suo modo rivoluzionario, raccogliendo l’onere del sacrificio e finanche della responsabilità di un’azione grave e irreversibile. Il ribelle che dal suo esilio partorisce un manifesto di rivolta al male del mondo moderno, a quel progresso che da mezzo per cambiare il mondo è diventato un mezzo per soggiogarlo al progresso stesso, rendendolo schiavo come un tossico, dipendente dalla dose di eroina. Più l’uomo avanza nel progresso tecnologico – l’arma del sistema – più ne diventa schiavo, fino a dimenticare di essere umano e optare per la comodità di inginocchiarsi alla dipendenza piuttosto che combatterla.

Il ribelle è certamente pericoloso per il sistema e la sua pericolosità cresce più quanto il sistema lo opprime. Allora quest’uomo potrebbe decidere di compiere azioni gravissime, che pretenderebbero in un modo o nelll’altro il suo sacrificio. Ogni sistema può subire un guasto, un sabotaggio, in nome dell’idea per cui combatte. L’obbediente ingranaggio ora si fa domande, alla pecora sono spuntati i canini. Il tempo dell’attesa è finito, bisogna scegliere il mezzo per battere il sistema, assumendoci la responsabilità dell’azione intrapresa.

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Pubblicato da Cristian Borghetti

Cristian Borghetti è nato il 10 settembre 1970 a Lecco, dove vive e lavora. Scrive racconti e romanzi pubblicati da diverse case editrici: “Ora di vetro” - Montedit; "Tre volte all'inferno" - Perdisa Pop2; “Le cabinet Masson” - StreetLib; “Phobia” StreetLib; “Hawthorn bend” - StreetLib; “Incubus” - Weird Book "Tre volte all'inferno" - Weird Book. Ha partecipato a diverse raccolte e premi letterari: “365 Storie Cattive” - AISEA ONLUS; “Le Nereidi“ - Circolo della trama; “Tremare senza paura” e “Horror Polidori Vol. 1 e 2” - Nero Press Edizioni; “Malombre” edita da Dunwich Edizioni; “Cuori di Tenebra”, “The horror show”; “Dark&Weird vol. 3”, “I volti del male” e “Nati dalle tenebre” con Weird Book. Ha collaborato con brevi articoli ed interviste per i blog La tela Nera e Orasenzombra. Ha scritto articoli per le riviste online “Praesidivm”, “2diPicche” ed "Eresia".