I Clubs dei Ribelli

I Clubs dei Ribelli

Abbiamo trattato nell’articolo “Il Ribelle, l’Uomo Rivoluzionario” il concetto espresso da Clemente Graziani – capo del Movimento Politico Ordine Nuovo – su quell’uno su cento che può e deve opporsi alla rovina del mondo moderno. Interpretando il pensiero di Ernst Jünger, Graziani espone l’idea di costituire i Clubs dei Ribelli, quelle aggregazioni di cui abbiamo accennato in precedenza, che lasciano il gregge per formare branchi di lupi. In questi Clubs, la figura del Ribelle assume onori e oneri ben precisi, superando l’Arbeiter e il Politischer Soldat – l’Operaio e il Soldato Politico – che già si ponevano in antitesi al Borghese, attualizzando ambedue le figure Jüngeriane. Il Ribelle è per sua natura costretto a reagire alla situazione che egli non ha determinato. L’Uomo Rivoluzionario, il Ribelle, l’Uomo Libero che si rivolta al mondo moderno, a quel mondo che la decadenza morale e culturale accompagna alla distruzione, è colui che non accetta la costrizione che molti hanno scelto per comodità, che ha il coraggio di fare la storia, quella storia che solo gli uomini liberi possono scrivere.

Il Ribelle, la cui figura abbiamo tracciato nel precedente scritto, trascende gli stati della manifestazione, dell’esistenza, gli stati di necessità. Graziani, citando Jünger, scrive “La libertà è comunque data con la necessità”, a significare che la libertà, in questo mondo, è sempre condizionata da stati di necessità che la limitano. Libertà e necessità sono in correlazione, ad ogni modificazione del necessario segue sempre, una modificazione della libertà. Sempre secondo Jünger è particolarmente difficile affermare, oggi, la libertà. La ribellione richiede grandi sacrifici, ecco perché la maggior parte delle persone sceglie la sottomissione, piuttosto che l’atto eroico di fare la storia in una epoca senza storia, passando al bosco, avendo il coraggio di conservare l’uomo in quanto uomo.

Coloro che si riconoscono nel Ribelle, che si oppone alla schiavitù mondialista, che combatte senza interrogarsi sull’esito dello scontro, interpretano il proprio destino, disposti all’ascesi, a distaccarsi dal mondo alla ricerca della perfezione interiore. Questi uomini – dice Graziani – sono meritevoli di far parte di una élite spirituale, di una Ecclesia, di un Ordine, che scaturirà dal loro organizzarsi e gerarchizzarsi. Come già detto, uomini di questo stampo fanno parte della destra radicale, non asservita, che non ha ritrattato i principi fondanti, la Tradizione, lo Stato Organico, che è, di conseguenza, aristocratica e che avversa la democrazia. A questi uomini è indirizzato l’invito a dar vita ai Clubs dei Ribelli.

I Clubs sono – nella visione lungimirante di Graziani – gruppi autonomi, microstrutture di uomini nuovi, consapevoli, inseriti nella società e nel mondo del lavoro e, allo stesso tempo, aperti alle istanze rivoluzionarie. Prendere la via del bosco non significa evadere dalla società, quanto vivere al suo interno con freddo e aristocratico distacco, per conservare e diffondere la cultura della destra radicale e aristocratica. È implicito sin da subito che i Clubs – per sottrarsi alla scure della persecuzione democratica, che utilizza mezzi illegali, non ortodossi, man mano che la ribellione alla dittatura democratica si rende manifesta – dovranno agire clandestinamente, superando ciò che è passato senza dimenticarlo, proiettandosi in avanti, là dove il Ribelle valica il “meridiano zero”. La sfera d’azione dei Clubs dei Ribelli dovrà essere circoscritta per non cadere preda degli esperti in provocazione di regime, con le conseguenze che sono tristemente note proprio allo stesso Graziani.

Questi nuclei di attivazione di ribellione al sistema – definizione eccellente ed eccelsa – agiranno dunque su un piano culturale, evitando la violenza democratica e mondialista, la criminalizzazione, quella macchinazione dell’apparato repressivo contro la quale, già nel 1951, lo stesso Jünger aveva posto in guardia, e che decretò la persecuzione e la fine del Movimento politico Ordine Nuovo. I Clubs – dice Graziani – sono un’iniziativa fondamentale per raggiungere la libertà tanto agognata. I Clubs dovranno mobilitare tutti gli uomini nuovi, formarli adeguatamente, renderli all’altezza del compito, unendo la destra radicale attorno ad unico progetto condiviso, mobilitando uomini delle professioni, persone qualificate e ben inserite nell’area della loro specializzazione, docenti, studenti universitari, industriali, tecnici, managers etc. Pertanto, il Ribelle non è un emarginato, ma un uomo inserito nella società che esercita potere nel suo dominio di azione, affinché l’insieme di seppur modesti poteri, ben coordinati tra loro, permetterà l’esercizio di un potere più alto. Saranno questi uomini a garantire i mezzi finanziari per esercitare e mantenere il potere e l’esistenza stessa dei Clubs, che saranno dotati di un sistema finanziario, un patrimonio, il più frazionato possibile, gestito secondo gli interessi di ogni Club di uomini liberi. Battere il mondialismo significa soprattutto rendersi indipendenti, distaccarsi dallo strapotere monopolizzante dalle multinazionali, attivando opere di agricoltura, allevamento di bestiame, etc.

Il confronto fra diversi Clubs affinerà la preparazione del militante attraverso il confronto sociale e culturale, fino a formare nuove élites di comando, pronte ad affrontare la battaglia e battere il nemico. Contro il vivere da “bestiame bovino offerto dalla pax americana” – scrive Graziani – i Clubs dei Ribelli saranno la vera forza innovatrice, non un vano fuoco di paglia, non iniziative mutili e contraddittorie come fu il ’68.

L’auspicio, poiché nessuno è dotato di sfera di cristallo, è che l’impossibilità di lottare per valori trascendenti la sfera meramente economica, porterà le giovani generazioni alla rivolta contro la società mondialista, per l’edificazione di una società più giusta, un’opportunità da non perdere secondo il capo di Ordine Nuovo, affinché la destra radicale si ponga alla testa di un grande movimento di protesta.

In tempi di violenza sempre più generalizzata, delle istituzioni, delle associazioni delinquenziali, organizzate su scala mondiale, i Clubs dei Ribelli avranno la funzione di difendere la propria gente da qualunque aggressione, da qualsiasi parte questa provenga. L’obbiettivo – nella visione illimitata e non limitante di Graziani – è porsi alla testa di un movimento che raggiunga una dimensione planetaria, di tutti gli strati sociali. Una protesta contro la materializzazione del mondo, che si renderà potente grazie proprio al radicalismo di destra, portatore di una completa e organica visione del mondo, riverbero di una sapienza trascendentale espressa in epoche anteriori alla fase di decadenza del presente ciclo di civiltà. Solo così i Clubs prolifereranno e avanzeranno più in là di altri movimenti che spingono nella stessa direzione, siano essi politici, ecologici, religiosi o di altra natura, perché il radicalismo di destra non è intralciato nella sua azione dai tabù dominanti quali egualitarismo, democraticismo, diritti umani, integralismo, nazionalismo e simili che invece esercitano una presenza condizionante presso altri possibili integranti della rivolta.

Una visione lungimirante, dunque, ardita nel senso proprio del termine, di chi osa l’inosabile, a cui Graziani non mette un punto fermo, lasciando spazio ad interventi che possano correggere eventuali incongruenze, semmai ce ne fossero.

Il progetto Clubs dei Ribelli – precisa Graziani – rientra nell’ambito delle azioni di tipo strategico. Le modalità dell’agire del Ribelle preparano indubbiamente una nuova élite che si riconosce nel passaggio ad altra figura, l’Asceta, il Monaco, il Templare. A questa nuova élite faranno riferimento, un giorno, in strutture gerarchizzate, coloro che hanno preso la via del bosco. Sotto altri aspetti, invece, anche il Ribelle conduce una battaglia di retroguardia, come lo sono, a pensarlo bene, tutte le azioni di ribellione e di protesta, poiché esse presuppongono un certo ritardo sulla vicenda storica. Le mosse del Ribelle, avendo carattere rivoluzionario, possono portare a salti di qualità eccezionali e sconvolgenti, uno di questi potrebbe essere individuato in una valutazione diversa della fenomenologia della crisi e della catastrofe.

Come già avvertì Jünger, i tempi che si approssimano saranno caratterizzati dalla lotta di élites, o meglio, di Ordini, che si disputeranno il dominio del mondo e che anche la figura del Ribelle non sarà figura ultima e decisiva. Verrà una figura decisiva, il Monaco-Guerriero, il militante dell’Ordine, che sorgerà solo se il Ribelle assolverà i compiti che la storia e il destino gli hanno assegnato. Graziani esplicita che il Ribelle deve dunque preparare l’Humus politico, culturale sociale, dopo aver superato le altre figure che lo hanno preceduto, conservando e trasmettendo il patrimonio culturale della destra aristocratica che minaccia di essere distrutto da autodafé striscianti e tecnologici. Conservare a trasmettere quell’insegnamento tradizionale, adeguato ai tempi, che deve essere una nuova forma di culto per onorare le forze dello Spirito, costruire un Centro di Alti Studi Politici per la formazione di chi passa al bosco e proviene da ambienti accademici o ricopra incarichi di una certa importanza nella struttura tecnocratica, ed un Centro di Azione Universitaria, così che negli anni a venire il movimento ribelle al mondialismo possa contare su un certo numero di tecnici per occupare posizioni di potere là dove sta il potere reale, all’interno della struttura tecnocratica ed abbatterla.

Solo se la destra aristocratica riuscirà, programmando per tempi lunghi, ad inserire nel mondo della tecnica militanti ben indottrinati, di alta preparazione specifica, potrà dare un’impronta, imporre il proprio segno alla civiltà nascente e, nell’immediato, dare un senso, un indirizzo strategico alla lotta di migliaia di giovani, i quali spesso si perdono in azioni che, pur avendo un indubbio valore di testimonianza, rientrano in quelle che noi abbiamo chiamato “battaglie di retro guardia”.

Il solco tracciato da Graziani deve ora essere seminato da coloro che oggi incarnano l’ideale aristocratico della destra extra parlamentare. Se qualcosa è stato fatto in questo senso, non è stato incisivo a tal punto da realizzare il seguito al punto di partenza, a percorrere la via. L’autore dell’articolo, dalla sua modesta posizione di Ribelle, appartenente ad una schiera di uomini pronti e determinati, vuole essere veicolo di trasmissione e, con questi scritti, cassa di risonanza per l’adunata di tutti coloro che siano passati al bosco o vogliano varcane la linea di confine.

Per noi vale questo assunto, tratto da una pellicola seppur moderna, ma che ben incarna il significato dell’opera che vogliamo si compia anche con il nostro contributo:

“Ancora una volta nella mischia,

nell’ultima battaglia che affronterò,

vivi e muori in questo giorno,

vivi e muori in questo giorno.”

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Pubblicato da Cristian Borghetti

Cristian Borghetti è nato il 10 settembre 1970 a Lecco, dove vive e lavora. Scrive racconti e romanzi pubblicati da diverse case editrici: “Ora di vetro” - Montedit; "Tre volte all'inferno" - Perdisa Pop2; “Le cabinet Masson” - StreetLib; “Phobia” StreetLib; “Hawthorn bend” - StreetLib; “Incubus” - Weird Book "Tre volte all'inferno" - Weird Book. Ha partecipato a diverse raccolte e premi letterari: “365 Storie Cattive” - AISEA ONLUS; “Le Nereidi“ - Circolo della trama; “Tremare senza paura” e “Horror Polidori Vol. 1 e 2” - Nero Press Edizioni; “Malombre” edita da Dunwich Edizioni; “Cuori di Tenebra”, “The horror show”; “Dark&Weird vol. 3”, “I volti del male” e “Nati dalle tenebre” con Weird Book. Ha collaborato con brevi articoli ed interviste per i blog La tela Nera e Orasenzombra. Ha scritto articoli per le riviste online “Praesidivm”, “2diPicche” ed "Eresia".