Il Mondo Nuovo

di Aldous Huxley

Capitolo XVI

 

La stanza nella quale furono introdotti tutti e tre era l’ufficio del Governatore.
Sua Forderia scenderà tra un minuto.
Il maggiordomo Gamma li abbandonò a sé stessi.
Helmholtz scoppiò in una risata.
Tutto questo somiglia più a una riunione per prendere una tazza di soluzione
di caffeina che a un giudizio disse e si lasciò cadere nella più accogliente
delle poltrone pneumatiche.
In alto i cuori, Bernardo! aggiunse come il suo sguardo si posò sul viso
verdastro e triste del suo amico.
Ma Bernardo non voleva essere rassicurato; senza rispondere, senza
neppure guardare Helmholtz, si mise a sedere nell’oscura speranza di
scongiurare in qualche modo la collera delle potenze superiori.
Intanto il Selvaggio si aggirava per la camera eccitatissimo, guardando con
vaga curiosità superficiale i libri degli scaffali, i rulli a iscrizioni sonore e le
bobine delle macchine per leggere, nelle loro caselle numerate.
Sulla tavola, sotto la finestra, c’era un grosso volume rilegato in surrogato di
cuoio nero flessibile e marcato con larghe T dorate.
Lo prese e l’aprì.
“La mia vita e le mie opere” del Nostro Ford.
Il libro era stato pubblicato a Detroit a cura della Società per la Propagazione
della Conoscenza Fordiana.
Negligentemente egli voltò le pagine, lesse qua una frase, là un periodo e
stava per giungere alla conclusione che il libro non l’interessava, quando
l’uscio si spalancò, e il Governatore Mondiale Residente per l’Europa
occidentale entrò vivacemente nella stanza.
Mustafà Mond strinse la mano a tutti e tre; ma fu al Selvaggio che si rivolse:
Dunque, voi non amate troppo la civiltà, signor Selvaggio disse.
Il Selvaggio lo guardò.
Era venuto disposto a mentire, a fare il bravaccio, a chiudersi in un cupo
silenzio; ma, rassicurato dall’intelligenza benevola del viso del Governatore,
decise di dire la verità, francamente.
No! e scosse la testa.
Bernardo sobbalzò e lo guardò terrificato.
Che cosa penserebbe il Governatore? Essere catalogato come l’amico di un
uomo che afferma di non amare la civiltà, e lo confessa apertamente, e per
giunta al Governatore, era terribile.
Ma John! azzardò.
Uno sguardo di Mustafà Mond lo ridusse umilmente al silenzio.
Certo, volle ammettere il Selvaggio ci sono delle cose veramente gradevoli.
Tutta questa musica aerea, per esempio… ‘Certe volte mille sonanti strumenti
cantano alle mie orecchie, e certe volte delle voci.’ (16) La faccia del
Selvaggio si illuminò d’improvviso piacere.
L’ha letto anche lei? chiese.
Credevo che nessuno conoscesse questo libro in Inghilterra.
Quasi nessuno.
Io sono uno dei pochissimi.
E’ proibito, sapete.
Ma siccome io faccio le leggi, qui, posso anche violarle.
Con impunità, signor Marx aggiunse volgendosi a Bernardo.
Mentre temo che voi non lo possiate.
Bernardo piombò in una infelicità ancor più disperata.
Ma perché è proibito? domandò il Selvaggio.
Nella sua emozione di trovarsi con un uomo che aveva letto Shakespeare,
aveva momentaneamente dimenticato ogni altra cosa.
Il Governatore alzò le spalle.
Perché è vecchio; questa è la ragione principale.
Qui non ci è permesso l’uso delle vecchie cose.
Anche quando sono belle? Soprattutto quando sono belle.
La bellezza attira, e noi non vogliamo che la gente sia attirata dalle vecchie
cose.
Noi vogliamo che ami le nuove.
Ma le nuove sono tanto stupide e orribili! Questi spettacoli dove non c’è nulla
all’infuori di elicotteri che volano dappertutto e dove si sente la gente che si
bacia.
Fece una smorfia. ‘Caproni e scimmie.’ Soltanto con le parole d’Otello egli
poté dare un corso conveniente al suo disprezzo e al suo odio.
Dei buoni animali domestici, dopo tutto mormorò il Governatore a mo’ di
parentesi.
Perché non fate leggere loro “Otello”, piuttosto? Ve l’ho detto, è vecchio.
D’altra parte non lo capirebbero.
Sì, era vero.
Si ricordò come Helmholtz avesse riso di “Romeo e Giulietta”.
Ebbene, allora disse dopo una pausa qualche cosa che somigli a “Otello” e
che essi possano capire.
E’ quello che tutti noi abbiamo desiderato di scrivere disse Helmholtz
rompendo un lungo silenzio.
Ed è quello che tutti voi non scriverete mai ribatté il Governatore.
Perché, se somigliasse veramente a “Otello”, nessuno lo capirebbe, per
quanto nuovo potesse essere.
E se fosse nuovo, non sarebbe possibile che somigliasse a “Otello”.
Perché no? Sì, perché no? ripeté Helmholtz.
Anche lui dimenticava la penosa realtà della situazione.
Soltanto Bernardo, verde d’inquietudine e d’ansia, se ne ricordava; gli altri
non gli badavano.
Perché no? Perché il nostro mondo non è il mondo di “Otello”.
Non si possono fare delle macchine senza acciaio, e non si possono fare
delle tragedie senza instabilità sociale.
Adesso il mondo è stabile.
La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può
ottenere.
Sta bene; è al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è
serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è ingombrata
né da padri né da madri; non ha spose, figli o amanti che procurino loro
emozioni violente; è condizionata in tal modo che praticamente non può fare
a meno di condursi come si deve.
E se per caso qualche cosa non va, c’è il “soma”… che voi gettate via, fuori
dalle finestre, in nome della libertà, signor Selvaggio. “Libertà”! si mise a
ridere.
V’aspettate che i Delta sappiano che cos’è la libertà! Ed ora vi aspettate che
capiscano “Otello”! Povero ragazzone! Il Selvaggio restò un momento in
silenzio.
Nonostante tutto insistette ostinato “Otello” è una bella cosa, “Otello” vale più
dei film odorosi.
Certo, ammise il Governatore ma questo è il prezzo con cui dobbiamo
pagare la stabilità.
Bisogna scegliere tra la felicità e ciò che una volta si chiamava la grande
arte.
Abbiamo sacrificato la grande arte.
Ora abbiamo i film odorosi e l’organo profumato.
Ma non significano nulla.
Hanno un senso loro proprio.
Rappresentano una quantità di sensazioni gradevoli per il pubblico.
Ma sono… ‘sono raccontati da un idiota’ (17).
Il Governatore rise.
Non siete molto gentile verso il vostro amico Watson.
Uno dei nostri più distinti Ingegneri Emotivi…
Ha ragione lui disse Helmholtz, triste.
Infatti è idiota.
Scrivere quando non si ha nulla da dire…
Precisamente.
Ma ciò richiede la massima abilità.
Si fabbricano le macchine col minimo assoluto di acciaio, e le opere d’arte
praticamente con nient’altro che la sensazione pura.
Il Selvaggio scosse la testa.
Tutto questo mi sembra assolutamente orribile.
Si capisce.
La felicità effettiva sembra sempre molto squallida in confronto ai grandi
compensi che la miseria trova.
E si capisce anche che la stabilità non è neppure emozionante come
l’instabilità.
E l’essere contenti non ha nulla d’affascinante al paragone di una buona lotta
contro la sfortuna, nulla del pittoresco d’una lotta contro la tentazione, o di
una fatale sconfitta a causa della passione o del dubbio.
La felicità non è mai grandiosa.
Sono d’accordo disse il Selvaggio dopo una pausa.
Ma è indispensabile che sia repulsiva come quei gemelli? Si passò una
mano sugli occhi come se volesse cancellare il ricordo dell’immagine di
quelle lunghe file di nani identici sui banchi di prova, di quei greggi di gemelli
facenti la coda all’ingresso della stazione al treno monorotabile a Brendfort,
di quelle larve umane che invadevano il letto di morte di Linda, delle facce
dei suoi assalitori ripetute all’infinito.
Si guardò la mano sinistra bendata e fremette.
Orribile! Ma quanto mai utile! Vedo che voi non amate i nostri gruppi
Bokanovsky, ma, vi assicuro, essi sono il fondamento sul quale è costruito
tutto il resto.
Sono il giroscopio che stabilizza l’aeroplano-razzo dello Stato nella sua corsa
inflessibile.
La voce profonda vibrava intensamente; la mano gesticolante indicava tutto
lo spazio e lo slancio della irresistibile macchina.
L’oratoria di Mustafà Mond era quasi a livello dei modelli sintetici.
Mi domandavo disse il Selvaggio perché voi li tollerate dopo tutto, visto che
potete produrre ciò che volete in quei flaconi.
Perché non fate di ciascuno un Alfa-Doppio Plus, già che ci siete? Mustafà
Mond rise.
Perché non abbiamo nessun desiderio di farci sgozzare disse.
Noi crediamo nella felicità e nella stabilità.
Una società di Alfa non potrebbe non essere instabile e miserabile.
Immaginate un’officina gestita da Alfa, vale a dire da individui distinti e non
apparentati, di buona eredità e condizionati così da essere capaci,
limitatamente, di fare una libera scelta e di assumere delle responsabilità.
Immaginate ciò! ripeté.
Il Selvaggio cercò di immaginarselo, senza grande successo.
E’ un’assurdità.
Un uomo travasato in Alfa, condizionato in Alfa, diventerebbe pazzo se
dovesse fare il lavoro di un Epsilon semiabortito; diventerebbe pazzo o si
metterebbe a demolire ogni cosa.
Gli Alfa possono essere completamente socializzati, ma soltanto a
condizione che si faccia far loro del lavoro da Alfa.
Soltanto da un Epsilon ci si può attendere che faccia dei sacrifici da Epsilon,
per la buona ragione che per lui non ci sono sacrifici: sono la linea di minor
resistenza.
Il suo condizionamento ha posato dei binari lungo i quali deve marciare.
Non può impedirselo; vi è fatalmente predestinato.
Anche dopo il travasamento egli continua a trovarsi nell’interno di una
bottiglia, un’invisibile bottiglia di fissazioni infantili ed embrionarie.
Ciascuno di noi, beninteso proseguì il Governatore pensoso passa attraverso
la vita nell’interno d’una bottiglia.
Ma se noi ci troviamo a essere Alfa, le nostre bottiglie sono, relativamente
parlando, enormi.
Soffriremmo enormemente se fossimo in uno spazio più angusto.
Non si può versare del surrogato di spumante per caste superiori in bottiglie
di caste inferiori.
E’ teoricamente evidente.
Ma è anche stato dimostrato nella pratica reale.
Il risultato dell’esperimento di Cipro è convincente.
Di che cosa si tratta? chiese il Selvaggio: Mustafà Mond sorrise.
Ecco, potete chiamarlo, se volete, un esperimento di rimbottigliamento.
Cominciò nell’anno 473 del Nostro Ford.
I Governatori fecero sgombrare l’isola di Cipro da tutti gli abitanti esistenti e la
ricolonizzarono con una spedizione appositamente preparata di ventiduemila
Alfa.
Tutto l’equipaggiamento agricolo e industriale venne loro affidato ed essi
furono lasciati liberi di dirigere i loro affari.
Il risultato fu esattamente conforme alle previsioni tecniche.
La terra non fu convenientemente lavorata; si ebbero scioperi in tutte le
fabbriche; le leggi non erano rispettate, gli ordini venivano trasgrediti; tutti gli
individui distaccati per attendere a qualche lavoro d’ordine inferiore,
intrigavano di continuo per ottenere incarichi migliori, e tutti quelli di grado
superiore controintrigavano per restare a ogni costo dove erano.
In meno di sei anni divampò tra loro una guerra civile di prima classe.
Quando diciannovemila dei ventiduemila furono tolti di mezzo, i superstiti
unanimemente rivolsero una petizione ai Governatori Mondiali perché
riassumessero il controllo dell’isola.
Ciò che essi fecero.
E questa fu la fine della sola società di Alfa che il mondo abbia mai visto.
Il Selvaggio sospirò profondamente.
La popolazione ottima disse ancora Mustafà Mond è modellata come un
“iceberg”; otto noni al di sotto della linea d’acqua, un nono sopra.
E sono felici sotto la linea d’acqua? Più felici che sopra.
Più felici di questi vostri amici, per esempio.
E li accennò.
Nonostante il loro lavoro ingrato? Ingrato? Essi non lo trovano tale.
Al contrario, lo amano.
E’ leggero, è infantilmente semplice.
Niente sforzo della mente o dei muscoli.
Sette ore e mezzo di lavoro leggero e non estenuante, e poi la razione di
“soma” e le copulazioni senza restrizione e il cinema odoroso.
Che cosa potrebbero chiedere di più? Naturalmente aggiunse potrebbero
chiedere qualche ora di meno.
E naturalmente noi potremmo concedere loro qualche ora di meno.
Tecnicamente sarebbe la cosa più semplice del mondo ridurre tutte le caste
inferiori a lavorare tre o quattro ore al giorno.
Ma sarebbero più felici per questo? No, non lo sarebbero.
L’esperimento è stato tentato più di centocinquant’anni fa.
Tutta l’Irlanda fu messa alla giornata di quattro ore.
Quale fu il risultato? Dei torbidi e un largo incremento nel consumo del
“soma”: ecco tutto.
Quelle tre ore e mezzo di riposo extra furono così lontane dall’esser fonte di
felicità, che la gente si vide costretta ad andarsene in vacanza per sfuggirle.
L’Ufficio Invenzioni rigurgita di progetti per risparmiare la mano d’opera.
Ce n’è migliaia.
Mustafà Mond fece un largo gesto: E perché non li mettiamo in esecuzione?
Per il bene dei lavoratori; sarebbe pura crudeltà infliggere loro un riposo
eccessivo.
E’ lo stesso con l’agricoltura.
Noi potremmo fabbricare sinteticamente anche la minima particella dei nostri
alimenti, se volessimo.
Ma non lo facciamo; preferiamo lasciare un terzo della popolazione alla terra.
Per il suo stesso bene, perché si richiede maggior tempo per ottenere degli
alimenti dalla terra che da un’officina.
D’altra parte dobbiamo pensare alla nostra stabilità.
Noi non vogliamo cambiare.
Ogni cambiamento è una minaccia per la stabilità.
Questa è un’altra ragione per cui noi siamo poco disposti a utilizzare le nuove
invenzioni.
Ogni scoperta nel campo della scienza pura è sovversiva in potenza; anche
la scienza deve talvolta esser trattata come un possibile nemico.
Sì, anche la scienza.
La scienza? Il Selvaggio si accigliò.
Egli conosceva questa parola.
Ma che cosa significasse esattamente, egli non lo avrebbe saputo dire.
Shakespeare e i vecchi del “pueblo” non avevano mai menzionato la scienza,
e da Linda egli aveva ricevuto soltanto le più vaghe indicazioni: la scienza
era qualche cosa con cui si fabbricano gli elicotteri; qualche cosa che fa sì
che ci si prenda gioco delle Danze del Grano, qualche cosa che impedisce di
avere le rughe e di perdere i denti.
Egli fece uno sforzo disperato per capire il pensiero del Governatore.
Sì, diceva Mustafà Mond questo è un altro articolo al passivo della stabilità.
Non è solo l’arte a essere incompatibile con la stabilità; c’è anche la scienza.
La scienza è pericolosa; noi dobbiamo tenerla con la massima cura
incatenata e con tanto di museruola.
Cosa? fece Helmholtz al colmo dello stupore.
Ma noi diciamo continuamente che la scienza è di tutti.
E’ una sentenza ipnopedica.
Tre volte alla settimana da tredici a diciassette anni intervenne Bernardo.
E tutta la propaganda scientifica che svolgiamo al Collegio…
Sì, ma quale specie di scienza? domandò sarcasticamente Mustafà Mond.
Voi non avete ricevuto cultura scientifica, e di conseguenza non potete
giudicare.
Io ero un ottimo fisico, ai miei tempi.
Troppo bravo, bravo quanto basta per rendermi conto che tutta la nostra
scienza è una specie di ‘re dei cuochi’, con una teoria ortodossa della
culinaria che nessuno ha il diritto di mettere in dubbio, e una lista di ricette
alla quale non si deve aggiungere nulla eccetto che dietro permesso speciale
del capocuoco.
Adesso il capocuoco sono io.
Ma una volta io ero un giovane sguattero curioso.
Mi misi a fare un po’ di cucina a modo mio.
Cucina eterodossa, cucina illecita.
Un po’ di scienza reale, insomma.
Ci fu una pausa.
Che cosa accadde? domandò Helmholtz Watson.
Il Governatore sorrise.
Press’a poco ciò che sta per accadere a voialtri giovinotti.
Sono stato sul punto di essere spedito in un’isola.
Queste parole galvanizzarono Bernardo in una forma violenta e indecorosa.
Spedire me in un’isola? Balzò in piedi, attraversò di corsa la stanza e si
fermò gesticolando di fronte al Governatore.
Voi non potete spedirmi.
Io non ho fatto nulla.
Sono stati gli altri.
Giuro che sono stati gli altri.
Designò in atto d’accusa Helmholtz e il Selvaggio.
Oh! vi supplico, non mandatemi in Islanda.
Prometto che farò ciò che devo fare.
Accordatemi un’altra probabilità.
Le lacrime cominciarono a scorrere.
Ve lo ripeto, è colpa loro singhiozzava.
No in Islanda.
Oh, scongiuro Vostra Forderia, scongiuro…
E in un parossismo di umiliazione si gettò in ginocchio davanti al
Governatore.
Mustafà Mond tentò di rialzarlo, ma Bernardo persistette nel suo
atteggiamento: il flusso delle parole continuava a riversarsi inesauribile.
Finalmente il Governatore dovette suonare per il quarto segretario.
Conducetemi tre uomini ordinò e portate il signor Marx in una camera da
letto.
Somministrategli una buona vaporizzazione di “soma”, poi mettetelo a letto e
lasciatelo solo.
Il quarto segretario uscì e tornò con tre inservienti gemelli in uniforme verde.
Sempre smaniante e singhiozzante, Bernardo fu portato via.
Si direbbe che sta per essere sgozzato disse il Governatore mentre la porta
si richiudeva.
Invece, se avesse il minimo buon senso, capirebbe che la sua punizione è in
realtà una ricompensa.
Lo si manda in un’isola.
E’ come dire che lo si manda in un posto dove incontrerà la più interessante
società di uomini e di donne che si possa mai trovare al mondo.
Tutta gente che, per una ragione o per l’altra, ha preso troppo coscienza del
proprio io individuale per adattarsi alla vita in comune.
Tutta gente che non è soddisfatta dell’ortodossia, che ha delle idee
indipendenti, sue proprie.
Tutti coloro, in una parola, che sono qualcuno.
Quasi quasi vi invidio, signor Watson.
Helmholtz si mise a ridere.
Allora perché non siete in un’isola anche voi? Perché, in fin dei conti, io ho
preferito questo rispose il Governatore.
Avevo facoltà di scelta; essere spedito in un’isola ove avrei potuto continuare
a farmela con la scienza pura, ovvero essere ammesso al Consiglio dei
Governatori con la prospettiva di essere promosso in tempo utile a un posto
di Governatore Generale.
Ho scelto questo ed ho abbandonato la scienza.
Dopo una breve pausa aggiunse: Talvolta mi avviene di rimpiangere la
scienza.
La felicità è un padrone esigente, specialmente la felicità degli altri.
Un padrone molto più esigente, se non si è condizionati per accettarla senza
discutere, della verità.
Sospirò, tacque ancora, poi riprese con tono più vivace: Insomma, il dovere è
il dovere.
Non si può consultare le proprie preferenze.
Io m’interesso alla verità, io amo la scienza.
Ma la verità è una minaccia, la scienza è un pericolo pubblico.
E’ altrettanto pericolosa quanto è stata benefica.
Ci ha dato il più stabile equilibrio della storia.
Quello della Cina era disperatamente meno sicuro in confronto; anche i
primitivi matriarcati non erano più stabili di quanto lo siamo noi.
Grazie, ripeto, alla scienza.
Ma noi non possiamo permettere alla scienza di disfare il suo buon lavoro.
Ecco perché limitiamo con tanta cura il campo delle sue ricerche, ecco
perché quasi mi mandavano in un’isola.
Noi non le permettiamo che di occuparsi dei problemi più immediati del
momento.
Tutte le altre imprese vengono col massimo impegno scoraggiate.
E’ curioso riprese dopo una breve pausa leggere ciò che si scriveva all’epoca
del Nostro Ford sul progresso della scienza.
Sembrava ci si immaginasse che si potesse permetterle lo sviluppo
indefinito, senza riguardo per le altre cose.
Il sapere era il Dio più alto, la verità il valore supremo; tutto il resto era
secondario e subordinato.
E’ vero che le idee cominciavano a modificarsi, in quel tempo.
Il Nostro Ford personalmente fece un grande sforzo per trasferire
l’importanza della verità e della bellezza ai comodi e alla felicità.
La produzione in massa esigeva questo trasferimento.
La felicità universale mantiene in ordine gli ingranaggi; la verità e la bellezza
non lo possono.
E, beninteso, ogni volta che le masse si impadronivano del potere politico,
era la felicità piuttosto che la verità e la bellezza che importava.
Tuttavia, nonostante tutto, le ricerche scientifiche senza restrizione erano
ancora permesse.
Si continuava a parlare della verità e della bellezza come se fossero dei beni
sovrani.
Fino all’epoca della Guerra dei Nove Anni.
Questa li obbligò a cambiare il loro tono, ve lo dico io.
Qual è il senso della verità o della bellezza o del sapere quando le bombe ad
antrace scoppiano intorno a voi? Fu allora che la scienza cominciò ad essere
controllata, dopo la Guerra dei Nove Anni.
La gente allora era disposta a lasciar controllare anche i suoi appetiti.
Tutto, pur di vivere tranquilli.
Questo non è stato un bene per la verità, d’accordo, ma è stato eccellente
per la felicità.
Non si può avere nulla per nulla.
La felicità bisogna pagarla.
Voi la pagate, signor Watson; pagate perché vi state interessando troppo alla
bellezza.
Io m’interessavo troppo alla verità, e ho pagato anch’io.
Ma non siete andato in un’isola, voi disse il Selvaggio rompendo un lungo
silenzio.
Il Governatore sorrise.
E’ così ch’io ho pagato.
Scegliendo di servire la felicità.
Quella degli altri, non la mia.
E’ una fortuna aggiunse dopo una pausa che ci siano tante isole al mondo.
Non so che cosa potremmo fare senza di esse.
Vi ficcheremmo tutti nella camera asfissiante, suppongo.
A proposito, signor Watson, vi piacerebbe un clima tropicale? Le Marchesi,
per esempio, o Samoa? Oppure qualche cosa di più fresco? Helmholtz si
alzò dalla sedia pneumatica.
Mi piacerebbe un clima completamente cattivo rispose.
Mi pare che si possa scriver meglio se il clima è cattivo.
Se ci fosse molto vento e degli uragani, per esempio…
Il Governatore fece un segno di approvazione.
Apprezzo il vostro coraggio, signor Watson.
Lo apprezzo enormemente.
Così come, ufficialmente, lo disapprovo.
Sorrise.
Che ne dite, delle isole Falkland? Sì, credo che vadano bene rispose
Helmholtz.
E adesso, se permettete, vorrei andar a vedere che cosa è avvenuto al
povero Bernardo.

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