I rapporti dell’Italia con potere e guerre

di Piero Laporta

 

Che cos’è la guerra. Sono numerose le definizioni di guerra. Mi suggestionò più di tutte quella di Michel Foucault: «Guerra è Potere». Sintesi formidabile, con la quale si afferma il potere arrogarsi la competenza sulla vita e sulla morte delle persone.
La mia definizione è un po’ più lunga: «La guerra è rapina. Se l’assalito resiste, è rapina a mano armata». Credo renda l’idea dei rapporti che intercorrono in una guerra, oltre agli squilli di tromba, ai bei discorsi e ai tamburi rullanti. I beni di uno Stato sottratti con una guerra sono le ricchezze materiali (mobili e immobili), le sue leggi, la sua civiltà, infine la sua esistenza.
Noi stiamo alimentando la guerra in Ucraina. Facciamo bene e spiego perché, sebbene l’abbia detto più volte. Non possiamo fermare questa guerra, né orientarla né condizionarla in alcun modo. Dobbiamo quindi alimentarla affinché i grandi si azzannino il più profondamente e irreparabilmente possibile. Solo così possiamo sperare di risalire la china, in fondo alla quale i nostri grandi alleati e amici ci hanno condotto. Noi non dobbiamo fare il tifo per Biden o per Putin. Nessuno dei due è nostro amico. Dobbiamo essere consapevoli che il nemico principale di Mosca e Pechino non è Berlino, né Parigi e neppure Roma. Noi siamo il mercato di Mosca e Pechino. Il loro secolare nemico è Londra. Un missile nucleare russo su Londra non è da escludere nei prossimi mesi perché indurrebbe gli Stati Uniti a farsi da parte lasciando il caro alleato, come tutti i rimanenti sinora, a sbrigarsela da solo.
Su questo mio modo di vedere si può essere d’accordo o meno. Resta tuttavia il fatto che la guerra è in corso e noi non possiamo fare nulla per fermarla, se non pregare, sermoneggiare e picchiare energicamente sulle tastiere. Quindi meglio che i grandi si scannino fino a dissanguarsi. Se qualcuno ha un’idea migliore, si faccia avanti.
Mentre questa guerra è in corso, tutti la vedono perché i cannoni fanno rumore e le tivù di più, un’altra la subiamo da aggrediti e non ne siamo consapevoli abbastanza, lo siamo tuttavia più che nel recente passato, perché i fatti ci scoppiano davanti agli occhi. Non abbiamo tuttavia la cultura per esaminarli con profitto.
«Il contrario della pace non è la guerra» disse Aleksandr Solzhenitsyn «è la violenza». La guerra d’altronde si manifesta nella sua pienezza con la violenza. Ovvio? Non tanto. Mentre la guerra in Ucraina è in pieno svolgimento, l’Italia subisce un’ulteriore guerra, attraverso la rapina delle sue ricchezze mediante l’immissione illegale di clandestini, violando i confini marittimi grazie a un piano poggiato ad alcuni capisaldi: 1) lo sfruttamento bestiale e neocoloniale delle ricchezze dei paesi africani da parte dei paesi del G20 e in particolare del G7, fra i quali l’Italia è ben ultima; 2) le differenti politiche “umanitarie” che consentono l’uso brutale della forza sui confini francese, spagnolo, maltese e greco, ma è sacrilego se impiegato dall’Italia; 3) l’intervento ripetuto delle più alte autorità italiane per promuovere l’«accoglienza», dimenticando che essa ha un costo sociale, economico e culturale oramai insostenibile, tutt’al più utile a un generale per pianificare una svolta alla propria carriera.
Le autorità italiane fingono di non sapere la conclusione di questo fenomeno incontrollato: la violenza, il sangue nelle strade, come appunto in qualunque guerra.
La moltiplicazione degli ingressi dei clandestini nel corso del 2023 è anche conseguenza delle politiche inconsistenti di questo governo ma è soprattutto frutto delle deboli reazioni dei precedenti governi dagli anni ’90 a oggi: 30 anni. L’Italia è il ventre molle tra Francia, Spagna, Grecia e persino Malta, è quindi ovvio che l’assalto all’Italia sia vantaggioso per quanti speculano sui clandestini, in Africa, sul mare, in Italia, in Europa.
Che cosa si può fare? In realtà si è ormai obbligati a usare la forza con sagacia e fermezza, per impedire che entro breve la forza sia esercitata incontrollabilmente a causa degli scoppi di violenza, inevitabili se si lascia il fenomeno fuori controllo.
Interi quartieri di città importanti (Roma, Napoli, Caserta, Torino, Milano…) nei quali la giurisdizione italiana è aleatoria, ben saranno fuori controllo. Quanto accadde a Firenze, col rapimento di quella povera piccola, è emblematico della progressiva incapacità di garantire l’ordine pubblico.
Per ora i rapporti di forze sono ancora (ma non dappertutto) a favore delle nostre costose forze di polizia. Abbiamo più polizia d’ogni altro paese al mondo ma la sicurezza è solo nelle statistiche del Viminale. L’aggregazione di numeri sovrastanti di clandestini ribalterà i rapporti di forza a favore dei malintenzionati o, meglio, di quanti vedranno semplicemente l’opportunità di conquistare un territorio e le sue ricchezze. E’ indispensabile l’uso della forza. I provvedimenti da assumere immediatamente sono per ora possibili e sufficientemente agevoli.
1) Controllare le basi di partenza e affondare tutti i natanti che si apprestano a caricare clandestini;
2) Schierare la squadra navale e la Guardia Costiera sui confini marittimi e impedire l’ingresso di clandestini come si fa sui confini terrestri;
3) Confiscare e affondare le navi delle ONG, irrogando multe milionarie agli armatori e pene detentive non inferiori ai dieci anni agli equipaggi che partecipano al traffico di carne umana;
4) Intimare all’Unione Europea il rimborso di almeno un milione di euro per ogni clandestino maggiorenne accolto sinora e doppio per i minorenni; la mancata contribuzione toglie alla UE ogni diritto di eccepire;
5) Ove l’UE nicchi, cominciare a dare la cittadinanza e quindi il passaporto europeo a quanti diano garanzia di trasferirsi all’estero; in particolare sul confine di Ventimiglia;
6) Diffidare il Vaticano dall’interferire nelle questioni interne italiane, a meno che non contribuisca partecipando alle spese e all’accoglienza dei clandestini con una somma non inferiore a 500mila euro a testa e la disponibilità degli alloggi nei conventi, nei seminari e negli alberghi di proprietà di enti ecclesiastici, da trasferire in comodato d’uso gratuito perpetuo allo Stato italiano.
Quanti stiano per dire che tutto ciò sarebbe crudele e ingiusto, sappiano che lasciando a se stesso questo fenomeno, da qui a uno o due anni la violenza, oggi crescente ma episodica, diventerà progressivamente sistematica e incontrollabile; sarà il caos e sangue che scorre, prima in porzioni limitate del territorio poi mano a mano ovunque. E la guerra, che non abbiamo voluto vedere sinora, ci guarderà negli occhi e chiederà il conto a tutti, inclusi politici, ecclesiastici, magistrati e i troppi innocenti vittime di tutto, clandestini inclusi. Se questo governo non è in grado di fronteggiare questa guerra, si faccia da parte. Non è più tempo di attesa. Cristo Vince e non è venuto, come si sa, a portare la pace.

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