I 5 motivi per cui Twitter ha chiuso definitivamente il profilo di Trump

Trump

Fine delle trasmissioni e anche di una fase chiave della comunicazione politica americana. Twitter ha deciso di «sospendere definitivamente» l’account @realDonaldTrump, 88 milioni di follower, il più seguito, criticato, amato o detestato negli ultimi quattro-cinque anni. La società guidata da Jack Dorsey ha spiegato in una nota perché abbia messo al bando il presidente degli Stati Uniti:

«Dopo un’attenta analisi dei recenti tweet dell’account “RealDonaldTrump” e del contesto in cui operava – con riferimento specifico a come questi messaggi venivano accolti e interpretati dentro e fuori Twitter – abbiamo sospeso in via definitiva l’account a causa del rischio di ulteriore incitamento alla violenza».

I gestori di Twitter ricordano che

«le persone in posizioni di potere non possono considerarsi al di sopra delle regole» e non possono usare questo Social «per incitare alla violenza».

I due post nel mirino

Segue un esame dettagliato degli ultimi due tweet, postati da Trump l’8 gennaio 2021. Ecco il primo:

«I 75 milioni di Patrioti americani che hanno votato per me… avranno una voce da gigante nel futuro. Nessuno mancherà loro di rispetto, né saranno trattati ingiustamente in alcun modo, misura o forma».

Poco dopo è arrivato il secondo:

«Per tutti coloro che me lo hanno chiesto: non andrò all’Inaugurazione del 20 gennaio».

A giudizio di Twitter, le affermazioni del Presidente possono essere lette come «un incitamento a commettere atti violenti», considerate le tensioni negli Stati Uniti, dopo l’assalto a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio. I due tweet, quindi, violano le regole contro «la Glorificazione della violenza», fissate dal sito.

I cinque punti

Ma non basta. Il comunicato richiama l’attenzione su cinque punti. Primo: il presidente annuncia che non parteciperà all’«Inaugurazione» della presidenza di Joe Biden «e questo è stato interpretato da molti suoi sostenitori come un’ulteriore conferma che le elezioni non sono state legittime». Inoltre il tweet contraddice la nota diffusa dal suo vice capo dello staff, Dan Scavino:

«Ci sarà un’ordinata transizione di poteri il 20 gennaio».

Il secondo aspetto è forse il più inquietante: «L’annuncio che il presidente non parteciperà può servire da incoraggiamento per coloro che stanno considerando la possibilità di commettere azioni violente a Capitol Hill». Terzo: «Le parole “American Patriots” usate per descrivere alcuni dei suoi sostenitori è interpretata come un sostegno per coloro che hanno commesso atti violenti». Quarto: «Osservare che i sostenitori avranno “una voce gigante” in futuro e che non saranno trattati ingiustamente in alcun modo è interpretato come un’ulteriore indicazione che il Presidente Trump non intende affatto facilitare “un’ordinata transizione”. Il quinto punto è un allarme rosso: «I piani per future proteste armate stanno già proliferando dentro e fuori Twitter, compreso un secondo attacco al Congresso e ad altri edifici pubblici per il 17 gennaio 2021 (una domenica ndr)».

La mossa di Twitter

L’iniziativa di Twitter, quindi, conferma alcune convinzioni largamente diffuse a Washington. Innanzitutto: il «discorso della riconciliazione», postato giovedì 7 gennaio, non rispecchiava le idee di Trump. Il presidente in carica continua, sia pure in modo più ambiguo, la campagna di delegittimazione. Inoltre Twitter segnala che la rabbia dei trumpiani non è evaporata. Massima allerta, quindi, per le prossime due settimane a Washington, ma non solo. Sul piano più generale, si chiude un’epoca per la comunicazione politica. Per quattro-cinque anni Trump ha usato Twitter come una clava contro «i suoi nemici» politici, ma soprattutto come uno strumento per creare il «suo popolo», spiazzando l’intermediazione di alcuni giornali e tv. Ma facendo rete con altri media, a cominciare da Fox News. «Senza Twitter non sarei qui» aveva detto Trump, una volta entrato alla Casa Bianca. «Non seguo i suoi tweet», aveva, invece, commentato nel 2016 l’allora presidente Barack Obama. Un errore, evidentemente. La finestra @RealDonaldTrump aveva 2,8 milioni di follower a metà del 2015. A fine anno erano già raddoppiati e poi l’esplosione nel biennio 2016-2017 e la soglia stratosferica di 88 milioni. Fino al disonorevole capolinea dell’8 gennaio 2021. Un giorno storico nella breve storia dei Social.

Fonte

/ 5
Grazie per aver votato!