Cos’è il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?

La disciplina in Italia

Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stato introdotto in Italia con il decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione), che all’art. 12 prevede che chiunque “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona”. In sostanza, aiutare uno straniero sprovvisto di permesso di soggiorno, cittadinanza o altro titolo a fare ingresso in Italia costituisce reato. La pena detentiva prevista per questo reato, inizialmente fissata a un massimo di 3 anni, è stata aumentata con il decreto-legge 241/2004. Ma non solo: in seguito alle modifiche apportate al Testo unico sull’immigrazione dalla legge Bossi-Fini (legge n. 189/2002), la norma in questione punisce anche chi favorisce l’ingresso illegale di uno straniero in altri Stati. L’obiettivo di questa modifica è contrastare il passaggio nel territorio nazionale degli stranieri che non intendono entrare illegalmente nel territorio italiano per rimanervi, ma vogliono solo transitare in Italia al fine di raggiungere la loro destinazione finale in un altro Paese dell’Unione Europea. La legge Bossi-Fini ha inserito inoltre alcune ipotesi di favoreggiamento aggravato, punite con la reclusione da 5 a 15 anni e la multa di 15.000 per ogni persona. Si tratta delle ipotesi in cui si favorisce l’ingresso illegale di 5 o più stranieri, si utilizzano documenti contraffatti, o si trasporta lo straniero esponendolo a pericolo per la sua vita sottoponendolo a trattamento inumano o degradante. La pena è invece aumentata da un terzo alla metà e si applica una multa di 25.000 euro se il favoreggiamento è compiuto al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale, se riguarda l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, oppure se è finalizzato a trarne profitto, anche indiretto. Su quest’ultimo punto è anche intervenuta la Corte di Cassazione, affermando che in questi casi non è rilevante che l’attività del favoreggiatore sia stata remunerata anche solo con un compenso minimo. La Corte, pronunciandosi in maniera più generale sulle modifiche apportate al Testo unico sull’immigrazione dalla legge Bossi-Fini, ha inoltre affermato che queste “hanno accentuato il carattere di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (…) in parte capovolgendo la visione solidaristica in una esclusivamente repressiva”.

Quando si applica

Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina può essere posto in essere da qualunque individuo, sia italiano che straniero, poiché è un reato “comune”. Si tratta inoltre di un reato a condotta libera. Questo significa che il favoreggiamento può avvenire nei modi più svariati: facilitando l’ingresso clandestino di stranieri alla frontiera, fornendo allo straniero di documenti falsi, o omettendo di segnalare all’autorità di frontiera la presenza di stranieri non autorizzati a bordo del proprio veicolo. Secondo l’interpretazione della giurisprudenza, inoltre, il favoreggiamento è un reato di pericolo, nel senso che, affinché si configuri, è sufficiente aver posto in essere un’attività diretta ad agevolare l’arrivo dello straniero, indipendentemente dall’effettivo ingresso di quest’ultimo nel territorio nazionale. Non rientrano invece nell’ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina le attività poste in essere in un momento successivo all’ingresso dello straniero in Italia, come ad esempio il trasporto di immigrati clandestini da una località all’altra nel territorio nazionale. Ci sono inoltre dei casi in cui far entrare uno straniero privo di titolo nel territorio dello Stato non è reato. Il secondo comma dell’art. 12 del Testo unico sull’immigrazione prevede infatti che “non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”. Nonostante l’esistenza di questa disposizione – nota come “clausola umanitaria” – negli ultimi tempi l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione illegale è stata tuttavia utilizzata tanto contro alcune ONG impegnate nei soccorsi nel Mediterraneo, quanto contro semplici cittadini e attivisti che, portando aiuto a migranti, sono stati perseguiti come se fossero trafficanti di essere umani.

Il favoreggiamento nell’Unione Europea

All’origine delle disposizioni che in 12 Paesi dell’Unione Europea sanzionano, ad esempio, chi fornisce aiuto o offre un passaggio a uno straniero c’è la direttiva 2002/90/CE del Consiglio. Nota come “Facilitation Directive”, fornisce una definizione comune del concetto di favoreggiamento dell’immigrazione illegale: aiutare intenzionalmente il cittadino di uno stato terzo ad entrare o transitare nel territorio dell’Unione Europea in violazione della legge; aiutare intenzionalmente, a scopo di lucro, un cittadino di uno stato terzo a risiedere nel territorio dell’Unione Europea in violazione della legge; istigare o partecipare alla commissione di tali condotte. Allo stesso tempo, però, è proprio questa direttiva che stabilisce che gli Stati membri possono introdurre la cosiddetta clausola umanitaria, che mette gli operatori e i volontari che prestano assistenza umanitaria al riparo dal rischio di finire sotto processo.

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