Ha stato Putin

di Andrea Marcigliano

 

Era prevedibile. E inevitabile. Solo questione di tempo e i Media, soprattutto italiani, ci sarebbero arrivati. E infatti…

Infatti è stato Putin! Il responsabile, il mandante, il diavolo dietro all’attacco sanguinoso di Hamas ad Israele, non poteva che essere lui. Vladimir Putin, lo zar, l’autocrate. O Malamente, per eccellenza, di quella sceneggiata di quart’ordine che è diventata ormai, nella nostra vulgata, la politica internazionale.

Inoltre Putin è, palesemente, un fesso. Senza pari. Ma come? Ti dai tanto daffare dietro le quinte e, poi, ricevi, o meglio fai ricevere da un vice ministro degli Esteri, una delegazione di Hamas? E prometti loro la rava e la fava, ti schieri, li finanzi?

Ma allora altro che genio del male… lo scemo del paese, ecco quello che sei.

Questo, naturalmente, ciò che sembra venire fuori dai nostri Media. La cui veridicità, tuttavia, è alquanto dubbia. Vi ricordate quando affermavano che il, famigerato, virus usciva dopo le sette di sera? Ecco, dovrebbe bastare questo…

Ma vediamo i fatti per quello che sono. Una delegazione iraniana ha portato con sé a Mosca uno dei principali esponenti politici di Hamas. Ovvero dell’ala politica del movimento. Che non è, naturalmente, un consesso di candide verginelle. E tuttavia non va neppure confusa totalmente con le Brigate Quassan che si sono rese responsabili dell’attacco a Israele. E dei massacri di civili.

 

In Hamas coesistono diverse componenti. Lo sanno bene sia gli iraniani che i russi. Ad onor del vero lo sanno bene anche americani ed alleati. E gli stessi israeliani. Ma, in questo momento, preferiscono fingere di non saperlo. E che Hamas sia un monolite. Un unico blocco compatto. Il perché è ovvio. Tautologico spiegarlo.

Comunque, il Cremlino ha, immediatamente, offerto la sua mediazione diplomatica per evitare che il conflitto divenga un massacro (come sta ormai avvenendo) e soprattutto dilaghi. Trasformandosi da locale in globale.

E se tu vuoi cercare di mediare tra due contendenti, devi parlare con entrambi. Ti piaccia o meno.

O, per lo meno, devi cercare il dialogo con chi, sui due fronti, ha posizioni meno rigide. E questi esistono sempre, in ogni guerra.

Quella russa non è una indebita ingerenza. Risponde, invece, ad una ben precisa necessità.

La Russia ha un 14% di cittadini di fede islamica. Concentrati soprattutto nel Caucaso e nelle regioni orientali. Ma con una nutrita presenza anche sul Volga, e nella stessa Mosca. Ovvio che il Cremlino tema una incendio capace di travolgere tutto l’orbe islamico.

Inoltre l’Iran è uno dei più stretti alleati di Mosca. Alleato militare e geostrategico. E partner fondamentale in quel Cartello del gas che è una delle principali strategie portate avanti da Putin in questi decenni.

Ovvio, anche qui, che un diretto coinvolgimento iraniano nel conflitto tra Hamas e Israele, rappresenti una seria minaccia per il Cremlino.

E più procede questa guerra, più appare evidente che un attacco all’Iran si avvicini. O credete che la flotta statunitense, con le due maggiori portaerei si sia posizionata per dare la caccia alle anatre migranti?

Un attacco all’Iran – non un raid episodico come quelli effettuati, nel passato, dall’aviazione americana e israeliana – non potrebbe non costringere anche la Russia a scendere in campo. E, probabilmente, anche la Cina. Viste le ultime dichiarazioni, insolitamente dure ed esplicite, di Xi Jinping.

E da quel momento sarebbe l’apocalisse.

Quindi, cari giornalai e saccenti analisti italici, non è Putin che sta fomentando la guerra.

Semmai l’esatto contrario, visto che cerca di proporsi come mediatore di un dialogo fra le parti.

Con poche speranze, sinceramente.

Perché, per dialogare, bisogna che si sia almeno in due.

E che uno dei due non finga di essere l’aspide sordo della Bibbia.

E non sto alludendo ad Israele…

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