Tuttologia: un virus democratico

di Adriano Segatori

 

C’è una discreta epidemia che sta infettando il mondo della destra – uso questo termine che non dice concettualmente più nulla, ma serve solo a definire la differenza formale tra sinistra e centro. E in maniera ancora più specifica a quella destra che si pretende – con megalomanica supponenza – come aristocratica e rivoluzionaria.

La pestilenza del pensiero è causata proprio da quel virus che a parole i rappresentanti di questa velleitaria compagine pretendono di combattere: l’opinionismo.

È la democratica rivendicazione perfettamente descritta in poche parole da Massimo Fini: “ho diritto di dire la mia opinione”, e con questo principio “il democratico confonde la libertà di parola con la libertà di dire cazzate”. A causa di questo fraintendimento, nasce, si gonfia e si diffonde la tuttologia.

Prendete un qualunque argomento, e questi fenomeni della pseudo-intellettualità risponderanno con vanagloriosa sicumera, oppure passeranno agli insulti più volgari e plebei, alla faccia della spocchia aristocratica.

Prendono posizione con cieca tifoseria su qualsiasi argomento venga reputato di interesse per dimostrare la loro scienza innata. Dall’emergenza climatica alle energie alternative, dalla virologia alla riforma della giustizia, dall’innovazione scolastica alle terapie non convenzionali. Dal punto di vista curriculare, il vuoto, ma la libertà di parola non si nega a nessuno.

Uno degli argomenti che più scatenano la loro furia parolaia è la politica, con annessi e connessi. E l’ultima questione, che ha avuto la funzione di accrescere il loro narcisismo e la loro megalomania, è stata la guerra in Ucraina. Lì è saltata fuori la supponenza geopolitica, la presunzione storico-culturale, la spudoratezza ideologica, il vaneggiamento strategico. Ogni precisazione non conforme al loro pensiero ha scatenato una farneticazione interpretativa.

Leggi i loro scritti – accozzaglia di simbolismi mal decifrati, di contorsioni pseudofilosofiche e di inverosimili assemblaggi metaforici – e capisci che li scrivono per se stessi, per mettere un like sulle proprie condivisioni – roba da affogamento nel mitico stagno. Credono di essere le reincarnazioni di Evola, di Heidegger, di Rosenberg e di von Clausewitz soltanto perché hanno la fantasia culinaria di costruire un’insalata di concetti e di parole.

Quando, poi, si trovano a commentare qualche interlocutore non allineato alle loro fantasie passano alle irrisioni del pensiero altrui, o agli insulti sulla persona – maiale, verme, merda – o, ancora, usufruiscono, sempre per delirio di onniscienza, di diagnosi diffamatorie – impotenti anche a letto, disadattati, fuggiti dal manicomio, falliti nella vita ecc.

Nonostante la scarsa considerazione nei loro confronti, gli riconosco almeno uno sprazzo di ragionevolezza: non accettano un confronto in campo neutro in cui ognuno presenta le proprie competenze, dimostra la propria riuscita esistenziale, documenta la concretezza delle proprie azioni, espone le proprie conoscenze certificate.

Per quanto mi riguarda, meglio così! Non voglio suicidi annegati nello stagno per aver contribuito alla loro consapevolezza.

 

 

 

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