Tutto ciò che Meloni si è dimenticata di dire ad Assolombarda

di Augusto Grandi

 

È normale che un leader tenti di motivare le proprie truppe. Anche mentendo. Oppure “dimenticando” alcuni aspetti marginali durante i discorsi ufficiali. Giorgia Meloni, nel suo intervento ad Assolombarda, ha raccontato che l’Italia cresce più del previsto e più della media europea. Però ha scordato alcuni aspetti che marginali proprio non sono. A partire dal fatto che l’Italia non va “meglio” del resto dell’Europa,  bensì soltanto “meno peggio”. E c’è una notevole differenza.

Ma anche entrando nello specifico, e confrontandosi con i dati di realtà, le amnesie di lady Garbatella sono stare davvero tante. Perché, come ha rilevato il vicedirettore del Corriere della sera,  Federico Fubini, l’equilibrio economico nazionale “poggia su bassa istruzione, bassa produttività (persa a decine di punti sui concorrenti dal 1980 in poi), bassi salari, bassi consumi, bassi investimenti, bassa dimensione media d’impresa”. Il sogno, realizzato, di essere il Bangladesh d’Europa.

Con prospettive pessime, però. Perché lo scarso indebitamento delle imprese sarà anche positivo, ma la mancanza di adeguati investimenti renderà le aziende sempre meno competitive. D’altronde la strategia, anche governativa, è di abbassare ulteriormente la qualità del lavoro puntando esclusivamente sui bassi salari anche attraverso l’immigrazione più o meno clandestina.

Il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto e la fuga dei cervelli è proseguita. Inevitabilmente.

L’Italia – prosegue Fubini – è il Paese dell’Unione europea con la quota più alta di occupati a rischio di povertà (dopo Lussemburgo e Romania), superata negli ultimi anni anche dalla Grecia. L’occupazione aumenta, ma 2,7 milioni di persone che lavorano in Italia sono “a rischio di povertà”. E sarebbero molte di più, se si contasse il lavoro nero. Ma il governo assicura che bastano i contratti collettivi di lavoro. Bastano per cosa?

Dunque non stupisce se in Italia la quota di laureati (20%) sia tra le più basse fra le economie avanzate e a reddito medio e la quota di laureati più bassa, dopo la Turchia, nei settori digitali. Inoltre, malgrado il basso punto di partenza, negli ultimi vent’anni la quota dei laureati fra i giovani (25-34 anni) sta crescendo più lentamente che nel resto d’Europa: oggi sono poco più di uno su quattro, contro circa uno ogni due in Portogallo, Grecia e Spagna. E l’investimento pubblico in istruzione resta molto più basso, in proporzione alle dimensioni del Paese, rispetto a tutti i concorrenti con i quali ci confrontiamo.

Un ritardo che, assicura Fubini, determina un inevitabile ulteriore accumulo di ritardo nelle tecnologie ad alta intensità di conoscenza e investimenti del futuro, quelle che permettono di generare più valore aggiunto. “Sulla mobilità elettrica si sta investendo in Italia molto meno che nelle altre principali economie europee. Nel biotech gli eccellenti laureati italiani con le loro eccellenti start up vengono rapidamente assorbiti da realtà estere, per mancanza di un ambiente adatto nel Paese. Nei semiconduttori le grandi multinazionali asiatiche o americane non investono da noi, ma in Germania, Irlanda o Polonia”.

Tutto questo, però, è stato dimenticato da lady Garbatella. Forse i suoi ministri gliel’hanno nascosto. Forse è la strategia che le ha indicato Biden perché, se la Cina ha approfittato del Bangladesh, gli Stati Uniti possono approfittare dell’Italia, visto che quei cattivoni dei messicani non sono disposti a fare gli schiavi di Washington.

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