Tolkien cinquant’anni dopo

di Chiara Nejrotti

Settembre è il mese tolkieniano per eccellenza, non a caso il 22 cade il compleanno di Bilbo e Frodo. Il primo mese dell’autunno aveva per l’autore de Il Signore degli Anelli un’atmosfera particolare: era per lui la stagione che maggiormente predispone alla nostalgia per l’Altrove; anche la partenza dai Porti Grigi che conclude il romanzo avverrà proprio in questo periodo. Lo scrittore, come i suoi personaggi, ha lasciato la Terra di Mezzo ed è partito per le Terre Imperiture il 2 settembre del 1973; quest’anno perciò sono trascorsi cinquant’anni dalla sua morte e ovunque si ricorda e festeggia il Professore di Oxford che ha riportato l’epica nell’immaginario contemporaneo.

Partendo dalle categorie indicate da Italo Calvino, si può dire che oggi Tolkien è ormai considerato un “classico” dal punto di vista letterario. Ne cito soltanto due che mi sembrano particolarmente pertinenti: « Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»; e «Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso».

La prima definizione è confermata dal fatto che le opere di Tolkien hanno affascinato varie generazioni di lettori e continuano a farlo; a cinquant’anni dalla sua morte il suo successo permane e già negli ultimi anni della sua vita, egli si riferiva scherzosamente ad esso come al “deplorevole culto” che si andava sempre più diffondendo, tanto che il serio docente accademico era stato trasformato in un autore “pop”.

Alla domanda sulle motivazioni di tale successo il figlio Michael aveva risposto: “Almeno per me … non c’è nulla di misterioso nel successo toccato a mio padre, il cui genio non ha fatto che rispondere all’invocazione di persone di ogni età e carattere, stanche e nauseate dalla bruttezza, dall’instabilità dei valori d’accatto, dalle filosofie spicciole che sono stati spacciati loro come tristi sostituti della bellezza, del senso del mistero, dell’esaltazione, dell’avventura, dell’eroismo e della gioia, cose senza le quali l’anima stessa dell’uomo inaridisce e muore dentro di lui”. Non credo sia possibile trovare risposta migliore e più adeguata: milioni di lettori sono entrati nella Terra di Mezzo e hanno desiderato di non uscirne mai più, proprio perché si tratta di un universo archetipico, che parla alla nostra anima e al nostro spirito.

Ma vorrei soffermarmi un po’ di più sulla seconda definizione: sulle opere e sulla stessa persona di Tolkien è stato detto e scritto di tutto: è stato definito come ecologista ante litteram, tanto da diventare fonte di ispirazione per gli hippies degli anni ’60; in Italia invece, negli anni ’70, la sinistra lo snobbò e lo condannò all’ostracismo, sia perché condannava quella che considerava “letteratura d’evasione”, sia perché introdotto nel panorama editoriale da Alfredo Cattabiani e dalla casa editrice Rusconi; accadde così che, citando le parole di Paolo Gulisano, « una parte del mondo giovanile di Destra, la parte più anticonformista, più innovativa, più colta» si riconobbe in quel mondo e lo fece proprio; non quindi un tentativo di strumentalizzazione, come ancora viene a volte considerato ma un senso di affinità e di identificazione.

Quando vennero pubblicate anche in Italia le sue lettere ci si accorse che Tolkien era essenzialmente un cattolico e che anche la sua personalità, così come la sua opera, era assai più complessa e ricca di sfumature di quel che poteva apparire ad una lettura superficiale. Risulta sempre più evidente che ogni etichettatura appare riduttiva e parziale, come dimostrano gli ormai innumerevoli studi e convegni a livello accademico internazionale che trattano le molteplici sfaccettature della sua subcreazione.

Anche in Italia sono comparsi numerosi articoli a lui dedicati, sia sui quotidiani, sia in rete; feste ed eventi hanno messo a tema la sua eredità; ne cito soltanto alcuni: la due giorni intitolata The road goes ever on realizzata dall’associazione Sentieri Tolkieniani che si è svolta a fine giugno presso il castello di Macello; il Raduno di San Marino svoltosi nell’ultimo fine settimana di luglio; la Notte dell’Anello svoltasi ad Alatri lo scorso 19 agosto, che ha visto la partecipazione di Gianfranco De Turris che per primo in Italia si è occupato di Tolkien; la conferenza del professor Giuseppe Pezzini, docente ad Oxford, al meeting di Rimini, gli eventi svoltisi l’1 e il 2 settembre presso la Contea Gentile in Abruzzo e a Dozza, quest’ultimo ad opera dell’AIST (Associazione Italiana Studi Tolkieniani) e le iniziative promosse dalla STI,(Società Tolkieniana Italiana). Come si può notare da questo breve elenco, sono infatti ormai numerose le associazioni che si riferiscono a Tolkien e organizzano manifestazioni in suo onore: tutte sono caratterizzate dal felice connubio tra approfondimenti culturali e atmosfera di festa e di amicizia, aspetto che non può mancare per celebrare l’inventore degli Hobbit e della Contea.

La più importante tra le iniziative sarà la mostra dal titolo “Tolkien Uomo/Professore/Autore” che si svolgerà a Roma presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna tra novembre e gennaio, a cura di Oronzo Cilli e Alessandro Nicosia. Come ha spiegato Cilli, la mostra intende esplorare soprattutto i numerosi legami di Tolkien con l’Italia, oltre a presentarlo «come uomo, padre e amico con la sua incrollabile fede e l’amore per la propria famiglia», come accademico autore di studi e pubblicazioni di grande valore nel suo campo di studi e naturalmente come narratore e creatore della Terra di Mezzo. Inoltre vi sarà una parte dedicata a ciò che Tolkien ha ispirato nel cinema, nell’arte, nella musica e nel mondo dei fumetti. Sono stati coinvolti numerosi studiosi di fama internazionale e aspettiamo di conoscere il programma completo. Ci sarà occasione di riparlarne.

 

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