Russia, da che parte stai?

di Aleksandr Prokhanov

 

Putin si reca alle urne. Lo ha annunciato al Cremlino nella Sala di San Giorgio, dove i nomi di eroici reggimenti, batterie ed equipaggi navali sono incisi in oro su marmo bianco. Putin era circondato da eroi che tornavano dal fronte con lo scintillio delle onorificenze, con ferite non ancora rimarginate. Era circondato da vedove e madri di figli morti in guerra. Era circondato da una Russia brillante, combattiva, in lacrime e sangue, nell’ora del pericolo mortale, pronta a seguire il leader nella sua dolorosa ma inevitabile vittoria.

Nessuno dubitava che Putin sarebbe andato alle urne. Anche i suoi nemici più accaniti, quelli che con maledizioni fuggono dalla Russia e ne promettono la rovina, tutti sapevano che Putin sarebbe andato alle urne, perché sta andando alle urne per continuare un’impresa gigantesca, impossibile per un uomo comune: la causa della formazione e della grandezza russa.

Come un uomo prende un palo pesante, afferra un ramo, lo infila sotto un enorme tronco congelato al suolo e preme, strappando questo tronco dal terreno ghiacciato, gonfiandosi di vene e vene pesanti, sentendo come il ghiaccio scricchiola e il tronco lentamente, a malincuore, si gira da una parte all’altra, così Putin ha strappato la Russia segata e caduta dal terreno ghiacciato, spostandola dal suo posto. Con grande fatica, grande stregoneria, fede, affidandosi alle forze misteriose della storia russa, ha trasformato il tronco segato caduto in un albero. Ha aspettato i germogli e oggi l’albero russo cresciuto si agita con rami giovani. Su questi rami sono spuntate tutte le nuove gemme, tutti i nuovi germogli, e nei rami di questo albero ruggisce il vento – il vento della storia russa.

Putin ha portato al potere il vento della storia russa. Oggi il rombo e il fragore di questo vento ci ha portato la notizia: Putin sta andando di nuovo al potere.

Il cronista ci racconterà come l’albero dello Stato della Russia – lo Stato di Putin – ha messo radici. Ci racconterà della vittoria nella sanguinosa guerra cecena, della repressione del terrorismo dilagante, dell’addomesticamento delle sovranità violente che stavano dilaniando la Russia. Racconterà del ritorno al nuovo tempo russo della musica dell’inno sovietico e dello stendardo rosso della Vittoria, superando il tragico gap temporale. Racconterà del grande progetto “Altari e impianti di difesa”, quando al posto delle ceneri create da Gaidar sono ricomparse imprese poderose in grado di produrre le migliori armi del mondo. E nei monasteri e nei chiostri in rovina sono sorti di nuovo templi bianchi, splendenti altari presso i quali i monaci pregavano giorno e notte per la salvaguardia della Russia. Gli uomini della difesa con le loro armi perfette coprono le frontiere terrestri della Russia. I monaci con le loro preghiere proteggono i confini del cielo.

Il cronista racconterà del ritorno della Russia in Transcaucasia, quando i carri armati russi, dopo aver attraversato il tunnel di Roki, vennero in aiuto degli osseti in via di estinzione. Del ritorno della Russia in Medio Oriente, quando gli aerei d’attacco russi, bucando i cieli siriani, hanno cosparso i nidi dei terroristi di armi ultraprecise e il grande Gergiev ha tenuto il suo concerto nell’antica Palmira. Il cronista racconterà del miracoloso ritorno della Crimea, della rivolta del Donbass, della micidiale battaglia con l’Europa, quando quest’ultima, come un mostruoso ghiacciaio, ha cominciato a scivolare sulla Russia, volendola raschiare dalla storia, per riportarla giù e tagliare l’albero russo in fiore, trasformandolo in un gelido tronco.

Tutto questo sarà descritto dal cronista che costruirà la cronaca del governo di Putin. E tacerà solo della misteriosa forza mistica che ha governato Putin, ha rafforzato la sua volontà, ha illuminato la sua mente, lo ha dotato di una pazienza smodata, lo ha salvato dagli errori e lo ha reso colui che viene chiamato il prescelto.

È stato scelto dalla storia russa, trovato tra molti altri degni, portato fuori dall’ombra nella luce abbagliante della formazione russa e un veggente con esperienza mistica dirà: “Non è Putin a muovere la storia russa, ma è la storia russa a muovere Putin”. Essa cesella il corso della sua politica, la riempie di storico, di russo, di sovrumano. “Abbiamo bisogno di una grande Russia, voi avete bisogno di grandi sconvolgimenti”, disse Pëtr Stolypin, anticipando il crollo imperiale della Russia.

Oggi Putin sta portando la Russia dai grandi sconvolgimenti alla grandezza. Una grandezza che si traduce in vittorie militari, in nuove fabbriche senza precedenti, in splendidi palazzi e templi, in un ricco tesoro, in brillanti scienziati e poeti. Ma non è solo questa la manifestazione della grandezza. La grandezza della Russia sta nella sua adesione al secolare Sogno russo di uno Stato bello, un Paese divinamente giusto, dove non c’è il calpestio dei deboli, né l’arroganza dei forti, dove la giustizia unisce uomo e uomo, uomo e Stato, macchina e natura, natura animata e inanimata. Il Sogno Russo ha reso la Russia inestimabile tra le altre nazioni del mondo. Ha condannato la Russia a prendere su di sé tutta l’oscurità del mondo, trasformandola in un raggio di luce. E questa immagine mistica segreta, questo Sogno Russo aleggiava su Putin nella Sala San Giorgio del Cremlino quando ha preso la decisione di andare di nuovo alle urne.

Ci saranno elezioni. Ci sarà il voto elettronico. Ci saranno seggi elettorali intelligenti. Ci saranno musica e fiori. Ci saranno i rivali di Putin, che si condanneranno volontariamente alla sconfitta, perché questa sconfitta non è umiliante ma onorevole. Saranno tutti ai bordi del tappeto rosso, sul quale Putin camminerà con la sua andatura leggera da ufficiale e metterà la mano sulla Costituzione della Russia.

In Russia si eleggono segretari generali e presidenti. I leader non vengono eletti. Scendono dalla scala a chiocciola della storia russa.

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