La Tigre (di seta)

di Andrea Marcigliano

 

Chi ha paura della Tigre?

Beh, la risposta potrebbe sembrare ovvia… se ti dovessi trovare davanti il grande felino, o ti chiami Sandokan, o la paura, anzi il terrore ti afferrerebbe e farebbe letteralmente tremare…

Però la tigre ha anche un suo, indiscutibile fascino. Borges ne fa – nelle sue liriche e in alcuni, folgoranti, racconti – l’epifania della Bellezza. Una Bellezza inquietante. Terribile proprio perché assoluta. E credo che in molti ricordino i versi di William Blake, da “Canti dell’innocenza e dell’esperienza”:

Tyger! Tyger! Burning bright

In the forests of the night,

Wath Immortal hand or eye

Could frame thy fearful symmetry?

 

Tigre! Tigre! Ardi brillante

Nelle foreste della notte,

Quale mano o occhio immortale

Diede forma alla tua agghiacciante simmetria?

 

Solo che la Tigre che oggi incute tanta, generale, paura, è una fiera ben strana. Una tigre di… seta.

Ovviamente, sto parlando della Via della Seta 2.0. il grande progetto strategico che è al centro della politica internazionale di Pechino. E che tante preoccupazioni (per usare un eufemismo) suscita a Washington e Londra.

Questa Tigre di seta fa davvero paura. E, al tempo stesso, anima enormi aspettative. Perché potrebbe essere foriera di grande sviluppo, economico e sociale, per tutti i paesi coinvolti.

 

“Il Memorandum Via Della Seta è un accordo di cooperazione commerciale e lo abbiamo fatto per dare una mano alle nostre PMI che da sole non possono competere con i giganti tedeschi, francesi nei difficili mercati di Cina, Asia e Africa. Sarebbe sciocco se il governo Meloni uscisse uscisse dell’accordo e rendesse la vita alle nostre aziende esportatrici ancora più più difficile di quanto non lo sia già, ancor più che la nostra economia galleggia solo grazie all’export e l’export cresce proprio nei paesi della via della seta. Rompere il Memorandum andrebbe contro gli interessi dell’Italia”.

Così Michele Geraci, professore di economia a Shangai, che da Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico nel primo governo Conte, fu il principale estensore di questo Memorandum, con il quale l’Italia è entrata nel progetto della Via della Seta.

Un memorandum che, oggi, il governo Meloni appare deciso a denunciare. Uscendo dall’accordo di collaborazione con Pechino.

Una decisione che viene, però, tenuta sottotraccia. In sordina, con la collaborazione dei grandi Media e dei “giornaloni” sempre proni al volere di qualsiasi governo si insedi a Roma.

Eppure è una decisione che non potrà non avere pesanti conseguenze per il nostro export. E non solo.

Certo, il Ministro degli Esteri Tajani si è precipitato a Pechino, per spiegare la posizione dell’Italia. Che vuole rompere l’accordo, ma continuare a mantenere ottimi rapporti commerciali con la Cina.

I dirigenti cinesi lo hanno trattato con gentilezza. Sorridendo. Come sembra sorridere un felino, gatto o tigre che sia, prima di balzare sulla preda. E sbranarla.

Lui, però, è tornato tutto contento. E il governo sta decantando un grande successo diplomatico.

Dimenticando che la Via della Seta 2.0 rappresenta il cuore della Dottrina di Xi Jinping. Il Presidente cinese più potente dai tempi di Deng Xiaoping. E che per Pechino non è solo “questione di affari”, ma anche un modo per pesare il gioco delle alleanze strategiche sulla scena internazionale.

Semplificando: per segnare sulla lavagna Buoni e Cattivi. Amici e Nemici. Che è, poi, uno dei punti fondamentali di qualsiasi dottrina politica e geopolitica.

Molte le domande che si affollano. Perché uscire da un accordo che ci portava molti vantaggi? Chi ha preso la decisione? Da dove è venuto… l’ordine? Visto anche che tutte le, principali, organizzazioni economiche e industriali italiane non sembrano per nulla contente di questa scelta…

Domande alle quali i politici, di maggioranza e opposizione, tendono a sottrarsi. Con palese imbarazzo. Un silenzio… assordante.

Qualcuno, però, sembra non avere paura della Tigre di Seta. E il think tank internazionale “Il Nodo di Gordio” riunirà questi “pochi” – “Noi pochi, felici pochi…” direbbe l’Enrico V di Shakespeare – a Trento venerdì 15. Una tavola rotonda cui parteciperanno Michele Geraci, Gianni Alemanno, Marco Rizzo e l’assessore alla cultura della provincia Mirko Bisesti.

La Tigre può fare paura… ma la sua Bellezza è… abbagliante. E, poi, i veri uomini, se vogliono fare cose grandi, devono, come in un antico detto indiano, osare… cavalcarla.

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