Italia, la peggiore per retribuzioni reali. Ma i tg neomeloniani raccontano la crescita che non c’è

di Augusto Grandi

 

Ci vorrebbe un po’ di fortuna, a volte. Ed anche un briciolo di decenza e dignità nel fornire informazioni. Invece è andata male al governo ed ai chierici della disinformazione melonizzata. È sufficiente andare a controllare i Tg5 delle scorse settimane per ritrovare l’enfasi con la quale era stato annunciato che gli italiani sono più ricchi, che il potere d’acquisto è cresciuto. E se il popolo bue non spende è solo perché è taccagno e preoccupato.

Poi arriva l’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) a certificare che l’Italia è da record, certo, ma negativo. A fine 2022, rispetto al periodo precedente la pandemia, le retribuzioni reali, cioè al netto dell’inflazione, sono calate in Italia del 7,5% contro una media Ocse del 2,2%. In Francia, nello stesso periodo, le retribuzioni reali sono aumentate dell’1,5%; in Germania sono scese ma del 3,2% mentre il segno meno è stato del 4% in Spagna e del 2,3% negli Stati Uniti. E le previsioni per il 2023-24 non sono confortanti per l’Italia, dove l’Ocse stima che i salari nominali saliranno del 3,7% quest’anno e del 3,9% il prossimo mentre l’inflazione dovrebbe aumentare rispettivamente del 6,4% e del 3%.

Dunque non solo non si è recuperato il potere d’acquisto delle famiglie, ma la situazione peggiorerà ulteriormente quest’anno.

Non a caso è stato previsto l’ennesimo intervento caritatevole del governo per le famiglie più povere. Perché, al di là delle menzogne ufficiali, al governo sanno benissimo che le demenziali politiche di servilismo atlantista stanno distruggendo le famiglie italiane. E va bene la carità ai più poveri, ma le continue stangate contro il ceto medio creano le condizioni per impedire ogni ripresa strutturale. Si sta riducendo progressivamente il mercato domestico,  puntando esclusivamente sulle esportazioni garantite dallo sfruttamento del lavoro.

Ma tanto ci sono sempre i disinformatori neomeloniani pronti a raccontare che tutto va bene, madama l’atlantista.

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