Il Principe

di Niccolò Machiavelli

 

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Gli eserciti ausiliari, i misti e i propri

  1. Altri eserciti inutili sono gli eserciti ausiliari, vale a dire quelli che hai quando chiedi ad un potente di venire con le sue armi ad aiutarti e a difenderti. Così fece di recente papa Giulio II allorché, dopo aver visto nell’impresa di Ferrara la cattiva prova fornita dalle sue milizie mercenarie, si mise d’accordo con Ferdinando, re di Spagna, perché venisse ad aiutarlo coi suoi uomini e le sue armi. Gli eserciti ausiliari possono essere ottimi in se stessi, ma sono quasi sempre dannosi per chi li chiama, poiché se essi perdono, subisci una disfatta, e se vincono, reti loro prigioniero.

  2. Benché la storia antica sia piena di questi esempi, preferisco continuare a servirmi dell’esempio recente di papa Giulio II. La sua decisione non poteva essere più sconsiderata dato che, per ottenere Ferrara, si legava mani e piedi a uno straniero. Ma la sua buona fortuna fece nascere una terza soluzione, evitandogli di subire le conseguenze non liete di una cattiva scelta. L’esercito ausiliario degli Spagnoli, infatti, fu messo in fuga a Ravenna dai Francesi, ma sopraggiunsero gli Svizzeri, mercenari del papa che, contro ogni previsione sua e altrui, sconfissero a loro volta i Francesi. In tal modo il papa non rimase prigioniero dei nemici, che erano stati sconfitti, né dei suoi ausiliari, poiché era riuscito a riportar la vittoria con armi diverse dalle loro. I Fiorentini, essendo completamente privi di esercito, assoldarono diecimila Francesi davanti a Pisa, per espugnarla, e questa decisione fu la più pericolosa che essi poterono prendere in quegli anni agitati. L’imperatore di Costantinopoli (Giovanni Cantacuzeno), per opporsi ai suoi vicini, fece entrare in Grecia diecimila Turchi i quali, finita la guerra, non se ne vollero andare via, così che la Grecia restò asservita agli infedeli.

  3. Chi si vuole dunque trovare nell’impossibilità di vincere, si valga delle truppe ausiliarie, molto più pericolose delle mercenarie. Con le ausiliare la rovina è certa: sono tutte unite e tutte rivolte a obbedire a qualcun altro. Le mercenarie, invece, anche dopo una vittoria, hanno bisogno di maggior tempo e di opportune occasioni per colpirti, sia perché non costituiscono un corpo unico, sia perché sono state scelte e pagate da te. E la persona che hai messo a capo di esse, non può immediatamente disporre di una autorità sufficiente per nuocerti. Insomma, nelle truppe mercenarie è più pericolosa l’inerzia, nelle ausiliarie il valore.

  4. Ogni principe saggio, pertanto, ha sempre evitato di servirsi degli eserciti, usando i propri. E ha preferito perdere con i suoi, piuttosto che vincere con gli altri, giudicando falsa la vittoria ottenuta con armi non sue. Non avrò mai esitazioni a citare come esempio Cesare Borgia e le sue operazioni militari. Questo duca entrò in Romagna con le milizie ausiliarie, conducendovi truppe francesi, e con esse conquistò Imola e Forlì: Ma non essendo sicuro della loro fedeltà, si rivolse alle milizie mercenarie, ritenendo che esse fossero meno pericolose, e assoldò gli Orsini e i Vitelli. Poiché, nel servirsene, trovò che anche queste truppe erano sospette, infedeli e pericolose, le eliminò, e adoprò le sue. Si può facilmente vedere quale differenza esista fra l’una e l’altra di queste milizie, quando si consideri quanto variò il prestigio del duca da quando disponeva dei soli Francesi, o degli Orsini e dei Vitelli, a quando rimase padrone di se stesso con i suoi soldati. Il suo prestigio crebbe sempre e raggiunse il suo massimo allorché ciascuno vide ch’egli era interamente padrone delle sue armi.

  5. Non volevo allontanarmi dagli esempi recenti della storia italiana, tuttavia non voglio neppure trascurare il caso di Gerone di Siracusa, poiché di lui ho già parlato. Costui, come io dissi, fu messo dai Siracusani a capo delle truppe e capì subito che i soldati mercenari non potevano essergli utili, poiché i loro condottieri assomigliavano ai nostri italiani. Ritenendo di non poterli né conservare né lasciare andare via, li fece tutti tagliare a pezzi. Dopo di ciò combatté con le sue armate, e non con le altrui. Voglio ancora ricordare un episodio del Vecchio Testamento che fa proprio al caso nostro. Quando Davide disse a Saul di essere pronto a combattere Golia, provocatore e filisteo, Saul, per infondergli coraggio, decise di dare a Davide la sua corazza e le sue armi. Ma Davide, quando indossò quelle armature, le rifiutò, dicendo che con esse non sarebbe stato sicuro di se stesso, e preferì affrontare il nemico con la sua fionda e il suo coltello. Insomma, le armi altrui o ti cascano di dosso, o ti pesano, o ti stringono.

  6. Carlo VII, padre di re Luigi XI, dopo aver liberato la Francia dagli inglesi, capì che gli era necessario dotarsi di eserciti suoi e istituì nel regno l’arma della cavalleria e l’arma della fanteria. Ma poi Luigi XI rinunciò alla fanteria e cominciò ad assoldare gli Svizzeri. Come oggi è evidente, questo errore, seguito da altri, ha messo in pericolo quel regno. Avendo dato credito agli Svizzeri, quel re ha indebolito il suo intero esercito perché, eliminando del tutto la fanteria, ha costretto la cavalleria a dipendere dalle armi altrui. La cavalleria francese, essendosi abituata a combattere insieme con gli Svizzeri, è convinta di non poter vincere senza di essi. La conseguenza è che essa non è in grado di mettersi contro gli Svizzeri, e senza gli Svizzeri, non osa mettersi contro gli altri. Gli eserciti della Francia, dunque, sono stati misti, in parte mercenari e in parte propri. E gli eserciti misti sono molto migliori di quelli che sono soltanto mercenari o soltanto ausiliari, ma molto inferiori ai propri. L’esempio che abbiamo fatto dovrebbe bastare, perché il regno di Francia sarebbe invincibile se l’ordinamento introdotto di Carlo VII fosse stato mantenuto e potenziato. Ma l’imprevidenza può indurre gli uomini a scegliere cose che al momento hanno buon sapore, e all’interno sono ripiene di veleno. Qualcosa di simile dissi, al capitolo 3, a proposito della tisi.

  7. Pertanto, il principe che non individua il male fin dal suo primo manifestarsi non è veramente saggio. Ma questa capacità è concessa a pochi. E se si volesse cercare la prima causa della rovina dell’impero romano. La si troverebbe nel fatto che esso cominciò ad assoldare i Goti. Da quel momento le armate dell’impero cominciarono ad indebolirsi, e tutta la forza che esse perdevano, passava agli altri. Senza possedere milizie proprie, nessun principato è sicuro, e finisce anzi per dipendere completamente dalla fortuna, poiché non possiede forze capaci di difenderlo fedelmente fedelmente nelle avversità. Gli uomini saggi, del resto, hanno sempre ripetuto “che niente è più fragile e più instabile della fama di una potenza la quale non si regga sulle proprie forze”. E le sole forze proprie sono quelle composte dai tuoi sudditi, dai tuoi cittadini o da gente che tu abbia favorita e protetta. Tutti gli altri sono mercenari o ausiliari. Sarà facile trovare il modo di organizzare le proprie forze, se si esamineranno le norme adottate nei quattro esempi sopra citati e se si esaminerà come Filippo II padre di Alessandro Magno, e molte repubbliche e principati seppero armarsi e organizzarsi. Mi affido interamente a tutti questi esempi.



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