Il grande discorso dello Zar

di Andrea Marcigliano

 

Distratti dai, confusi, avvenimenti che hanno travagliato la Russia in queste ore, abbiamo prestato tutto sommato ben poca attenzione al discorso di Vladimir Putin. Il primo discorso, quello tenuto quando sembrava che la Wagner fosse in procinto di marciare su Mosca, e Prigozhin di scatenare la guerra civile.

È sembrato un discorso abbastanza duro, certo, con un forte appello all’unità patriottica… parole pronunciate in una situazione di emergenza, per cercare di coprire una forte difficoltà interna. O – e il dubbio è lecito – per mascherare, in perfetto stile russo, una strategia volta a confondere il nemico occidentale. Nulla di più, comunque.

E, invece, è stato un discorso politico molto importante. Perché, al di là delle motivazioni per le quali lo ha pronunciato, Vladimir Putin ha tracciato il profilo ideologico della sua Russia. Segnando un punto di svolta, e rileggendone la storia del secolo scorso.

Storia tormentata. Che ha visto nel breve giro di un secolo – quello che Hobsbown ha, significativamente, definito il “secolo breve” – crollare, prima il secolare impero degli Zar, ed affermarsi quello dei Soviet. E poi anche questo tracollare. Aprendo una lunga stagione di incertezza interna e di debolezza esterna. Dalla quale, ora, la Russia sembra, faticosamente, uscire.

Il discorso di Putin ha rappresentato una lettura insolita della storia russa. Totalmente compresa in un’ottica internazionale. O, più esattamente, nell’ottica di quello che, con felice metafora, Kipling definì, a suo tempo, il Grande Gioco.

Ovvero la, lunghissima, sfida tra Russia e Gran Bretagna – poi Stati Uniti, e comunque mondo anglosassone – per il controllo del Cuore del Mondo. Che, come scrive Mckinder, è la chiave per il dominio sul Mondo intero.

Questa prospettiva non dovrebbe, però, meravigliarci più che tanto. Lo Zar si è formato, e forgiato, nel Primo Direttorio di quella complessa macchina che era il KGB sovietico. Il servizio che si occupava dello spionaggio all’estero. E che, per sua natura, reclutava membri decisamente più preparati a livello intellettuale. E, soprattutto, aperti a prospettive più complesse.

Putin ha sempre mirato, sin dall’inizio della sua ascesa, a riunificare le Russie in una prospettiva di recupero di tutta la storia nazionale. Di qui le rivalutazioni sia degli ultimi Romanov, sia dello stesso Stalin. Visto, più che come il tiranno bolscevico, come l’uomo che seppe tenere insieme il paese ed unito il popolo durante la Grande Guerra Patriottica..

Rivalutazioni che hanno fatto molto discutere. E sulle quali, certo, ci potrebbe essere molto da dire. Tuttavia, quello che qui conta non è la riflessione sul piano storico, bensì l’intento ideologico.

Che, ora, viene definendosi in modo ancora più netto.

Perché, in questo discorso, il Presidente russo ha riletto i nodi cruciali della storia recente. Come una costante lotta tra le forze che tendono a saldare i legami identitari della Russia, e quelle che, invece, ne perseguono la disgregazione.

Forze, queste ultime, sempre manovrate dall’estero. Al servizio di interessi e potenze che mirano a distruggere la Santa Madre Russia.

Così la caduta degli Zar, la guerra civile, la Rivoluzione Bolscevica vengono lette come azioni eterodirette. Volte alla disgregazione della Russia. In questa ottica, Lenin e Trotzki appaiono come agenti di potenze aliene. Di un mondo occidentale che ha sempre visto nell’identità e nella potenza russa l’ostacolo principale alla affermazione del suo modello globale.

Allo stesso modo il crollo dei Soviet, Gorbacev, gli anni folli di Eltsin, la svendita e disgregazione dell’Impero, appaiono come il portato dell’azione di potentati finanziari e politici occidentali. Soprattutto anglosassoni. Gli stessi che sono dietro alle rivoluzioni colorate. Gli stessi che finanziano il regime ucraino. Gli stessi che hanno, vanamente, tentato di manovrare Prigozhin. Per precipitare, ancora una volta, la Russia nel caos. E nella Guerra Civile.

Lo Zar appare, nonostante i gufi dei media occidentali, ben saldo al potere. Tuttavia è, evidentemente, cosciente che l’anagrafe non gioca a suo favore. E comincia a pensare alla Storia… ovvero al lascito per la Russia degli oltre vent’anni del suo comando.

In questo discorso, pur pressato dall’emergenza, ne ha tracciato il profilo.

 

Andrebbe letto con, molta, attenzione. Per cercare di decifrare il futuro geopolitico del mondo che verrà.

/ 5
Grazie per aver votato!