I Brics e il nuovo ordine economico mondiale

di Azzurra Tavelli

 

Dalla crisi del 2008 si sta affermando un nuovo ordine economico mondiale, in cui i BRICS diventano un polo di attrattività sempre maggiore rispetto ai Paesi del G7. Come mai?

Nel 2001 viene coniato il termine BRIC, con cui Jeffrey O’Neill di Goldman Sachs identifica nella sua pubblicazione “Building Better Global Economic BRICs” le quattro maggiori economie emergenti dell’epoca: Brasile, Russia, India e Cina. 

Dal 2006 questi Stati iniziano a riunirsi informalmente ai margini dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e nel 2009 avviene a Ekaterinburg la prima riunione formale; da quel momento i paesi BRICS si riuniscono formalmente una volta l’anno, e la loro cooperazione è aumentata sempre di più fino ai giorni nostri.

Inizialmente gli incontri tra i Presidenti brasiliano, cinese, indiano e russo hanno ad oggetto la situazione economica mondiale, una proposta di riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e, in prospettiva più ampia, una proposta di collaborazione permanente tra loro. Progressivamente le discussioni si ampliano, andando a toccare temi quali l’inclusione negli affari globali dei Paesi emergenti e la necessità di una nuova valuta alternativa al dollaro da utilizzare come riserva internazionale. Già con i primi sforzi i BRIC ottengono la riforma del 2010 delle quote degli Stati membri in seno al Fondo Monetario Internazionale.

Sulla scia del primo successo, nel 2010 il Sudafrica intensifica i propri tentativi di entrare a far parte del gruppo; l’anno successivo riesce, e da quel momento in poi si inizia a parlare di BRICS. La cooperazione tra i membri del gruppo aumenta, approdando ad incontri tra i ministri delle Finanze ed i governatori delle Banche Centrali degli Stati membri, tra i ministri dell’Agricoltura, tra quelli dell’Ambiente e ad altri summit, tra cui quelli nel settore della salute, del lavoro e della sicurezza nazionale. Al 2014 risale il Contingent Reserve Arrangement, un framework di 100 miliardi di dollari che provveda all’iniezione di liquidità e strumenti precauzionali in risposta a potenziali o attuali difficoltà nella bilancia dei pagamenti.

I tentativi di far sentire al mondo occidentale e sviluppato la voce dei Paesi emergenti si intensificano, e approdano in quello che rappresenta il più grande risultato del gruppo: la creazione nel 2015 della New Development Bank. L’istituto finanziario gode di un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari (iniettato in parti uguali tra tutti i BRICS) e pur avendo inizialmente come scopo la promozione di progetti infrastrutturali in Paesi emergenti, col tempo ha allargato il proprio ventaglio di possibilità. Ad oggi vengono promossi, oltre a progetti di trasporto e infrastrutturali, quelli di efficientamento energetico, sanificazione e gestione delle acque, protezione ambientale, infrastrutture digitali e a sfondo sociale.

I BRICS stanno inoltre ipotizzando un sistema di pagamenti che rappresenti un’alternativa all’occidentale SWIFT, così come di creare una valuta comune alternativa al dollaro statunitense da utilizzare per le transazioni internazionali (idea in agenda al summit del 2023 in Sudafrica).

Tutte queste conquiste hanno reso i BRICS un polo di attrazione sempre maggiore con il passare degli anni, tanto che dal 2020 sono iniziate le discussioni tra gli attuali membri per allargare la partecipazione del gruppo a nuovi Paesi. Nel 2022 hanno presentato richiesta formale di membership Algeria, Argentina, e Iran; nel 2023 è stato il momento invece di Bangladesh, Egitto, Etiopia e Indonesia; hanno inoltre manifestato il loro interesse a aderire circa altri trenta Stati[1].

I motivi di attrattività sono però anche altri. I BRICS rappresentano circa un quarto della superficie terrestre, metà della popolazione e quasi il 30% del PIL globale; individualmente rientrano tra i dieci Paesi più popolosi al mondo; sono stati tutti più o meno interessati da una crescita economica notevole e costante nel tempo; soprattutto rappresentano per la prima volta una valida alternativa al framework di G7, G20 e delle istituzioni finanziarie di Bretton Woods.

Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica incarnano un’idea rivoluzionaria rispetto all’ordine economico a cui eravamo abituati fino a prima della crisi del 2008, e hanno dimostrato che per i Paesi emergenti è possibile non soltanto raggiungere una crescita economica ma anche far sentire la propria voce, e di conseguenza proporre alternative di sviluppo che non siano costruite su dettami occidentali. Anche l’eterogeneità nell’organizzazione statale e politica dei cinque Stati dimostra come per arrivare ad un punto di incontro e mettere in atto una cooperazione duratura ed efficace non sia necessario uniformarsi ai modelli occidentali, quanto piuttosto basarsi sulle varie esperienze nazionali: questo è forse il punto che più ha contribuito alla crescita di consenso intorno a loro.

È altrettanto vero che i BRICS non sono immuni da tensioni e problemi. Brasile e Sudafrica sono storicamente sotto la sfera di influenza degli Stati Uniti, in quanto potenze economiche regionali che necessitano di particolare attenzione. Cina e Russia invece, considerati soprattutto la guerra in Ucraina e il ravvivarsi delle tensioni con Taiwan degli ultimi tempi, vivono in un clima di tensione con Washington.

L’India invece mantiene un atteggiamento in generale più neutro, tentando da un lato di districarsi tra il conflitto territoriale con la Cina sull’Himalaya e dall’altro di non attaccare apertamente la Russia per l’aggressione ucraina; tuttavia, un avvicinamento latente all’occidente è evidente, visto il duplice principale obiettivo del Presidente Modi: rendere il Paese hub tecnologico e potenza economica regionale, cosa che si scontra con le ambizioni di Pechino; ed evitare le condanne internazionali in caso di schieramento diretto e conclamato pro-Cina o pro-Russia. Sicuramente il summit BRICS in Sudafrica di agosto 2023 sarà cruciale in questo frangente, ma in generale anche tutto il 2023 rappresenta un anno fondamentale per il futuro dell’alleanza.


[1]Afghanistan, Angola, Arabia Saudita, Bahrain, Bielorussia, Comore, Emirati Arabi Uniti, Gabon, Guinea-Bissau, Honduras, Kazakhstan, Messico, Nicaragua, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Sudan, Siria, Thailandia, Tunisia, Turchia, Uganda, Uruguay, Venezuela e Zimbabwe.

/ 5
Grazie per aver votato!