Guerre persiane

di Andrea Marcigliano

 

Si stanno preparando le, novelle, Guerre Persiane?

Per quanto formulata in modo abbastanza leggero, la domanda non è solo legittima. Risponde a una logica stringente.

 

Cerchiamo di analizzare la scena complessiva.

L’Iran rappresenta da sempre una spina nel fianco per Washington. Il tentativo di Obama di trovare un accordo è fallito. Per una molteplicità di ragioni, non solo per una impuntatura del suo successore, Donald Trump. Tant’è che l’Amministrazione Biden non ha ripreso la linea di Obama. Anzi, ha inasprito le sanzioni e, quindi, le tensioni con Teheran.

La guerra in Ucraina ha, per altro, avvicinato sempre più l’Iran alla Russia.

Che è, ora, il suo migliore alleato.

Una scelta di fronte sempre più chiara e netta. Che rende la Repubblica Islamica ancor più un obiettivo strategico per Washington e i suoi alleati. Non si può isolare Mosca, e circondarla con una sorta di “cordone sanitario”, senza mettere fuori gioco Teheran. Preferibilmente provocando un Regime Change. O, come si usa dire oggi, una nuova Rivoluzione Colorata.

 

Tuttavia, tutti i numerosi tentativi di destabilizzazione dall’interno, le manifestazioni di piazza, le proteste, si sono rivelati inutili.

Esattamente come il separatismo fomentato nelle etnie diverse che compongono il mosaico iraniano. A parte il problema cronico del separatismo baluci – in verità oggi più sopito che in passato – arabi, azeri ed altri sembrano assolutamente tranquilli.

Insomma, la Repubblica degli ayatollah appare salda al potere.

 

I problemi per Teheran vengono, semmai, dal Caucaso. Dove il riavvicinamento dell’Armenia agli USA, con tanto di manovre militari congiunte programmate, rappresenta una concreta minaccia. Molto più per Teheran che per Mosca.

 

Ma, naturalmente, la questione centrale è il perdurante conflitto sotto traccia con Israele. Che mai è stato combattuto direttamente sui territori dei due Stati, ma che ha visto scontri indiretti in Libano e Siria. Oltre a periodici raid dell’aviazione israeliana anche in Iraq. E, occasionalmente, su obiettivi strategici nello stesso Iran.

 

Questo impasse potrebbe, però, venire superato nell’attuale situazione. Teheran sta venendo accusata di essere il principale sostenitore di Hamas. Cosa vera solo in parte. Perché, certo, gli esperti iraniani, soprattutto i gruppi Qods, hanno dato inquadramento e struttura militare agli uomini di Hamas. Nell’ottica di inserire una spina nel fianco di Israele.

Ma l’organizzazione islamica palestinese è molto più dipendente dal sostegno economico del Qatar. Dove, per altro, risiedono i suoi vertici.

Tenendo anche conto del fatto che Hamas è un’organizzazione sunnita radicale. E il regine iraniao è sciita. Due posizioni inconciliabili, se non solo superficialmente.

Però nessuno parla del Qatar. Legatissimo a Washington e, al contempo, sponsor, finanziatore, di tutto l’estremismo jihadista islamico.

 

La tempesta si addensa su Teheran. E Washington, ancora più di Gerusalemme si prepara a regolare i conti.

Ma non è così facile.

L’Iran è una potenza militare. E l’alleanza con la Russia va considerata seriamente. Un deterrente importante. Anche se, in questo momento, alla Casa Bianca sembra si ragioni molto diversamente. Purtroppo.

 

E, poi, c’è la Cina. Che si è molto spesa per rilassare i rapporti tra Teheran e Riadh. Fondamentale per rendere sicure le grandi Vie – quella della seta e quella marittima – che rappresentano il cuore dell’espansione cinese. Che è, e vuole rimanere, pacifica.

Penetrazione senza conflitti. Il motto che riassume il pensiero di Xi Jinping. E poi la Cina dipende in parte dal gas e dal petrolio iraniani. Ed è pronta a difendere i suoi interessi. Vitali.

 

Eppure, oggi, vi sono troppe voci in Occidente che accusano la Cina di essere dietro a Teheran. E, quindi, indirettamente dalla parte di Hamas.

Discorsi pericolosi, che hanno spinto Pechino a prendere una posizione insolitamente rigida sull’eventualità, assai probabile, che Gaza divenga un mattatoio.

Discorsi, al tempo stesso, che rischiano di mettere fuori gioco, o costringere a schierarsi da una parte, l’unica potenza che, in questo momento, potrebbe esercitare un ruolo di mediazione. Evitando, così, un conflitto di proporzioni quasi inimmaginabili.

 

Guerre Persiane… una vecchia storia tratta da Erodoto. Che potrebbe, però, divenire sinonimo di, nuova, guerra mondiale.

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