Gli Stoici ci spiegano perché non dovremmo avere paura della fine del mondo

di Veronica Fantini

 

Un altro anno è finito. La Terra ruota ancora attorno al Sole. La razza umana non si è ancora estinta. Tutto sommato, anche questo 2023 ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutti coloro che credevano che il nostro pianeta si sarebbe distrutto alla fine dell’anno. Paura, sconforto e preoccupazione si annidano nei nostri animi alla fine di ogni anno, perché tutto potrebbe smaterializzarsi da un momento all’altro. Ma dovremmo davvero vivere la fine del mondo con tanta disperazione?

TEORIE COMPLOTTISTE

Le teorie complottiste insorgono a ogni angolo a ricordarci che la fine del mondo potrebbe verificarsi in ogni momento e per colpa delle più assurde coincidenze.

Ve lo ricordate il 21 dicembre 2012? Secondo il calendario Maya, il mondo sarebbe finito. Numerosi confutazioni scientifiche e da parte di chi si occupava delle cultura Maya non bastarono a placare il clima di preoccupazione e delirio, che si diffuse in tutto l’Occidente. La predetta data annunciava, a seconda delle profezie, la fine di un’era o la fine del mondo. Nonostante fosse possibile prevedere, secondo gli esperti, persino un periodo di gioia e di prosperità a seguito della data, la maggior parte delle predizioni facevano leva sulla possibilità di verificarsi di disastrosi terremoti o fenomeni catastrofici su scala globale, che avrebbero segnato il futuro dell’umanità o il mondo intero.

 

Nonostante questo evento sia stato uno di quelli di maggiore impatto nella cultura popolare, non si può dimenticare l’impatto di parole quali apocalisse hanno avuto e hanno tutt’ora nel pensiero collettivo. L’uso di questo termine indica, per l’appunto, un evento di tipo catastrofico che porrà fine alla Terra e al genere umano. Diverse religioni e mitologie si servono dell’idea di una fine del mondo per poter giustificare l’esistenza di un mondo trascendente, basti pensare, ad esempio, al giudaismo o al cristianesimo. La fine di questo mondo è necessaria per la realizzazione del mondo che verrà, un mondo decisamente migliore di quello esistente. Nonostante ciò, la speranza che l’apocalisse si verifichi è sempre mescolata alla paura per le sue conseguenze e per la distruzione dell’ordine stabilito.

 

OROLOGIO DELL’APOCALISSE

Tutti sanno che l’Armageddon si verificherà. Il Bullettin of Atomic Scientist ha così ideato un Orologio dell’Apocalisse, che mette in piedi un ideale countdown alla fine dei tempi. L’Orologio fu inventato nel 1947 e subì numerose oscillazioni nel corso dei decenni, avvicinandosi sempre di più alla mezzanotte, simbolo della fine del mondo.

Creato inizialmente per scongiurare la minaccia della distruzione della razza umana dovuta all’azionamento della bomba atomica, alla realizzazione del progetto contribuirono personaggi quali Albert Einstein e J. Robert Oppenheimer. Dal 2007 l’Orologio misura, però, qualsiasi evento possa rivelarsi eccessivamente dannoso e ad impattare sulla vicinanza alla mezzanotte sono anche fenomeni quali il cambiamento climatico e le guerre in corso.

Oggi l’ora segna le 23.58. La vicinanza dall’Apocalisse è, d’altronde, resa sempre più drastica dal surriscaldamento globale, dal conflitto israelo-palestinese e dalla guerra in Ucraina, ma anche dalla proliferazione delle armi nucleari, dallo sviluppo delle AI e dalla minaccia rappresentata dalle armi biologiche.

La fine di gennaio 2024 è la data fissata per il prossimo aggiornamento. L’anno scorso, nonostante l’ora si stata poi retrocessa di 30 secondi, fu decretato che l’umanità si trovava solo a 90 secondi dalla fine. Insomma, la situazione non è poi tanto meglio del 2020, anno del Coronavirus, in cui le lancette furono posizionate a solamente 100 secondi dalla mezzanotte.

Insomma, uno strumento di consapevolezza, che può aiutare a promuovere la risoluzione delle sfide del secolo, ma anche un mezzo di potere, generato per scatenare ansia nei confronti della fine imminente.

LA CONFLAGRAZIONE

Eppure, sono gli stoici ad insegnarci il potere dalla calma e della razionalizzazione. Un velo di inspiegabile ottimismo riveste, secondo gli esponenti di questa scuola filosofica, la fine del mondo.

Gli stoici prevedono, infatti, l’arrivo di una conflagrazione universale (chiamata ecpirosi), un combustione in grado di ridurre in polvere l’intero universo. Ma la fine, in questo caso, non è che un l’inizio di una nuova era. La combustione viene definita come una forma di apocatastasi, vale a dire una distruzione e ricostruzione insieme. La storia del mondo si divide, così, in periodi scanditi dalla presenza di conflagrazioni e creazioni, in eterno ripetersi degli eventi all’inizio di ogni nuovo ciclo.

Tutto il cosmo è generato dal fuoco, perciò il fuoco brucia, ma crea anche. Fine e inizio si fondono e confondono nella forza del Fuoco, che viene dagli stoici inteso come un archè, una ragione ordinatrice del mondo, un principio primo.

La fine dell’universo rappresenta, però, anche la sua purificazione e la sua fine non è mai un vero cataclisma. Ad ogni fine, corrisponde un ripetersi del ciclo precedente, secondo quello che è stato definito un eterno ritorno di tutte le cose che sono già state in passato e che si verificheranno incessantemente uguali in futuro.

Tutto è frutto di un disegno già programmato ed è immensamente perfetto nell’ottica stoica, secondo ragioni che sono sconosciute all’uomo, ma possono essere comprese nell’ottica di una più grande ragione universale.

La fine, dunque, secondo questi filosofi, non rappresenta un dramma perché non è mai una fine. Ebbene, anche se il mondo dovesse finire, chi ci assicura che non sia a vantaggio della creazione di un mondo migliore? Perché la paura dell’ignoto dovrebbe privarci della speranza che dietro la fine si nasconda un nuovo inizio?

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