Sviluppi recenti della legislazione vaccinale

Sommario

Il decreto vaccini

Il ricorso della regione Veneto

Il decreto vaccini

Il decreto-legge n. 73\2017, convertito in legge n.119\2017, titolato “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale” ha introdotto importanti novità sul fronte “vaccini”. Il numero delle vaccinazioni obbligatorie è stato portato da quattro a dieci[1], al fine di contrastare l’eccessivo calo delle vaccinazioni in atto dal 2013 che ha determinato una copertura vaccinale media al di sotto del 95%, soglia importante in quanto raccomandata dall’OMS per garantire la cosiddetta “immunità di gregge”. Con l’espressione “immunità di gregge” si intende quel fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale sufficiente all’interno della popolazione, si possono ritenere al sicuro anche quelle persone per le quali non sia stato possibile procedere a vaccinazione perché troppo piccoli, immunodepressi o deboli in quanto malati. Attraverso il raggiungimento della cd. immunità di gregge, “il virus non riesce più a circolare: quando arriva – dall’esterno – non riesce a infettare nessuno e il suo destino è quello del vaiolo. Rimane nell’ambiente qualche giorno (o anche solo qualche ora, i virus sono in generale molto labili) e poi non esiste più.” [2] Con tale legge si cerca di arrestare la diminuzione delle coperture vaccinali, fenomeno che a lungo andare potrebbe creare un accumulo di elementi favorenti la trasmissione di malattie da un caso ad un altro e il verificarsi di focolai epidemici.[3] Nel 2017, il calo registratosi, ha portato ad una estesa epidemia di morbillo con quasi cinquemila persone colpite e quattro decessi. A seguito dell’emanazione del decreto Lorenzin si è registrato una tendenza in aumento delle vaccinazioni: la copertura nazionale a 24 mesi nei confronti della polio si avvicina al 95%, guadagnando un + 1,21% rispetto al 2016; le coperture vaccinali a 36 mesi anche registrano una crescita, infatti si parla di copertura vaccinale anti-polio pari al 95,05%, aumento più marcato nel caso di vaccinazione contro il morbillo che cresce fino al 93%. Un miglioramento si registra anche per quanto riguarda gli adolescenti: l’anti-difterica nei sedicenni aumenta fino al 68% e l’antimorbillo fino all’84%.[4]

La questione che più ha surriscaldato il dibattito pubblico in tema di vaccinazioni obbligatorie riguarda il rapporto tra obblighi vaccinali dei minori ed il loro obbligo scolastico ed il rapporto tra obblighi vaccinali e potestà genitoriale. In tale rapporto entrano in gioco molteplici situazioni giuridiche: il diritto alla salute (art.32), il diritto – dovere dei genitori nei confronti dei figli (art.30) e il diritto-dovere del minore di ricevere l’istruzione inferiore (art.34).[5] La prevalenza dell’uno rispetto all’altro diritto non è prospettabile, in quanto siamo di fronte a diritti costituzionalmente garantiti la cui importanza richiama – come più volte ricordato – il necessario bilanciamento di interessi a cui il legislatore deve attenersi, affinché non si verifichi la degradazione di un diritto della Carta a favore di un altro. La Corte Costituzionale con sentenza n.85 del 2013 ha affermato che l’aggettivo “fondamentale” di cui all’art. 32 Cost. non è rivelatore di un carattere preminente del diritto alla salute rispetto a tutti i diritti della persona. Per la Corte “il punto di equilibrio deve essere valutato alla luce dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza”.[6]

Per ciò che concerne il rapporto tra obblighi vaccinali dei minori ed il loro diritto all’istruzione, il Decreto Lorenzin ha distinto due situazioni: l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia da un lato e altri gradi di istruzione e centri di formazione non professionale dall’altro. Nel primo caso il rispetto degli obblighi vaccinali rappresenta un requisito per l’ammissione all’asilo nido e alle scuole dell’infanzia per i bambini da 0 a 6 anni; nel secondo caso, al contrario, non si parla di rispetto dell’obbligo in quanto requisito imprescindibile per l’accesso al servizio scolastico, bensì è introdotto un sistema di recupero da parte della Asl con possibile comminazione, al genitore del minore, di sanzioni amministrative che partono da 100 fino a 500 euro.[7] Subito si nota una differenza rispetto alla disciplina posta dal dl n.73\2017: la sanzione pecuniaria risulta essere, infatti, notevolmente più bassa rispetto a quella prospettata dal decreto, dove si parlava di multa fino a settemilacinquecento euro. L’importo della sanzione è, oggi, non particolarmente elevato e ci si domanda se l’averlo fissato in una cifra modesta sia funzionale rispetto al fine, cioè incentivare il rispetto dell’obbligo. Potrebbero avanzarsi dubbi in ordine all’adeguatezza e alla ragionevolezza del quantum della sanzione rispetto agli interessi costituzionalmente protetti che si è inteso preservare.[8] Per l’anno scolastico 2018-2019 è rimasta la possibilità di presentare autocertificazioni di avvenuta somministrazione di vaccini non risultante dall’anagrafe vaccinale. Già dall’anno 2019-2020, invece, viene attivato il sistema di cui alla l.119\2017: in tal caso sono i dirigenti scolastici a trasmettere alle aziende sanitarie, entro il 10 marzo di ogni anno, l’elenco completo degli iscritti all’anno scolastico successivo. Le Asl dovranno poi verificare gli elenchi entro il 10 giugno, indicando alle scuole chi non è in regola con gli obblighi vaccinali. Entro 10 giorni saranno contattati i genitori risultati inadempienti invitandoli a presentare, entro e non oltre il 10 luglio, la documentazione necessaria ad attestare le avvenute vaccinazioni.[9] La novità, dunque, riguarda l’istituzione di un’anagrafe nazionale vaccini[10], con la quale il Ministero della Salute può effettuare una corretta valutazione delle coperture vaccinali in relazione al Calendario vaccinale vigente; infatti l’anagrafe in questione raccoglie tutti i dati delle anagrafi regionali dotate di un sistema informativo unico. Nell’anagrafe sono indicati i soggetti da sottoporre a vaccinazione, quelli già vaccinati, i soggetti per i quali è possibile omettere o differire la vaccinazione nonché le dosi e i tempi di somministrazione delle stesse. A ben vedere la l. n. 119\2017 non ricollega alla mancata effettuazione di un vaccino obbligatorio l’esclusione dagli istituti di istruzione, ma pone la presentazione di un certificato quale condizione indispensabile solo per ciò che concerne la possibilità di beneficiare di servizi educativi per l’infanzia, lasciando impregiudicata la situazione del minore frequentante altri gradi di istruzione.[11] L’accesso ai servizi per l’infanzia rappresenta certamente un diritto, ma si tratta di un diritto diverso da quello relativo all’accesso nelle scuole in senso stretto: infatti è quest’ultimo ad essere costituzionalmente garantito e non il primo. La fruizione del servizio educativo per l’infanzia, come affermava anche Sergio Panunzio[12], è qualificabile come “onere”. Per risolvere il possibile conflitto tra diritto alla salute e diritto all’istruzione, potrebbe valorizzarsi un orientamento seguito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.132\1992. In quell’occasione la Corte osservò che, qualora il legislatore preveda per il mancato adempimento di un obbligo vaccinale solo una sanzione amministrativa pecuniaria per coloro i quali esercitano la potestà genitoriale sul minore, il giudice può adottare i provvedimenti necessari per evitare che il minore subisca un pregiudizio, eventualmente superando la volontà dei genitori refrattari a conformarsi all’obbligo e disponendo che si effettuino vaccinazioni.[13] Probabilmente è questo uno strumento più efficace rispetto al regime sanzionatorio patrimoniale. Tale interpretazione ha tuttavia subito dei correttivi anche in ragione della modifica ad opera del d.P.R. 26 gennaio 1999, n.355 della sanzione accessoria del rifiuto all’ammissione alla frequenza o agli esami a scuola per quegli alunni sprovvisti della certificazione di avvenuta vaccinazione.[14]

Ciò ci riporta al secondo punto del discorso: il rapporto tra obblighi vaccinali – doveri dei genitori e sanzioni in caso di inosservanza degli stessi. L’art. 4 della legge 119\2017 stabilisce che in caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale, “i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari sono convocati dall’azienda sanitaria locale territorialmente competente per un colloquio al fine di fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e di sollecitarne l’effettuazione”, comminando una sanzione pecuniaria tra euro 100 e 500 per coloro i quali non abbiano ottemperato alle indicazioni delle aziende sanitarie nel termine indicato. Il minore i cui genitori non intendano adempiere agli obblighi vaccinali previsti ha in ogni caso la possibilità di accedere alla scuola primaria, ponendo in serio pericolo non solo se stesso ma anche i minori che non possono vaccinarsi a fronte di un quadro clinico già compromesso.[15] L’art. 4 del decreto Lorenzin prevede che in quest’ultimo caso i minori “sono inseriti in classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati, fermi restando il numero delle classi determinato secondo le disposizioni vigenti.”

I comportamenti omissivi degli esercenti la responsabilità genitoriali rispetto alla nuova normativa saranno valutati caso per caso, sulla base della sussistenza o meno di un motivo per l’omessa somministrazione del vaccino; è questo ciò che emerge dalla recente giurisprudenza. Nel 2003, ad esempio, la Corte di Appello di Venezia ha considerato il rifiuto da parte dei genitori di somministrare il vaccino al figlio non costituisse “un’opposizione preconcetta e immotivata”.[16] Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, invece, ha affermato il non luogo a provvedere ex art.333 c.c[17] per la mancata sottoposizione ad alcune vaccinazioni obbligatorie di un minore da parte dei genitori per mancanza di una “concreta e specifica situazione di pregiudizio che possa giustificare l’adozione di interventi autoritativi della responsabilità, né risultano elementi che facciano ipotizzare una situazione di incuria”.[18]

Grava comunque sui genitori l’onere di dimostrare che nel caso specifico esistano controindicazioni al programma delle vaccinazioni. L’art. 1, commi 2 e 3 del decreto, infatti, prevedono due ipotesi in cui il minore è esonerato dall’obbligo di vaccinazione: in caso di immunizzazione a seguito di malattia naturale o in caso di controindicazioni relative a condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, nel rispetto delle indicazioni fornite dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità. [19] Spesso la tematica delle vaccinazioni porta ad un disaccordo tra i genitori del minore circa la necessità di queste. La Corte di Appello di Napoli, a tal proposito, ha affermato che “la stragrande maggioranza della giurisprudenza di merito che si è occupata del disaccordo tra i genitori sulla somministrazione di vaccini ha risolto la questione rimettendo la decisione al pediatra di base”, ma lasciando poi al genitore la facoltà di intraprendere la decisione finale.[20]  Altro profilo di interesse riguardante la disciplina delle vaccinazioni obbligatorie attiene alla decretazione d’urgenza. La norma di riferimento è l’art. 77 Cost., la quale recita: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”  Il problema sorge in relazione alla incertezza circa la presenza di quei casi straordinari di necessità ed urgenza contemplati dall’articolo poc’anzi ricordato.[21]  Tuttavia, il Presidente del Consiglio ha affermato che, pur non sussistendo un’emergenza nazionale, l’obiettivo delle misure è proprio quello di evitare che le difficoltà che oggi si riscontrano in tale ambito si trasformino in vere emergenze sanitarie, poiché nel corso degli anni la mancanza di misure appropriate e il diffondersi di comportamenti e teorie antiscientifiche hanno provocato un abbassamento dei livelli di protezione. L’ultimo punto da analizzare rimane l’art. 1, comma primo – ter, del decreto n.73 del 2017, il quale prevede che “sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate e delle coperture vaccinali raggiunte nonché degli eventuali eventi avversi segnalati, il Ministro della salute può disporre la cessazione dell’obbligatorietà per una o  più vaccinazioni”, precisamente per sei – antipoliomelitica, antidifterica, antitetanica, antiepatite B, antipertosse e antiHaemophilus influenzae di tipo B – delle dieci previste. Si parla, dunque, di “strumento di flessibilizzazione[22]che porta alla trasformazione dell’obbligo vaccinale in semplice raccomandazione tenuto sempre conto del monitoraggio e dell’evoluzione delle tecniche e dei trattamenti sanitari. Alle dieci vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto n.73 se ne aggiungono altre quattro “raccomandate”: l’anti – meningococcica B, anti – meningococcica C – anti – pneumococcica, anti – rotavirus. Ciò che differenzia l’obbligo dalla mera raccomandazione è la maggiore attenzione all’autodeterminazione individuale. Differenza che secondo la Corte, nella sentenza n. 268 del 2017, tende a scomparire di fronte all’asserita esistenza di un obiettivo comune: la tutela della salute (anche) collettiva da garantire “attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale”.[23]  Siamo di fronte a trattamenti di profilassi vaccinale del tutto volontari, per i quali l’amministrazione della salute pubblica rivolge importanti inviti e campagne informative ai cittadini affinché vi aderiscano.[24]

Nonostante la nuova disciplina sulle vaccinazioni obbligatorie abbia introdotto notevoli sanzioni per quei genitori risultanti inadempienti, molti sono stati i casi registrati di mancato rispetto delle disposizioni della l.119\2017. Secondo le stime della Ausl, infatti, solo a Modena ci sono stati circa 650 bambini non sottoposti a vaccinazione. Questo perché l’impatto che i vaccini hanno avuto su molte patologie ha modificato la percezione delle stesse da parte dei cittadini e questo ha favorito la nascita di numerosi movimenti “antivaccinisti”, che focalizzano l’attenzione dell’opinione pubblica sugli eventuali effetti collaterali o avversi correlati all’immunizzazione. La storia di tali movimenti inizia con la nascita e la diffusione dei vaccini.[25] La mancata percezione dell’entità dei rischi di contrarre una malattia contrastava con la sovrastima dei rischi effettivi del vaccino utilizzato per combatterla, portando a credere che la cura potesse essere peggio della malattia.[26] Tra le numerose obiezioni sollevate troviamo quelle riferite alla presenza di sostanze tossiche nei vaccini, alla possibilità di determinare la comparsa di malattie gravi come l’autismo – in particolare quest’ultima ipotesi è quella introdotta dagli studi di Wakefiel, il quale poi venne accusato di frode scientifica. Tale collegamento è stato affermato anche dal Tribunale di Rimini, con pronuncia n.217 del 2012. Con tale sentenza si è riconosciuto il nesso di causalità tra il classico vaccino trivalente e l’autismo, condannando il Ministero della Salute a risarcire danni per circa 200mila euro. La Corte di Appello di Bologna ha ribaltato tali conclusioni, avvalendosi di un consulente tecnico d’ufficio che ha chiarito l’infondatezza delle ragioni su cui si fondava la sentenza di primo grado. La Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità pubblica ha sempre sottolineato l’assenza di un nesso tra il vaccino trivalente MPR e i disordini dello spettro autistico. E’ bene ricordare, infatti, che per accertare la correlazione tra un qualunque evento e la vaccinazione deve essere presente sia il nesso temporale, sia la plausibilità biologica, precisando, dunque, che non tutto ciò che si verifica dopo un vaccino può essere ascritto al vaccino stesso. E’ molto importante che ogni evento venga analizzato da una commissione di specialisti in grado di analizzare il criterio temporale e la plausibilità biologica poc’anzi richiamati. [27]

 Il ricorso della Regione Veneto

Il decreto legge n.73 del 2017, convertito poi in legge n.119 del 2017, è stato oggetto di vivace dibattito. Prima di affrontare la questione relativa all’impugnazione della legge, esaminiamo la situazione pre-decreto. Molte Regioni iniziarono un percorso per sperimentare la sospensione degli obblighi vaccinali. Il Veneto, in particolare, previde ciò con la legge 23 marzo 2007 n.7, statuendo la “sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva” per tutti i nuovi nati a partire dal primo gennaio 2008. La stessa legge prevedeva la creazione di un Comitato tecnico scientifico, al fine di valutare gli effetti derivanti dall’applicazione della sospensione dell’obbligo vaccinale. Naturalmente nel caso in cui tale sospensione avesse dovuto portare gravi conseguenze alla salute collettiva, il Presidente della Giunta regionale poteva sospendere quanto previsto con legge n.7\2007.[28] Tale disposizione ha suscitato molte critiche relativamente alla sua dubbia legittimità. [29] Un fondamento della legge lo si potrebbe trovare solo in base a quanto disposto dal Piano Nazionale Vaccini 2005-2007[30], il quale stabiliva che, le Regioni che avessero raggiunto gli obiettivi indicati nel Piano, quali un sistema informativo efficace, anagrafi vaccinali ben organizzate, adeguata copertura vaccinale, un sistema di sorveglianza delle malattie specifico e un buon sistema di monitoraggio degli eventi avversi a vaccino, potevano iniziare il percorso per la sospensione degli obblighi vaccinali [31]. La dottrina ha evidenziato come tale impostazione non risultava assolutamente in linea con il sistema ordinamentale del diritto[32]. Si pretendeva, insomma, di rinvenire in un atto governativo quale il Piano nazionale Vaccini, piuttosto che in una legge, il fondamento della deviazione da principi legislativi fondamentali. La Corte, inoltre, con ordinanza n.87 del 2010 stabilì che la legge regionale non era stata “apprezzata con riguardo all’osservanza, da parte del legislatore regionale, dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, affidati dall’art. 117 Cost, alla competenza della legge statale.”

Precursore della regione Veneto è stato il Piemonte, il quale nel 2006, ha avviato la sperimentazione concernente la sospensione delle quattro vaccinazioni obbligatorie. Correlativamente è stata introdotta, per il rifiuto delle vaccinazioni, la sospensione delle sanzioni amministrative previste dalla disciplina statale.[33]

Tornando al Veneto, esso è stato il protagonista anche di un altro importante scenario. In particolare, la regione ha impugnato tanto il decreto n. 73\2017, quanto la sua legge di conversione n.119\2017, facendo leva su quattro punti: la contestazione dell’utilizzo della decretazione d’urgenza; violazione di alcuni principi costituzionali, in quanto il legislatore non avrebbe bilanciato in modo equilibrato la tutela della salute individuale e collettiva. Per il Veneto le misure adottate sarebbero eccessive rispetto agli scopi di tutela della salute; ingerenza nelle attribuzioni di spettanza regionale, determinata da una legislazione uniforme sul territorio nazionale; violazione degli equilibri finanziari, in particolare si rimarca la violazione degli artt. 81 comma 3 e 119 comma 1 e 4, poiché vi sarebbe una mancata copertura degli oneri finanziari connessi alle vaccinazioni divenute obbligatorie e agli adempimenti a carico delle amministrazioni regionali.[34]

Partendo dal primo elemento contestato, ovvero il ricorso alla decretazione d’urgenza, il Veneto sosteneva come fossero assenti gli elementi principali che legittimavano l’utilizzo del decreto legge: la necessità e l’urgenza di cui all’art. 77 Cost. Secondo la posizione della Regione, il decreto sarebbe stato emanato in assenza di una reale emergenza sanitaria che legittimasse l’intervento del Governo. Non può neanche essere sottovalutata la circostanza che il decreto legge sia stato approvato dal Consiglio dei ministri il 19 maggio 2017 ma pubblicato in Gazzetta solo il 7 giugno 2017, ponendo ancora di più in dubbio che alla base della sua adozione vi fosse una situazione di urgenza tale da giustificare il ricorso a questa tipologia di atto normativo.[35] Tale problema è stato risolto dalla giurisprudenza della Corte con la sentenza n. 5 del 2018, con la quale vengono respinti tutti i motivi indicati dalla parte ricorrente. La Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo il ricorso allo strumento del decreto-legge, affermando come sia decisivo l’accertamento di “una copertura vaccinale insoddisfacente nel presente e incline alle criticità del futuro che legittima la sopraggiunta urgenza di intervenire, anche in nome del principio di precauzione che deve presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione.”[36]  Per la Corte “la copertura vaccinale è strumento di prevenzione e richiede di essere messa in opera indipendentemente da una crisi epidemica in atto. Deve perciò concludersi che rientra nella discrezionalità del Governo e del Parlamento intervenire prima che si verifichino scenari di allarme e decidere – a fronte di una prolungata situazione di insoddisfacente copertura vaccinale – di non attendere oltre nel fronteggiarla con misure straordinarie, anche in vista delle scadenze legate all’avvio dell’anno scolastico.”[37] La valutazione circa i presupposti della straordinaria necessità ed urgenza, dunque, viene ricondotta allo specifico oggetto della stessa disciplina, cioè il raggiungimento della massima copertura vaccinale per escludere il rischio di epidemie e tutelare la salute individuale e collettiva.[38] In questa prospettiva, i dati statistici sul calo della copertura vaccinale e le acquisizioni della scienza medica relative all’equilibrio fra efficacia della pratica terapeutica e i rischi per la salute dell’uomo finiscono per valere come misura della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 77 Cost.[39] Per quanto riguarda l’ingerenza nelle competenze regionali, la Corte ha stabilito che, in realtà, non viene messo in discussione il consueto sistema dei livelli essenziali fissati dallo Stato e degli eventuali livelli supplementari della Regione. Dunque anche in questa materia le politiche regionali potranno trovare spazi di autonomia, ad esempio, nell’ambito dell’organizzazione dei servizi di prevenzione o per le modalità di monitoraggio della popolazione vaccinata. Per ciò che concerne la violazione di alcuni principi costituzionali, quali ad esempio l’art. 32, la Corte ricorda che i trattamenti sanitari obbligatori non sono in contrasto con l’articolo menzionato. Sono diversi i valori costituzionali coinvolti, la cui composizione spetta alla discrezionalità del legislatore il quale si attiene a quei criteri cardine già ricordati: la proporzionalità e la ragionevolezza. La consulta respinge anche il motivo di ricorso riguardante la copertura finanziaria, definendo inammissibile la questione relativa alla violazione dell’art. 119 e non fondate quelle che denunciavano l’illegittimità ex art. 81 Cost.[40] I contrasti relativi alla nuova disciplina delle vaccinazioni, in realtà, possono essere collocati in un periodo anteriore alla sentenza n.5\2018 della Corte. La prima “battaglia” della regione Veneto, relativamente al decreto vaccini, si può ricondurre al parere n.2065 del Consiglio di Stato nel 2017[41]. In quell’occasione il Presidente della regione Veneto aveva richiesto un parere sull’interpretazione di alcune disposizioni del decreto-legge che riteneva non si prestassero “a un’esegesi univoca e che occorresse un chiarimento in merito alle conseguenze della mancata presentazione della documentazione che dimostri l’avvenuto adempimento agli obblighi vaccinali. Più in dettaglio se già con decorrenza dall’anno scolastico 2017\2018 si debba ritenere preclusa la frequenza scolastica ai minori i cui rappresentanti legali non abbiano presentato la documentazione occorrente.” In risposta a ciò, il Consiglio di Stato con il parere 2065, ha ritenuto che alla Regione veneto, così come in tutte le altre Regioni d’Italia, si dovesse applicare la norma, non soggetta ad altra interpretazione se non quella secondo cui, già a decorrere dall’anno 2017\2018, “la presentazione della documentazione attestante l’avvenuto adempimento dell’obbligo vaccinale costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia.”[42]

 

Note

[1] Art.1 l. n.119\2017: …per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate:

  • Antipoliomelitica
  • Anti-difterica
  • Anti-tetanica
  • Anti-epatite B
  • Anti pertosse
  • Anti-haemophilus influenzae tipo b.

Art. 1 bis: Agli stessi fini di cui al comma 1, per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono altresì obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate:

  • Anti-morbillo
  • Anti-rosolia
  • Anti-parotite
  • Anti-varicella

[2] R. Burioni, Il vaccino non è un’opinione. Le vaccinazioni spiegate a chi proprio non le vuole capire, Milano, Mondadori, 2016, p. 27.

[3] Ministero della Salute, www.salute.gov.it

[4] Dati reperiti dall’archivio del Ministero della Salute, in www.salute.gov.it

[5] D. Morana, Diritto alla salute e vaccinazioni obbligatorie, in giustamm.it, fasc. n. 9, 2019, pp.7-8.

[6] Corte cost., sent. n. 85 del 2013.

[7] Art. 3 bis, p.5: “Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti non determina la decadenza dall’iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami.”

[8] D. Morana, op. cit., pp. 9-10.

[9] Art. 3 bis, l.119\2017: “A decorrere dall’anno scolastico 2019/2020 nonché dall’inizio del calendario dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2019/2020,  i  dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi  per  l’infanzia,  dei  centri  di formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole  private non paritarie sono tenuti a trasmettere  alle  aziende  sanitarie  locali territorialmente  competenti,  entro  il  10  marzo,  l’elenco  degli iscritti per l’anno scolastico o per il calendario successivi di età compresa tra zero e sedici anni e minori stranieri non accompagnati. Le  aziende  sanitarie   locali   territorialmente   competenti provvedono a restituire, entro il 10 giugno, gli elenchi  di  cui  al comma 1, completandoli con l’indicazione dei soggetti  che  risultano non in regola con gli obblighi  vaccinali,  che  non  ricadono  nelle condizioni di esonero, omissione o differimento delle vaccinazioni in relazione a quanto previsto dall’articolo 1, commi 2 e 3, e  che  non abbiano presentato  formale  richiesta  di  vaccinazione  all’azienda sanitaria locale competente.  Nei dieci giorni successivi all’acquisizione  degli  elenchi  di cui al comma 2, i dirigenti delle istituzioni del  sistema  nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per  l’infanzia, dei centri di  formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole private   non   paritarie   invitano   i   genitori   esercenti    la responsabilità  genitoriale, i tutori o  i  soggetti  affidatari  dei minori indicati nei  suddetti  elenchi  a  depositare,  entro  il  10 luglio,   la   documentazione   comprovante   l’effettuazione   delle vaccinazioni ovvero l’esonero, l’omissione o  il  differimento  delle stesse, in relazione a quanto previsto dall’articolo 1, commi 2 e  3, o  la  presentazione  della   formale   richiesta   di   vaccinazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente. Entro il 20 luglio i dirigenti scolastici delle istituzioni  del sistema  nazionale  di  istruzione  e  i  responsabili  dei   servizi educativi per l’infanzia,  dei  centri  di  formazione  professionale regionale  e  delle  scuole  private  non  paritarie  trasmettono  la documentazione di cui al comma  3  pervenuta,  ovvero  ne  comunicano l’eventuale mancato deposito,  alla  azienda  sanitaria  locale  che, qualora la medesima  o  altra  azienda  sanitaria  non si sia già attivata in ordine alla violazione del  medesimo  obbligo  vaccinale, provvede  agli adempimenti   di   competenza   e, ricorrendone i presupposti, a quello di cui all’articolo 1, comma 4.”

[10] Art.4 bis, l.119\2017: “Al fine di monitorare l’attuazione dei programmi vaccinali sul territorio nazionale, con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituita presso il Ministero della salute, anche attraverso il riuso di sistemi informatici o di parte di essi già realizzati da altre amministrazioni sanitarie, l’anagrafe nazionale vaccini, nella quale sono registrati i soggetti vaccinati e da sottoporre a vaccinazione, i soggetti di cui all’articolo 1, commi 2 e 3, del presente decreto, nonché le dosi e i tempi di somministrazione delle vaccinazioni effettuate e gli eventuali effetti indesiderati.”

[11] D. Morana, op. cit., p. 8.

[12] S. Panunzio, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), in Dir. soc., 1979, pp.875 ss: “il trattamento obbligatorio viene ad assumere la natura di un onere, sempre che i margini di scelta entro i quali possa muoversi l’onerato non siano in concreto talmente stringenti da vanificare la sua materiale possibilità di rifiuto, e quindi di effettiva scelta; in questo caso, l’onere costituisce una sorta di “sanzione indiretta”. La figura dell’onere non può invece utilizzarsi quando l’obbligo del trattamento sanitario risulti condizionante l’esercizio di “diritti – doveri del cittadino, e\o l’inserimento del medesimo in collettività a loro volta obbligatorie”, come accadrebbe qualora l’avvenuta vaccinazione obbligatoria venisse considerata quale condizione necessaria per accedere alla scuola dell’obbligo.”

[13] Corte Cost., sent. n. 132\1992, in www.giurcost.org

[14] D. Amram, Responsabilità genitoriali e vaccini, in Rivista italiana di medicina legale, fasc. n. 1, 2018, pp. 282-284.

[15] Ibid.

[16] App. Venezia (ord.), 20 giugno 2003, in F. Buzzi, B. Magliona, Libertà di cure e interesse della collettività nelle vaccinazioni obbligatorie in età pediatrica: verso un nuovo equilibrio?, in Rivista italiana di medicina legale, 2003, p. 1157.

[17] Art. 333 c.c: “Quando la condotta di uno o entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’art.330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.”

[18] Trib. Min. Bologna, 7 settembre 2016, in www.comilva.org

[19] Art. 1 l.119\2017: “L’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante, ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministro della sanità 15 dicembre 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.6 del 18 gennaio 1991, ovvero dagli esiti dell’analisi sierologica, esonera dall’obbligo della relativa vaccinazione. Conseguentemente il soggetto immunizzato adempie all’obbligo vaccinale di cui al presente articolo, di norma e comunque nei limiti delle disponibilità del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l’antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste l’immunizzazione. […] Salvo quanto disposto al comma 2, le vaccinazioni di cui al comma 1 e al comma 1-bis possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta.”

[20] M. Grifasi, Potestà dei genitori e scelte terapeutiche a tutela della salute dei figli minori, in Nuova giur. Civ. comm., Vol. I, 2000, p.217.

[21] R. Bin – G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, XVII ed.,Torino, Giappichelli, 2016, pp.392 ss: secondo l’impostazione tradizionale si deve trattare di circostanze non prevedibili ed eccezionali, alle quali non sia possibile far fronte con uno strumento legislativo ordinario: da ciò discende altresì l’importanza che l’atto produca immediatamente effetti.

[22] Corte cost. sent. n. 5\2018

[23] B. Liberali, Vaccinazioni obbligatorie e raccomandate tra scienza, diritto e sindacato costituzionale, in Riv. di biodiritto, fasc. n.3\2019, p.120.

[24] C. Magnani, I vaccini e la Corte costituzionale: la salute tra  interesse della collettività e scienza nelle sentenze 268 del 2017 e 5 del 2018, 2018, p.10.

[25] Nel febbraio del 1998 “The Lancet” pubblicò un lavoro del Royal Free Hospital di Londra intitolato “Ileal lymphoid nodular hyperplasia, non-specific colitis and pervasive developmental disorder in children”, il cui primo autore era Andrew J. Wakefield. Lo scopo di questo lavoro era studiare una serie di bambini con diagnosi di ASD che manifestavano contemporaneamente sintomi gastrointestinali. In questo articolo Wakefield e colleghi descrissero alcuni elementi ricorrenti nei 12 bambini che presero parte allo studio, i quali li portarono ad ipotizzare un nesso causale con il vaccino anti – morbillo, parotite e rosolia (MPR). Gli elementi a sostegno di questa ipotesi erano: la maggior parte dei bambini aveva iniziato a mostrare disturbi neuropsichiatrici dopo la vaccinazione o l’infezione da parte del virus del morbillo; esistevano precedenti studi scientifici di altri autori che legavano l’insorgere sia di malattie infiammatorie intestinali sia di sintomi neuropsichiatrici tipici dell’autismo con l’infezione da morbillo o il vaccino antimorbillo o MPR. P. Bellavite, Scienza e vaccinazioni: aspetti critici e problemi aperti, ediz. II, 2017, p.120

[26] A. De Donno – A. Panico – G. Gabutti, La diffusione dell’ideologia antivaccinista, in Viaggio nella scienza IX, 2017, p.69.

[27] P. Bonanni – C. Azzari, L’obbligo vaccinale per l’accesso a scuola: una scelta giustificata nell’attuale contingenza epidemiologica e comunicativa, in Riv. Italiana di medicina legale, fasc. n.1, 2018, pp. 231-232

[28] F. Corvaja, La legge del Veneto sulla sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva: scelta consentita o fuga in avanti del legislatore regionale:, in Osservatorio sulle fonti, fasc. n.1, 2008, p.2.

[29] C. Tripodina, Art. 32 Cost., in S. Bartole – R. Bin, Commentario breve alla Costituzione, Cedam, Padova, 2008, p.331.

[30] www.salute.gov.it

[31] D. Coduti, La disciplina sulle vaccinazioni obbligatorie alla prova di forma di stato e forma di governo, in Riv. AIC, fasc. n. 3, 2018, pp. 1-2.

[32] V. Molaschi, Verso il superamento degli obblighi vaccinali: considerazioni alla luce del piano piemontese di promozione delle vaccinazioni 2006, in La tutela della salute tra tecnica e potere amministrativo, M. Andreis (a cura di), Milano, Giuffrè, 2006, p.92.

[33] Art. 3 l. n.51\1966; art. 3 l. n.419\1968; art. 7 l. n. 165\1991.

[34] C. Magnani, I vaccini e la Corte costituzionale: la salute tra interesse della collettività e scienza nelle sentenze 268 del 2017 e 5 del 2018, 2018, pp. 4-5.

[35] A. Amato, Decreto-legge vaccini: tra urgenza di annunciare ed “evidente” ritardo nel provvedere, in Forum costituzionale, 2017, pp.1 ss.

[36] Corte cost. sent. n. 5\2018, in www.cortecostituzionale.it

[37] G. Boldi, Il riparto di competenze legislative in materia di vaccinazioni (Corte cost., 18 gennaio 2018, n.5), in federalismi.it.

[38] B. Liberali, Vaccinazioni obbligatorie e raccomandate tra scienza, diritto e sindacato costituzionale, in Riv. di biodiritto, fasc. n.3\2019, p.123.

[39] A. Iannuzzi, L’obbligatorietà delle vaccinazioni a giudizio della Corte Costituzionale fra rispetto della discrezionalità del legislatore statale e valutazioni medico-statistiche, in giurcost.org,  fasc.1, 2018, p.87.

[40] C. Magnani, op. cit. p. 9.

[41] F. Passananti, Riflessioni sugli obblighi vaccinali, tra esigenze di unitarietà e ridotti spazi per le regioni, in consultaonline, fasc. n.2, 2018, p.474.

[42] Ibid.

 

Fonte consultata il 28.01.22

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