Sul fronte con i combattenti di Hezbollah

support_for_al_assad_by_totalitarianautocrat-d3dw9t1A Zabadani, i tagliagole jihadisti sono assediati dall’Esercito Siriano e da Hezbollah. ‘La nostra storia lo testimonia: non perdiamo perché lottiamo per la giustizia’.

di Talal Khrais.

ZABADANI (Siria) – «Andare sulla linea del fuoco è molto pericoloso, i terroristi di Ahrar al-Sham e Al-Nusra non fanno distinzioni tra giornalisti e militari, non posso prendere questa responsabilità. Non createci problemi, con l’Italia siamo in buoni rapporti». Sono le parole di Haj Ali, responsabile dell’operazione militare nel Qalamoun, dove siamo arrivati stamattina, proprio nella Bekaa, nelle vicinanza di Nabi Shit. Il villaggio sciita si trova a 12 Km dalla linea del fuoco, ma tutta l’area è considerata zona ad alto rischio in quanto zona di operazioni militari. Ritornare indietro è per noi una delusione. Arrivano i colleghi del canale televisivo Al Manar, ci conoscono, abbiamo passato diverse avventure insieme.

Ritorniamo insieme da Haj Ali.  «Non pensa che qualcuno debba raccontare i fatti, cioè le ragioni del vostro intervento in Siria?», proviamo a dirgli. Senza risponderci, si rivolge ai colleghi di Al Manar, sono tutti reporter militari. «Prendetevi cura di loro». Poi si rivolge a noi: «lasciate la vostra macchina qui: non è adatta per un viaggio di questo tipo». Sono in mezzo alla squadra degli unici giornalisti europei che entrano in questo momento, per fortuna abbiamo trovato i colleghi di Al Manar.

Cinque chilometri di percorso sembrano lunghissimi perché non esistono strade, ma solo passaggi costruiti per uso militare. Ovunque sventolano le bandiere gialle di Hezbollah, nelle zone liberate prima occupate dalle bande armate. Quando le Tv occidentali ritrasmettono i video prodotti dall’ISIS in molti rimangono colpiti dalla loro spavalderia, sembrano forti. Qui l’impressione è diversa. «Quando i terroristi vedono le bandiere gialle sanno che è la loro fine, prima che le battaglie comincino molti rinunciano» sottolinea un nostro accompagnatore. Il collega Nabile, un cameraman di guerra, lo dice sorridendo: «dove c’è Hezbollah c’è la vittoria. La nostra storia lo testimonia: non perdiamo perché lottiamo per la giustizia.» Prima di finire di parlare arriviamo sulla seconda linea. Qui dobbiamo stare con i combattenti di seconda linea, mentre i colleghi di Al Manar proseguono: loro sono corrispondenti militari e devono stare in prima linea.

I reporter europei vogliono capire veramente le ragioni che hanno spinto Hezbollah a combattere a fianco dell’Esercito Siriano.

Vediamo visi giovani, tutti ragazzi tra i 18 e i 24 anni felici di essere al fronte. Nessuno pronuncia il suo vero nome. Rivolgiamo la domanda al comandante Yasser. Risponde scandendo bene le parole: «Guardate che non solo noi siamo schierati a fianco dell’Esercito siriano. Come potete notare c’è la Russia in campo, oltre all’Iran, alla Cina e a tanti altri volontari che arrivano dai Paesi arabi. Siamo di fronte a un terrorismo mai conosciuto. Stiamo combattendo qui perché il Libano era il loro secondo obbiettivo e nessun altro Paese vuole scendere in campo per combattere questi elementi.»

Cosa pensa dei raid della coalizione guidata dagli Stati Uniti?

Yasser controbatte: «Lo chiedo io a voi: un anno di raid a cosa sono serviti? Cosa hanno ottenuto? Ve lo dico io: dove bombarda la coalizione nel nord della Siria, l’Isis e gli altri movimenti terroristici si allargano sempre più.»

Ahmed, un giovane combattente, continua: «Non abbiamo nessuna ambiguità e non nascondiamo il fatto di essere schierati al fianco del Presidente Bashar al Assad. Questaè una nostra scelta espressa da al-Sayyed Hassan Nasrallah.» Ricordiamo cosa ha detto all’inizio dell’anno il leader carismatico di Hezbollah: «Stiamo affrontando una fase interamente nuova,iniziata recentemente. Una nuova fase per salvaguardare la resistenza e proteggere le sue retroguardie e salvaguardare il Libano proteggendo le spalle. Questa è la responsabilità di tutti noi».

Ci rivolgiamo a un gruppo di riservisti. Glielo diciamo con spietata verità: «ragazzi, la vostra scommessa è rischiosa. Un centinaio di vostri combattenti sono già caduti in Siria e, vista la violenza di questo conflitto,il numero delle sue vittime potrebbe aumentare, non ci pensate?»

Il giovane Jamil risponde per tutti: «non possiamo permettere loro di venire nel nostro Paese, è più facile combattere qui che fargli occupare il nostro Paese, loro non hanno pietà. Preferiamo combattere e morire qui come eroi che vedere le nostre famiglie uccise a sangue freddo.» I giovani nel pieno della loro vitalità che si trovano a dover combattere la barbarie e a guardarla da vicino finiscono per cadenzare, in ogni epoca, parole e canzoni che descrivono nello stesso modo la fragile barriera tra la vita e la morte, con una prontezza al sacrificio che stride con la loro età.

A Zabadani non ci sono più combattimenti pesanti. I terroristi stanno trattando la resa ma ogni tanto lanciano dei razzi. E nelle loro sortite subiscono perdite che li indeboliscono di ora in ora. Un comandante si rivolge a noi: «ora dovete ritornare. Sarete accompagnati da un mezzo militare sicuro.»

/ 5
Grazie per aver votato!