ShoWah

27 gennaio, giorno della memoria di chi non ha memoria storica, di chi ne ha imposto il corso scritto, di chi l’ha imparata senza porsi un dubbio, una semplice domanda.

Eppure, oggi, settantotto anni dopo, troppe persone continuano a credere a ciò che gli è stato impartito, preferendo tenere gli occhi chiusi e molte non osano aprire gli occhi nonostante le prove evidenti che qualcosa di quel periodo 1939 – 1945 non sia stato come i vincitori hanno propinato.

Eppure, nel 2023, dovrebbe essere lecito porsi un sacrosanta domanda. Quando un fantomatico vaccino creato dal nulla e in tempo zero, appare sul mercato della salute, trasportato e scortato a – 80°C ed poi inoculato a +40°C sulle spiagge del fu Bel Paese, chiunque dotato di mens sana dovrebbe porsi un dubbio e, quel dubbio dovrebbe essere il grimaldello per scardinare i meccanismi di cancellazione e riscrittura storica.

Grazie a Dio, esistono persone, storici revisionisti, che con impegno e duro lavoro, non senza difficoltà, hanno compiuto ricerche e fornito prove di come e quanto la propaganda dei vincitori della WWII abbia inquinato la verità; grazie a Dio, esistono persone che non prendono tutto per oro colato, ma si pongono domande e non accettano l’inoculazione di una verità di comodo.

Per tornare al fatidico ragionamento dei – 80°C, la domanda che si pone, sulla tanto fantomatica ShoWah è la seguente: se in sei anni di guerra furono veramente bruciati sei milioni di ebrei, allora è lecito pensare che la Germania Nazionalsocialista possedesse una tecnologia tale da stravincere la guerra da sola contro tutto e tutti. Basta una rapido calcolo elementare per capire che bruciare sei milioni di persone in sei anni, significa aver avuto una tecnologia tanto avanzata dal permettere di bruciare circa 2 persone al minuto, quando oggi, anno 2023, la cremazione di un corpo richiede 1 ora e 30 minuti.

Non fosse sufficiente il calcolo numerico, passiamo all’impatto visivo. Chiunque si sia recato in visita al famoso campo di Auschwitz, comincia la visita guidata partendo da tre teche di vetro – opportunamente allestite all’inizio del percorso – che contengono scarpe, vestiti, capelli. L’immagine fa scattare immediatamente un sentimento di repulsione, ma è bene ricordare che nell’altrettanto famosa prigione di Guantánamo a Cuba, come in molti altri istituti detentivi, i prigionieri sono immediatamente privati dei propri averi, spogliati di scarpe e vestiti e rasati e rivestiti. Quindi far leva sull’effetto ottico non dovrebbe più avere lo stesso impatto a patto di accendere il cervello.

Lo storico revisionista ebreo David Cole – quindi non di parte – ha dimostrato nel suo documentario intervista come la verità storica sul più famoso campo di lavoro tedesco non collimi con la verità propagandata subito dopo la fine del conflitto ad opera di documentari girati da registi come Alfred Hitchcock, uno dei massimi esponenti della filmografia thriller mondiale. Perché fu scelto proprio un regista cinematografico, geniale nella sua attitudine di scatenare la paura con suoni e immagini, per girare documentari?

Il documentario di Cole mette a nudo verità incontrovertibili confermate dallo stesso direttore del campo di lavoro forzato, poiché questo era, puntando il dito su fantomatici lucernari – inesistenti nel periodo 1939/1945 – e realizzati dopo la fine della guerra, da cui sarebbe stato versato il letale Zyklon B, utilizzato per la soppressione dei detenuti, di cui non ci sarebbero però tracce nella famosissima quanto fantomatica camera a gas, ma presenti ed evidenti, invece, nella camera di disinfestazione per materassi, vestiti, etc. per cui lo Zyklon B era impiegato.

Si potrebbero violare tutti i sacri crismi che alla luce della Menorah continuano a brillare, dimostrando – cosa già avvenuta – che il famosissimo diario di Anna, l’enfant prodige di Amsterdam, fu scritto a posteriori con una penna biro semplicemente ancora non inventata all’epoca, ma meglio soprassedere per non causare un infarto fulminante a coloro che sono troppo deboli di cuore. Del resto, prendere film di Hollywood come documentari assolutamente veri è un errore. Credessimo a tutti i film americani, potremmo essere sicuri di avere un collega di lavoro che indossa una tuta avio, porta i capelli con la frangetta, ha le orecchie a punta e risponde al nome Spok.

I dati certi – fonte Croce Rossa Internazionale – confermano 271.000 morti, non 6.000.000 cifra raggiunta per compromesso dopo essere partiti da numeri più alti e più inverosimili. A conclusione della mistificazione, a scuola si insegna che fu la Germania a scatenare il secondo conflitto mondiale, quando la storia vera e documentata ha invece accertato che furono Francia e Inghilterra a dichiarare guerra, il che è come affermare che fu Ponzio Pilato a crocifiggere il Nazzareno, mentre fu proprio il prefetto romano a chiedere al popolo ebraico chi volesse libero fra l’assassino Barabba o Gesù. Verdetto del popolo? Barabba. Eppure alla domanda chi ha crocifisso il Cristo, il 90% risponde a gran voce: i Romani!

Ora dovrebbero bastare queste minime informazioni, unitamente a quanto accaduto dal 2020 ad oggi, per far scattare la scintilla del dubbio, vero fuoco di Prometeo, per accendere la fiamma della ricerca e di un pensiero critico che si opponga al dogma del pensiero unico in voga in questi anni di decadenza morale e culturale.

Una missione impossibile? Forse sì. Finché si crederà alla barzelletta che i “Nazisti” ucraini – termine tra virgolette, poiché inventato dalla propaganda post WWII – siano Nazionalsocialisti puri al servizio di un Presidente ebreo – contraddizione in termini – la missione resterà tale. In primis bisognerebbe quanto meno capire cosa intenda la Russia oggi con il sostantivo “Nazisti” quando si rivolge agli ucraini, termine con cui i russi identificano ogni nemico della Madre Patria, cosa di per sé semplice da capire se leggesse di più e guardasse meno Tv “spaCCiatura”.

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Pubblicato da Cristian Borghetti

Cristian Borghetti è nato il 10 settembre 1970 a Lecco, dove vive e lavora. Scrive racconti e romanzi pubblicati da diverse case editrici: “Ora di vetro” - Montedit; "Tre volte all'inferno" - Perdisa Pop2; “Le cabinet Masson” - StreetLib; “Phobia” StreetLib; “Hawthorn bend” - StreetLib; “Incubus” - Weird Book "Tre volte all'inferno" - Weird Book. Ha partecipato a diverse raccolte e premi letterari: “365 Storie Cattive” - AISEA ONLUS; “Le Nereidi“ - Circolo della trama; “Tremare senza paura” e “Horror Polidori Vol. 1 e 2” - Nero Press Edizioni; “Malombre” edita da Dunwich Edizioni; “Cuori di Tenebra”, “The horror show”; “Dark&Weird vol. 3”, “I volti del male” e “Nati dalle tenebre” con Weird Book. Ha collaborato con brevi articoli ed interviste per i blog La tela Nera e Orasenzombra. Ha scritto articoli per le riviste online “Praesidivm”, “2diPicche” ed "Eresia".