Più smog per tutti. Di questo passo non cambierà mai nulla

Più smog per tutti. Di questo passo non cambierà mai nulla

Più smog per tutti. Ma di questo passo non cambierà mai nullaNonostante gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni da raggiungere entro il 2050, nell’Unione europea i gas climalteranti presenti in atmosfera sono in continuo aumento. Più precisamente, dal 1990 al 2009 sono saliti del 27%. Lo rivela l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), per cui l’Ue dovrà rivedere l’intero settore trasporti, se vuole riuscire a tagliare la CO2 del 60% rispetto ai livelli del 1990. E pensare che l’Unione rappresenta uno dei modelli più virtuosi del mondo nella lotta ai cambiamenti climatici. Qual è dunque il problema? Che, allo stesso tempo, come stiamo vedendo bene anche in questi giorni, la vecchia Europa rimane virtuosa solo a parole, in quanto schiava dei soliti discorsi sul rilancio della crescita economica (e di settori come quello automobilistico). Vera causa, in quanto propulsore di stili di vita assurdi generati proprio per tenere alti i consumi, dei problemi come le emissioni di sostanze o di gas inquinanti. Il solito cane che si morde la coda, insomma.

Nel 2009 i trasporti sono stati responsabili del 24% di tutte le emissioni di gas a effetto serra dell’Unione europea. Una cifra inferiore rispetto a quelle relative al riscaldamento degli edifici o alla produzione di elettricità, ma che ha appunto subito l’incremento più consistente. Quello sul fronte smog lanciato dall’agenzia europea è un vero e proprio allarme. Anche perché, sempre nel 2009, il biossido di azoto (causa di asma e altri problemi respiratori) rilevato dalle stazioni di monitoraggio del traffico sparse nei Paesi membri, ha superato addirittura del 41% i valori limite annuali. La soglia limite giornaliera per le polveri sottili e pm10, invece, è stata superata nel 30% delle zone di traffico in tutti (e sottolineiamo tutti) i 27 Paesi dell’Ue. E questo, è bene precisarlo, nonostante gli obiettivi vogliano per l’Unione una riduzione complessiva delle emissioni del 68% fra il 2009 e il 2050.

Nel resto del globo la situazione non è migliore, anzi. Sia a livello di paradigmi culturali ed economici ammuffiti che di emissioni inquinanti la situazione è anche peggiore di quella del vecchio continente. Nel 2010, infatti, stando agli ultimi dati del Carbon dioxide information analysis center (Cdiac), sono stati oltre 33,5 i miliardi di tonnellate di CO2 emessa su scala planetaria. Una cifra record, in linea con quelle diffuse già un paio di mesi fa da altre analisi, come quella del Joint research center (Jrc), anch’esso dell’Ue.

Per Jacqueline McGlade, direttore dell’Aea, «Dobbiamo pensare a un cambiamento più radicale nel sistema dei trasporti europeo, affinché le emissioni non aumentino anche nei periodi di forte crescita economica». Grazie, ma è come avere detto niente. Di cosa stiamo parlando, infatti, quando trattiamo di riduzione delle emissioni? Di fare finalmente qualcosa per andare oltre dichiarazioni in cui si annuncia di avere scoperto l’acqua calda? O di andare oltre il paradigma della “forte crescita economica”, che in effetti va di pari passo con l’aumento di emissioni? Oppure di smetterla con le contraddizioni in termini, per cui si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero la crescita del business as ususal e la contemporanea diminuzione delle sostanze inquinanti, come molti supporter nuovi di zecca della green economy vogliono farci credere?

No, non si fa nemmeno finta di andare oltre le frasi preconfezionate. E poi dobbiamo sorbirci i cori lamentosi dei politici di tutta Europa che, durante le catastrofi che colpiscono in maniera crescente anche il nostro continente, in un classico stile da politicanti più italioti che europei (anche se le differenze tendono sempre più ad assottigliarsi), ci verranno a raccontare che le tragedie dovute ad agenti climatici estremi o le epidemie di asma e di disturbi respiratori fra i bambini delle grandi città non si potevano prevedere.

Andrea Bertaglio

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