Nasce Maximilien Robespierre – 6 maggio 1758

Maximilien Robespierre

Maximilien Robespierre
Ritratto di Robespierre, Museo Carnevalet, 1 gennaio 1790

Il 6 maggio del 1758 nasce, ad Arras, Maximilien Robespierre.

Dopo essere stato, insieme a Marat, Danton e altri, tra i principali organizzatori della Rivoluzione Francese, diventa uno dei protagonisti del Regime del Terrore durante il quale vengono attuate migliaia di esecuzioni. Sarà ghigliottinato il 28 luglio del 1794.

« La libertà consiste nell’obbedire alle leggi che ci si è date e la servitù nell’essere costretti a sottomettersi ad una volontà estranea. »

Opere complete, vol. VII, pp. 162-63 citato in Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, p. 135.

Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre detto l’Incorruttibile è stato un politico, avvocato e rivoluzionario francese, probabilmente il più noto e tra i più controversi protagonisti della Rivoluzione Francese e del Regime del Terrore.

Gli storici e i contemporanei si sono divisi tra chi lo considerava e lo considera un estremista, un demagogo e un dittatore che causò le numerose esecuzioni di coloro che erano considerati nemici della Rivoluzione, e chi lo ritiene un idealista, cresciuto nelle idee dell’illuminismo, in particolare quelle di Jean-Jacques Rousseau, devoto alla causa rivoluzionaria della Repubblica fino al sacrificio della stessa vita.

In quest’ottica, le leggi speciali del Terrore, tra l’altro non proposte da lui, ma votate dall’intero Comitato di Salute Pubblica, vengono viste come una misura necessaria a causa della guerra civile ed esterna a cui era sottoposta la Francia, rimproverando invece gli eccessi ai suoi più accesi seguaci e rivali, più che a Robespierre in persona, e collocando la sua politica all’interno di un’emergenza rivoluzionaria che richiedeva anche atti estremi per salvare la nuova Repubblica e la sua fragilissima democrazia.

Questa visione più positiva, rispetto a quella degli storici anti-rivoluzionari, che lo vede come custode della Repubblica contro gli intrighi dei realisti, nonché un sincero protettore dei poveri, è stata messa in luce e divulgata in maniera organica da Albert Mathiez nei primi decenni del XX secolo, che ha negato il paragone con Oliver Cromwell, il dittatore inglese anti-monarchico del XVII secolo: lo storico francese indica invece in Robespierre uno dei padri della democrazia rappresentativa a suffragio universale, con intenti più sociali rispetto alla democrazia liberale di stampo statunitense.

Il 10 novembre 1793, la Convenzione aveva partecipato alla festa della Ragione in Notre-Dame sconsacrata. Tutte le chiese di Parigi vennero chiuse e ci furono assalti ai beni ecclesiastici ed episodi di violenza ad opera di hebertisti e sanculotti. Il 21 novembre, Robespierre affermò che “L’ateismo è aristocratico”, proseguendo l’accusa dicendo che, con il pretesto di distruggere la superstizione, alcuni volevano fare dell’ateismo una specie di religione, pertanto bisognava opporsi a coloro che “pretendono di turbare la libertà dei culti in nome della libertà e di attaccare il fanatismo con un nuovo fanatismo”. Concluse: “Proscrivere il culto? La Convenzione non ha mai fatto questo passo temerario né mai lo farà”. Nonostante questo, il cattolicesimo verrà di fatto bandito per molti mesi. Il 28 novembre. ritornò sull’argomento al Club dei Giacobini, opponendosi all’idea che “un popolo religioso non può essere repubblicano”. “Non tollereremo che si innalzi lo stendardo della persecuzione contro alcun culto” è la chiusura del discorso. Il 6 dicembre 1793, Robespierre farà votare alla Convenzione un decreto in cui è stabilito che “La convenzione nazionale proibisce qualsiasi violenza o minaccia contraria alla libertà dei culti”. Il 16 dicembre, Maximilien respinge la proposta di Bourdon de l’Oise, che voleva espellere dal Club dei Giacobini tutti i preti, anche se costituzionali.

« Il vero sacerdote dell’Essere supremo è la natura; il suo tempio, l’universo; il suo culto, la virtù; la sua festa, la gioia di molta gente, riunita sotto i suoi occhi per stringere i dolci vincoli della fratellanza universale e offrirgli l’omaggio di cuori sensibili e puri. »

Tuttavia, Robespierre, temendo l’influenza e il ritorno delle masse alla religione cattolica, che egli stesso aveva fatto tornare legale con il ristabilimento della libertà religiosa, proclamò religione di Stato il culto laico e deista dell’ “Essere Supremo”, basato sulle teorie di Rousseau, e in parte di Voltaire, ma il suo decreto gli attirò l’ostilità sia dei cattolici sia degli atei. Robespierre prese anche le difese del clero costituzionale, i religiosi che si erano opposti ai preti refrattari, giurando fedeltà alla Repubblica, e accettò anche l’invito di una famiglia amica di tenere a battesimo il loro bambino, segno della sua volontà di conciliazione con i cattolici repubblicani. Molti atei e coloro che gli rimproveravano la sua spiritualità rousseauiana, spesso lo ridicolizzavano a parole. Anche Condorcet, portavoce dei salotti illuministi, enciclopedista e scettico verso il deismo, aveva affermato che “Robespierre è un prete e non sarà mai altro che un prete”. Nelle intenzioni di Robespierre, il culto dell’Essere Supremo avrebbe dovuto celebrare l’unità nazionale e favorire la pacificazione, con la vittoria in guerra e la possibile fine del periodo di emergenza del Terrore.

Se la precedente scristianizzazione aveva di fatto proibito ogni culto, soprattutto quello cattolico, tranne la celebrazione simbolica della Dea Ragione, ponendo sui cimiteri la scritta: “La morte è un sonno eterno”[109], il nuovo culto nazionale tentava una conciliazione tra opposte visioni. Robespierre fece votare una legge sul riconoscimento di questa nuova forma di spiritualità, in cui si affermava all’articolo 1 che “il popolo francese riconosce l’Essere supremo e l’immortalità dell’anima”. La frase venne apposta anche su molte chiese, riconvertite a templi della ragione o dell’Essere supremo, senza che vi si celebrasse alcun culto. Gli articoli 2 e 3, infatti, dichiaravano che “il solo culto che si conviene all’Essere Supremo è la pratica dei doveri dell’uomo”, cioè l’odio verso i tiranni, il rispetto dei deboli, la pratica della giustizia, ecc. Gli altri articoli confermano la libertà di culto e la laicità, ma puniscono gli assembramenti aristocratici e le istigazioni fanatiche. Per Robespierre si trattava di una religione naturale, un culto razionale, con istituzione di feste consacrate alle virtù civiche, con lo scopo, secondo lui, “di sviluppare il civismo e la morale repubblicana”.

Il culto dell’Essere Supremo fu un culto eminentemente deista, influenzato dal pensiero dei filosofi del secolo dei Lumi, e concepiva una divinità che non interagisce con il mondo naturale e non interviene nelle faccende terrene degli uomini, e si concretizzò in una serie di feste civiche, destinate a riunire periodicamente i cittadini e a “rifondare” la Città attorno all’idea divina, ma soprattutto a promuovere valori sociali e astratti come l’Amicizia, la Fraternità, il Genere umano, l’Infanzia, la Gioventù o la Gioia. L’8 giugno 1794 (il 20 pratile), Robespierre e altri deputati celebrarono la Festa dell’Essere Supremo al Campo di Marte. L’Incorruttibile svolse una specie di ruolo di “sacerdote” del nuovo culto, guidando una processione che segnò l’apogeo del suo prestigio, ma anche l’inizio della sua fine. Molti deputati lo insultarono e lo minacciarono apertamente. Questa fase coincise con il suo temporaneo ritiro dalla Convenzione.

Venuto meno il pericolo di un’invasione straniera, le misure eccezionali, emanate durante il Terrore, iniziarono a sembrare eccessive e i loro responsabili a essere malvisti, anche perché il crescente clima di terrore faceva sì che chiunque si sentisse un possibile bersaglio e futura vittima, in particolare dopo che era stato ghigliottinato anche Danton, uno dei capi più accesi e popolari. Tale cambiamento di situazione internazionale assicurò un ampio sostegno al colpo di Stato organizzato dagli avversari politici di Robespierre anche all’interno dell’Assemblea della Convenzione. Robespierre distingueva tra governo costituzionale, che protegge una Repubblica, e governo rivoluzionario, che deve costruirla. Secondo René Levasseur, “lungi dal chiedere la fine del Governo rivoluzionario, come qualcuno ha detto, egli raccomandò di mantenerlo, pur insistendo che venisse epurato dei furfanti e dei traditori che si erano infiltrati nelle sue file. Quanto al terrore, egli voleva che se ne alleggerisse il peso nei confronti del popolo, ma che diventasse più giusto e più severo verso gli aristocratici e i nemici della civica virtù”.

I nemici di Robespierre misero in giro la voce che volesse restaurare la monarchia costituzionale istituita nel 1791, ponendo sul trono il delfino Luigi Carlo, di nove anni, allora prigioniero dopo l’esecuzione della regina Maria Antonietta nel 1793, e nominare sé stesso reggente del regno. Altri lo calunniarono, dicendo avesse finanziato Catherine Theot, un’anziana predicatrice nota per diffondere una profezia secondo cui Robespierre era un nuovo Messia. Dopo quattro settimane di assenza, finalmente, il 26 luglio 1794, Robespierre si presentò alla convenzione, dove tenne un discorso di più di due ore. Egli ammonì sulla possibilità di una cospirazione contro la Repubblica, minacciò alcuni deputati che avevano, a suo parere, agito ingiustamente e avevano ecceduto nei loro poteri e che andavano dunque puniti, infine suggerì che il Comitato di Salute Pubblica e quello della Sicurezza generale, suo avversario da molto tempo, fossero rinnovati.

Tali velate minacce crearono grande agitazione nella Convenzione. Robespierre non aveva fatto nomi e ci si chiese chi fossero i deputati destinati ad essere puniti. Tutti erano peraltro sorpresi che l’Incorruttibile imputasse il terrore agli eccessi di quel Comitato di Salute Pubblica di cui lui stesso era membro.

La maggioranza del Comitato di Salute Pubblica era determinata ad agire prontamente. La Convenzione, di primo acchito, mossa dall’eloquenza di Robespierre, approvò la sua mozione:

« Popolo, ricordati che se nella Repubblica la giustizia non regna con impero assoluto, la libertà non è che un vano nome! »

l giorno successivo, il 27 luglio, o secondo il calendario rivoluzionario il 9 Termidoro, tuttavia, a dimostrazione che il clima era decisamente cambiato, quando Saint-Just, molto vicino a Robespierre, iniziò a parlare alla Convenzione, fu continuamente interrotto da violente proteste. Jean-Lambert Tallien, Billaud-Varenne e Vadier attaccarono nuovamente Robespierre e numerose furono le grida di “abbasso il tiranno!”.

Quando Robespierre esitò nel replicare a questi attacchi, si alzò il grido C’est le sang de Danton qui t’étouffe (è il sangue di Danton che ti soffoca). Seguì una rissa in cui Tallien sguainò un pugnale e minacciò Robespierre in mezzo alla Convenzione. Robespierre tentò invano di continuare a parlare, ma, alle cinque del pomeriggio, lui, Couthon e Saint-Just, con due altri giovani deputati, il fratello minore Augustin Robespierre e Philippe-François-Joseph Le Bas, gli unici rimasti nella convenzione a sostenere Robespierre, furono arrestati. Robespierre ebbe parole di rassegnazione prima di essere arrestato: “La Repubblica è perduta…i briganti trionfano”.

Nessuna prigione accettò però di incarcerarlo e, nelle ore successive, Robespierre si ritrovò libero con gli altri suoi sostenitori e fu condotto dalle truppe della Comune di Parigi all’Hôtel de Ville, dove fu raggiunto dai suoi fedeli, guidati da Payan e Coffinhal.

Erano tuttavia passati i giorni in cui la Comune poteva dettar legge alla Convenzione. I sanculotti erano stanchi e avrebbero agito di malavoglia, pensando che la fine del governo giacobino avrebbe favorito lo sblocco dei salari. Alla notizia della liberazione di Robespierre, la Convenzione si riunì nuovamente e dichiarò fuori legge i membri della Comune e i deputati da questi liberati. La Guardia nazionale, sotto il comando di Barras, ebbe grandi difficoltà nel raggiungere l’Hôtel de Ville.

Nella mattinata del 28 luglio 1794, le Guardie Nazionali, fedeli della Convenzione, si impadronirono, senza trovare ulteriore resistenza, dell’Hôtel de Ville e arrestarono numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre, tra cui nuovamente Saint-Just, Couthon, Le Bas, poco dopo suicida, e Augustin, il quale, nel tentativo di sfuggire alla cattura, si gettò dalla finestra sul selciato, dove fu raccolto in fin di vita. Su ciò che successe a Maximilien le opinioni degli storici divergono.

C’è chi sostiene che egli cercò di opporre resistenza, ma un colpo di pistola, sparato dal gendarme Charles-André Merda, gli fracassò la mascella. Altri storici, fra cui Thomas Carlyle e, soprattutto, Albert Mathiez, accreditano la tesi del tentato suicidio. Altra ipotesi quella dello sparo accidentale dell’arma impugnata dallo stesso Robespierre per propria difesa, nel momento in cui lo stesso cadde in terra nei momenti concitati della tentata fuga per le scale del palazzo. A capo delle guardie vi era Léonard Bourdon, ex hebertista, che aveva avuto contrasti con Robespierre all’epoca della campagna per l’ateismo di stato, sostenuto da Bourdon contro Robespierre. I chirurghi, incaricati di bendargli la mascella rotta, per evitare che non potesse essere ghigliottinato perché infermo, riferirono che l’Incorruttibile non emise un lamento, benché il dolore fisico dovesse essere molto forte, per una frattura di quel genere. Per tutto il tempo, Robespierre continuò a guardare in alto, in un atteggiamento quasi mistico.

Tutti i prigionieri catturati, una ventina, vennero condotti alla Conciergerie per un formale atto di riconoscimento e quindi inviati, senza processo, dopo circa quattordici ore dalla cattura, alla ghigliottina in Place de la Révolution, tra la folla esultante per la fine del “tiranno” Robespierre. Sia Augustin che Maximilien erano moribondi. Robespierre era ferito e frastornato, con una vistosa fasciatura alla mascella, e pare avesse anche la febbre. Un testimone oculare, Desessarts, affermò che era in condizioni pietose: “Il suo volto era in parte coperto da panni sporchi e insanguinati. Quel poco che si vedeva dei suoi tratti era orribilmente sfigurato. Non dava alcun segno di sensibilità. I suoi occhi erano chiusi, si aprirono solo quando fu trascinato verso il patibolo”. Non disse una parola, solo ebbe un grido di dolore quando gli tolsero la fasciatura per salire ed essere messo sulla ghigliottina. La stessa sorte toccò, il giorno dopo, ad altri ottanta seguaci di Robespierre, facendo quindi diminuire nettamente l’influenza giacobina in Francia.

Il corpo di Robespierre, come quello degli altri giustiziati, dopo che le loro teste erano state mostrate al popolo com’era uso, finì in una fossa comune del Cimitero degli Errancis, cosparso di calce viva. L’ossario del cimitero verrà traslato da Luigi XVIII nelle cosiddette Catacombe di Parigi, dove, tra migliaia di resti, è probabile si trovino tuttora quelli dell’Incorruttibile. La scultrice Marie Tussaud, fondatrice del celebre museo delle cere “Madame Tussauds”, eseguì un calco mortuario della testa di Robespierre, realizzandone un modello in cera (fornendo la base per molte ricostruzioni). Nel 2013, basandosi su questo modello, alcuni ricercatori hanno ricostruito, con tecniche di antropologia forense, il vero volto di Robespierre (perlomeno quello che aveva poco prima di morire), rivelando che, come quello di Danton, era segnato dal vaiolo che colpì regolarmente la Francia nel XVIII secolo. L’Incorruttibile avrebbe sofferto di altre patologie, tra cui la sarcoidosi, una malattia del sistema immunitario, ad eziologia non chiara, che causa vari sintomi, descritti da testimoni dell’epoca, come problemi alla vista, sangue dal naso, astenia, frequenti ulcere alle gambe e lesioni della pelle del volto. La diagnosi retrospettiva è stata quella di sarcoidosi diffusa, con compromissione degli occhi, delle vie respiratorie, del fegato e del pancreas.

Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino e iniziò il governo dei Termidoriani, tra cui vi erano, oltre agli ex giacobini e qualche hebertista, anche molto più estremi di Robespierre e riciclatisi come moderati e uomini d’ordine, molti ex indulgenti dantoniani, membri della Pianura e sopravvissuti girondini, espressione della borghesia moderata, che diedero corso per un certo periodo al cosiddetto Terrore bianco, volto ad eliminare gli oppositori e segnatamente i giacobini, emettendo numerose condanne a morte, come numero quasi pari alle precedenti e diffamando ogni azione politica di Robespierre e dei giacobini. Il club venne messo fuori legge, anche se non cessò le sue attività, anche utilizzando altri nomi, in Francia e nelle cosiddette repubbliche sorelle di qualche anno dopo. La maggioranza della nazione accolse con favore la caduta di Robespierre e dei giacobini. Essa ritenne che questo momento decisivo segnasse la fine del rigore e dell’estremismo del governo rivoluzionario e del Terrore. La coalizione che aveva eliminato Robespierre ben presto si disgregò e furono le correnti moderate della Convenzione, affiancati da Tallien, Fréron e Rovère, che dominarono il periodo termidoriano. Sorsero nuovi giornali aderenti alla nuova situazione politica, ricomparvero speculatori e finanzieri.

Solo una minoranza della piccola borghesia e dell’artigianato, impegnata nel governo rivoluzionario in periferia e nei club, comprese l’importanza della caduta di Robespierre e della vittoria dei moderati della Convenzione. In questi ambienti, l’amarezza, la preoccupazione e la disperazione furono diffusi. Alcuni patrioti si suicidarono, ad Arras e a Nîmes si parlò di marciare in aiuto di Robespierre. La madre della Duplay, arrestata con altri familiari, si impiccò in cella.[144] Alcuni rifiutarono di credere alle notizie. I Termidoriani avevano ora il potere e la forza per dominare la situazione e repressero facilmente le opposizioni dei partigiani di Robespierre in tutta la nazione. Si procedette ad arresti ed epurazioni immediate contro i cosiddetti “bevitori di sangue”, identificati con i giacobini.

La principale opera letteraria di Robespierre è Il terrore e la virtù (1793), nel quale egli sosteneva con grinta le motivazioni che lo avevano spinto ad attuare il Terrore e la necessità di prolungarlo. I suoi scritti precedenti, invece, non ci sono giunti in maniera organica; le opere di Robespierre, ritenute a volte vere e proprie analisi di filosofia della politica, sono costituite in maggioranza da discorsi. La Société des études robespierristes ha pubblicato (1910-1967) le Œuvres di M. Robespierre, in cui sono presenti le opere edite, parte della corrispondenza, i giornali pubblicati e quasi tutti i discorsi pronunciati dall’Incorruttibile. Nel 2000, è stata fatta un riedizione anastatica delle Œuvres. Nel 2007 è uscito l’XI volume delle Œuvres contenente alcune integrazioni non presenti nei precedenti dieci volumi. Nel novembre del 2011 sono stati acquistati dalle Archives nationales alcuni manoscritti di Robespierre che compariranno probabilmente nel XII volume delle Œuvres, in uscita dal 2012-2013. Uno di essi è del 1791 e parla della situazione finanziaria della Francia. Una sottoscrizione popolare ha raccolto inoltre 120.000 euro per acquistare all’asta altri manoscritti dalla casa d’aste inglese Sotheby’s, messi all’incanto nel 2012.

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