Marò, non si può più perdere tempo. La scelta dell’arbitrato è vicina

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Alla Farnesina serve continuità per il dopo Mogherini

MaròLa storia e la cronaca non hanno i tempi della politica e della burocrazia. Spesso accelerano e sorprendono. Nella notte tra domenica e lunedì, nell’ambasciata italiana di New Delhi, si sono prese carico della vicenda dei due marò. Nella forma drammatica dell’ischemia di Massimiliano Latorre, hanno introdotto una nuova dinamica nel caso dei due pescatori indiani uccisi il 15 febbraio 2012, della cui morte Latorre è accusato assieme al commilitone Salvatore Girone. L’urgenza di prendere iniziative per portare al più presto i due fucilieri di Marina fuori dall’India a questo punto diventa pressante. Il ministro della DE esplora il significato del termine: La storia e la cronaca non hanno i tempi della politica e della burocrazia. Spesso accelerano e sorprendono. Nella notte tra domenica e lunedì, nell’ambasciata italiana di New Delhi, si sono prese carico della vicenda dei due marò. Nella forma drammatica dell’ischemia di Massimiliano Latorre, hanno introdotto una nuova dinamica nel caso dei due pescatori indiani uccisi il 15 febbraio 2012, della cui morte Latorre è accusato assieme al commilitone Salvatore Girone. L’urgenza di prendere iniziative per portare al più presto i due fucilieri di Marina fuori dall’India a questo punto diventa pressante. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha detto che la vicenda è una priorità «ancora più oggi alla luce di quanto avvenuto e della situazione di difficoltà che si è creata». Si tratta ora di stabilire come la vicenda di domenica notte cambi il quadro di un caso che si trascina da oltre due anni e mezzo senza che i due militari abbiano avuto un giusto processo, nonostante le assicurazioni prodotte dalle autorità indiane. Al momento, gli elementi importanti che la crisi di Latorre mette in movimento sembrano essere due. Il primo è l’accelerazione che può prendere il contenzioso tra Roma e Delhi sulla vicenda. L’Italia rifiuta la giurisdizione indiana, sia perché ritiene che quel 15 febbraio i marò fossero in missione ufficiale, coperti dall’immunità data dalla loro funzione e quindi da processare in Italia o in un tribunale terzo, sia perché la giustizia indiana ha dimostrato di non essere in grado di istruire un processo capace di dare garanzie di imparzialità e di rapidità. L’ultima volta nell’autunno scorso, aveva assicurato che una soluzione sarebbe stata «fast and fair», rapida e giusta. Da allora, niente è successo. Ora, il malore di Latorre può essere considerato – anche se gli indiani potrebbero contestare questa lettura – il risultato di uno stress cronico provocato dalla situazione non solo di pseudo-cattività dei due militari (obbligati a risiedere a Delhi, nell’ambasciata italiana) ma anche di quotidiana incertezza sul loro futuro. Si tratta di una tesi forte che può essere messa sul tavolo del governo di Narendra Modi per forzarlo ad aprire un canale di colloquio diplomatico che il primo ministro indiano finora non ha escluso ma che nemmeno ha attivato. Soprattutto, la condizione di grave disagio dei due fucilieri – va ricordato anche il messaggio video altamente emotivo prodotto da Girone lo scorso 2 giugno – può essere un’argomentazione decisiva quando l’Italia dovesse decidere, a questo punto in tempi decisamente brevi, di ricorrere a un arbitrato internazionale sulla base dell’Annex 7 dell’Unclos, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla legge del mare. Il quale Annex 7 contempla anche l’eventualità di misure provvisorie determinate da situazioni particolari, come potrebbe essere lo stato di stress continuo dei due fucilieri. Una misura provvisoria potrebbe essere quella, decisa da una corte internazionale, di permettere a Latorre e Girone di lasciare l’India per andare in un Paese terzo in attesa del processo. Questa ipotesi di ricorso all’arbitrato è da sempre sul tavolo: ora diventa di attualità e paradossalmente ha una maggiore forza giuridica. La seconda dinamica importante messa in moto dal malore di Latorre riguarda la scelta del ministro che dovrà sostituire Federica Mogherini agli Esteri quando questa assumerà la funzione di Alto rappresentante della politica estera della UE. Essendo la questione marò uno degli elementi centrali della politica estera italiana dei prossimi anni, sul quale si determinerà una parte consistente della reputazione e della credibilità internazionali del Paese, sembra naturale che il prossimo ministro degli Esteri debba essere individuato e indicato in tempi brevi e che sia qualcuno che ha una forte sensibilità rispetto alla vicenda, in termini di conoscenza del dossier diplomatico e giuridico. La continuità d’azione, in questo caso, può rivelarsi decisiva.L’angosciosa notte di domenica costringe politici e funzionari a non perdere più un minuto.

Danilo Taino

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