Marò-India: le tappe della vicenda

Marò-India: le tappe della vicenda

Dall’arresto alle battaglia legale e politica, fino all’ischemia di Massimiliano Latorre. Cos’è successo tra India e Italia nella vicenda dei Marò

di Nadia Francalacci

“Abbiamo obbedito e dopo due anni siamo ancora qui!”.

Marò-India: le tappe della vicendaSalvatore Girone e Massimiliano Latorre, sono stanchi e irritati. E non lo nascondono più usando, forse per la prima volta, toni duri. In uniforme bianca, impeccabili nel loro orgoglio di militari italiani, si sono collegati via skype da New Delhi con il Parlamento in occasione della Festa della Repubblica. Ma stavolta hanno espresso tutta la loro rabbia e la loro delusione. Il tono usato da Salvatore Girone è stato forte, deciso, quasi urlato nel mandare il suo messaggio ai politici italiani: “Abbiamo obbedito ad un ordine, abbiamo mantenuto una parola, che ci era stata chiesta, e siamo ancora qui…”. Poi aggiunge:

“Vorremmo che venisse riconosciuta prima di tutto la nostra innocenza. Non è bello non essere a Roma, a sfilare con gli altri militari alla parata. Anche quest’anno siamo costretti a essere lontani. Abbiamo obbedito e continuano a farlo con dignità per la nostra nazione: vorremo che i due Paesi dialogassero per la pace perché il muro contro muro porta solo alla distruzione”.

Ecco le tappe principali di questa vicenda che va avanti ormai da oltre 24 mesi.

  • 1 settembre 2014: Massimiliano Latorre viene colpito da un’ischemia e ricoverato d’urgenza nel reparto di neurologia dell’ospedale di New Delhi. Le sue condizioni sono serie ma non è in pericolo di vita. LA figlia, Giulia, su Facebook attacca il comportamento del governo e del paese: “Si, è vero, mio padre sta in ospedale perché non sta bene ed ha avuto una mancanza. Ma voi italiani di **** fateli restare lì un altro po’! Vi preoccupate degli immigrati che bucano le gomme perché vogliono soldi e non vi preoccupate dei vostri fratelli che combattono per voi, ed alcuni perdono la vita. complimenti Italia, ci state portando alla morte per tante cose!”. Il Post viene poi rimosso dalla stessa ragazza, ma è polemica.
  • 28 marzo 2014: E’ arrivata poco dopo le ore 8, la notizia sulla decisione della Corte suprema di New Delhi sull’utilizzo della Nia, polizia antiterrorismo:”Il processo ai due marò è stato sospeso”. Per l’Italia, che era già riuscita a sventare la possibilità di utilizzare il Sua Act, ovvero la legge anti-terrorismo che prevede anche la pena di morte, si tratta di una indubbia vittoria: il riconoscimento cioè da parte della magistratura indiana della tesi che la Nia può occuparsi solo di casi di terrorismo. L’Italia comunque punta a un’azione internazionale concertata e più ampia. Il nostro Paese, infatti, non riconosce la giurisdizione indiana sul caso e che quindi rifiuterà il processo e non presenterà i due militari in tribunale. Il 27 marzo, il premier Matteo Renzi ha posto la questione sul tavolo anche nel colloquio con il presidente Usa, Barack Obama. Solo un mese prima, il 24 febbario 2014, finisce l’incubo “pena di morte”. Uno dei nodi più spinosi del caso maro’ e’ stata la spada di Damocle del ‘Sua Act’, la legge antipirateria che prevede la pena di morte per le uccisioni in mare e al cui impiego per i due militari italiani ora finalmente il governo indiano ha rinunciato. La notizia è arrivata questa mattina assieme all’ennesimo rinvio. Il Procuratore Vahanvati, infatti, ha presentato l’opinione favorevole ad abbandonare la Sua Act, ma ha chiesto che i capi d’accusa siano formulati dalla polizia Nia. La difesa però si è opposta a quest’ultima ipotesi e il giudice ha fissato una nuova udienza tra due settimane. Dunque altri quindici giorni di attesa. Intanto il 23 febbraio, il Ministro della Difesa indiano ha dichiarato: “Andremo avanti con le leggi indiane. Non abbiamo nessuna intenzione di retrocedere sul caso dei due marò”. Se il governo indiano non vuole retrocedere, neppure il Governo italiano intende abbandonare la questione.  “Consideriamo il vostro caso come una priorità”. Sono le parole del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, pronunciate durante la telefonata a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, effettuata sabato 22 febbraio, poche ore dopo il giuramento davanti a Napolitano al Quirinale. Parole che, assieme a quelle pronunciate anche dal neo ministro degli Esteri, Pinotti, hanno rassicurato e rasserenato i due fucilieri e i loro familiari. “Siamo pronti a fare tutto quello che è in nostro potere – ha continuato Renzi – per arrivare più rapidamente possibile ad una soluzione”. Sono trascorsi più due anni dall’arresto di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due fucilieri della Marina in missione anti-pirateria a bordo della petroliera Enrica Lexie. Per la giustizia indiana avrebbero sparato contro un peschereccio, scambiato per una nave pirata, ed ucciso due uomini, Salestian Jelastine e Ajesh Pinku. L’episodio è avvenuto in acque internazionali.
  • 16 febbraio 2012: al largo delle coste indiane vengono uccisi due pescatori indiani. A premere il grilletto, diranno subito le autorità locali, sono stati due fucilieri del Battagliano San Marco imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie. Ma la Marina Italiana dichiara da subito: “La dinamica deve essere verificata”
  • 19 febbraio: i due marò vengono fatti scendere dalla petroliera. L’incontro tra gli alti funzionari e i rappresentanti del ministero degli Esteri indiano è andato male. La Farnesina dichiara: ”Sono atti unilaterali della polizia indiana”
  • 20 febbraio: i due marò vengono fermati con l’accusa di omicidio. Rischiano anche la pena di morte.
  • 22 febbraio: inizia la difficilissima missione diplomatica italiana. Ma Nuova Delhi comunica ufficialmente che vuole applicare le leggi indiane.
  • 25 febbraio: squadre di investigatori sulla petroliera Enrica Lexie a caccia di fucili e pistole. La polizia indiana sequestra le armi italiane
  • 29 febbraio: la magistratura indiana impedisce ai periti italiani di esaminare le armi dei marò
  • 3 marzo: sulla testa dei due marò piomba una nuova tegola: il Vdr, ovvero la scatola nera, della petroliera non avrebbe conservato il contenuto dell’incidente perché sarebbe stato sovrascritto dopo 12 ore.
  • 5 marzo: condannati a 3 mesi di carcere preventivo nella prigione di Trivandrum
  • 25 maggio: i due fucilieri vengono trasferiti nel l’ex riformatorio a Kochi
  • 30 maggio: concessa la liberà su cauzione. L’alta Corte del Kerala ha accolto la richiesta di Latorre e Girone, accusati di aver ucciso due pescatori. I militari verranno trasferiti all’ambasciata italiana a New Delhi
  • 11 ottobre: il processo in Kerala viene rinviato di nuovo. Il tribunale di Kollam ha convenuto di aspettare la sentenza della Corte suprema di New Delhi che dovrebbe sciogliere il nodo della giurisdizione. Intanto il Ministro degli Esteri , Giulio Terzi dichiara: “Uno Stato di diritto come l’India non riesce a esprimere un giudizio in tempi rapidi che riporti a casa i nostri marò. Siamo Allibiti e sconcertati. Una sentenza negativa aprirebbe una controversia”.
  • 4 novembre: ratifica del trattato Italia-India, che consente ai condannati italiani di scontare la pena in patria
  • 20 dicembre: l’Alta Corte del Kerala autorizza i marò a tornare in Italia per due settimane in occasione del Natale, dietro garanzia dell’ambasciatore italiano
  • 3 gennaio 2013: interrogatorio di 5 ore dei marò alla Procura di Roma
  • 18 gennaio: la corte suprema indiana riconosce che la magistratura del Kerala non ha competenza sui marò in quanto l’incidente è avvenuto in acque “contigue” e autorizza il loro trasferimento a Delhi: da questo momento i due risiederanno in ambasciata con l’obbligo settimanale della firma. La Corte dispone che sia un tribunale speciale a giudicare, sulla base delle leggi indiane sulla navigazione e delle convenzioni dell’Onu.
  • 22 febbraio: la Corte suprema autorizza Latorre e Girone a rientrare in Italia per votare. A garanzia del ritorno in India un affidavit firmato dall’ambasciatore d’Italia, Daniele Mancini.
  • 23 febbraio: i due marò arrivano a Roma, accolti dal premier Monti con ampia copertura mediatica. Il giorno dopo si vota. 
  • 9 marzo: il governo indiano avvia la procedura per la costituzione del tribunale speciale.
  • 11 marzo: Undici giorni prima della scadenza il governo italiano annuncia che i marò non torneranno in India. Durissima la reazione di Delhi che minaccia ritorsioni diplomatiche e commerciali
  • 12-13 marzo: l’ambasciatore Mancini viene convocato al ministero degli esteri. L’avvocato indiano che rappresenta l’Italia si ritira dal processo
  • 14 marzo: la Corte suprema ordina all’ambasciatore Mancini di non lasciare l’India
  • 18 marzo: la Corte suprema nega l’immunità diplomatica a Mancini
  • 19 marzo: Sonia Gandhi, leader del partito del Congresso, parla di “tradimento” da parte dell’Italia
  • 20 marzo: Latorre e Girone sono ascoltati dalla Procura militare di Roma. Sono indagati per violata consegna aggravata e dispersione di oggetti di armamento militare
  • 21 marzo: retromarcia del governo italiano. Latorre e Girone torneranno in India. De Mistura concorda con l’incaricato d’affari indiano un’assicurazione scritta che escluderebbe la pena di morte per i marò. Latorre e Girone partono la sera stessa per rientrare alla scadenza prevista.
  • 26 marzo: Giulio Terzi si dimette da ministro degli Esteri alla Camera, in dissenso con la decisione del governo italiano
  • 1 aprile: il governo indiano affida nuove indagini sui marò alla National investigation agency che ha competenza sul terrorismo ed indagherà in base alla Sua act, legge sulla navigazione marittima che prevede la pena di morte.
  • 11 novembre: gli inquirenti indiani sentono in videoconferenza gli altri quattro marò presenti sulla Enrica Lexie il 15 febbraio 2012, dopo un lungo braccio di ferro su luogo e modi dell’interrogatorio. Secondo una perizia della Marina gli spari fatali sarebbero provenuti dalle loro armi e non da quelle di Latorre e Girone. A questo punto la Nia può concludere le indagini
  • 20 gennaio 2014: la Corte suprema dà tempo all’amministrazione indiana fino al 3 febbraio per risolvere il conflitto interno sull’impego della Sua act, che prevede la pena di morte. La Nia ha chiuso le sue indagini ed applicato la Sua act. Il passo successivo sarà la richiesta che Latorre e Girone tornino in Italia in attesa del processo.
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