L’uomo in catene

L’uomo in catene

L’uomo in cateneLa condizione dello schiavo è la negazione dell’essenza umana, poiché riduce l’individuo allo stato di mera forza lavoro. In termini giuridici la schiavitù fa di un individuo la cosa di un padrone, il quale dispone in modo totale del suo corpo, del suo lavoro e dei suoi beni. Lo schiavo può essere venduto, affittato, dato in concessione come un animale: la forma più violenta e radicale di sopraffazione degli uomini sugli uomini. In termini economici, nelle società antiche e in quelle preindustriali, la schiavitù è presente in tutte le regioni del mondo, come lo è all’epoca della tratta negriera, quale elemento fortemente reddituale dell’economia capitalistica: i porti di partenza e quelli di approdo, lo scambio uomini-merci, la piantagione agricola, le miniere, diventano alcuni dei simboli più vistosi del fenomeno. Allo stesso tempo sono endemiche le ribellioni e le rivolte che vanno dalla Roma tardo repubblicana a Santo Domingo o agli Stati Uniti tra ʹ700 e ʹ800, in quanto la riduzione in schiavitù è intrinsecamente legata al suo opposto, la resistenza. Il 16 piovoso dell’anno II (4 febbraio 1794) la Rivoluzione francese ratifica in maniera solenne per la prima volta nella storia l’abolizione della schiavitù: la Francia verrà seguita nei decenni successivi dalla pluralità degli Stati coinvolti nel sistema schiavistico, ma inizierà per converso la tratta clandestina, forse ancora più vitale e cruenta di quella legalizzata. Per l’abolizione definitiva dobbiamo attendere allora il XX secolo. Tuttavia il concetto e la pratica rinascono nei campi di concentramento e di lavoro forzato prima, e poi in altre forme, come quelle dello sfruttamento o della vendita dei bambini, nell’uso indiscriminato della mano d’opera in condizioni pre-moderne, attraverso la prostituzione forzata o la degradazione della condizione femminile come servitù domestica, nelle migrazioni di massa che stanno mutando l’assetto geopolitico di molte regioni nel mondo odierno. E la schiavitù permane ai giorni nostri, in forma molto più che metaforica, in tutte le dipendenze (gioco, alcol, droga, sesso ecc.) che sono consustanziali al mondo post-capitalistico.

Adriano Ossola

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