L’incapacità di Passera durante il caso dei Marò

Passera

PasseraCorrado Passera, il principale responsabile dell’attuale detenzione dei due Marò in India, sembra accreditarsi tra i probabili leader del centrodestra. Dalle colonne di Libero è partita prima l’autocandidatura di Passera, poi la pesante accusa nei suoi confronti da parte di Giulio Terzi di Sant’Agata. Quale futuro, dunque, per l’area politica orfana (orfana?) di Berlusconi? Da un po’ di tempo se lo stanno chiedendo gli italiani appassionati di politica. I momenti di indecisione, come quello che affligge il centrodestra, si sa, sono quelli in cui i più spregiudicati possono dettare la propria linea ed emergere come capipopolo. Così qualche settimana fa, esattamente a Ferragosto, Libero pubblica la lettera di Passera, ministro dello Sviluppo economico nel governo Monti. Oltre a lanciare il nuovo soggetto politico Italia Unica, la lettera è un trionfo di luoghi comuni su “la mancanza di lavoro per tantissime famiglie, l’assenza di prospettive per molte imprese, l’insufficienza di risorse per troppe comunità nelle varie parti d’Italia”: tutte cose che Passera, nella seppur breve stagione del governo Monti, sembra aver ignorato nonostante fosse alla guida del dicastero più importante. Eppure, nel corso dell’esecutivo Monti, l’ideatore di Italia Unica è stato il protagonista della vicenda dalla quale l’Italia prova a uscire da due anni e mezzo: quella dei Marò. Infatti, sempre Libero, ieri, ha pubblicato l’intervista all’altro ministro dell’ex governo Monti, quello degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata.“Il giorno precedente alla convocazione avevo ricevuto un paio di telefonate nelle quali mi si allertava che un collega di governo si stava agitando freneticamente perché temeva per gli interessi economici in India e riteneva che i due Marò dovessero essere rispediti indietro immediatamente”. Senza grandi giri di parole, Terzi ha puntato il dito contro Passera, raccontando come la responsabilità del ritorno in India dei due fucilieri sia da attribuire completamente a lui. Il centrodestra, storicamente, è affetto dalla sindrome del “Badoglianesimo”. Oltre ad essere il protagonista della disfatta di Caporetto nella Prima Guerra Mondiale, Pietro Badoglio fu colui che per antonomasia tradì l’Italia: prima accettando l’incarico di governo affidatogli dal Re e poi firmando l’armistizio, provocando un tragico sbandamento all’interno delle truppe italiane. Il centrodestra da sempre è animato da personaggi di tal fatta: primo tra tutti il voltagabbana e immobiliarista di Montecarlo, Gianfranco Fini. Memorabili le sue improvvise giravolte in merito alle principali tematiche e politiche, solo per accattivarsi chissà quale circolo culturale o finanziario. Tradendo, in questo modo, un elettorato storico che si è ritrovato o a credere in Berlusconi o a perdersi nelle formazioni minori dell’estrema destra. Passera, dunque, prima di offrirsi come guida politica di una precisa formazione politica che dovrebbe fare della lealtà e dell’appartenenza due valori fondanti, giustifichi, se ne ha il coraggio, le sue mancanze nella delicata vicenda dei Marò. Il centrodestra non ha bisogno di nuovi Badoglio.

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