Le case del piacere a Milano

Prostitute ritratte in una foto dei primi del Novecento

Le case di piacere - Henri de Toulouse-Lautrec - Au Salon de la rue des Moulins
Le case di piacere – Henri de Toulouse-Lautrec – Au Salon de la rue des Moulins

Ci addentriamo in una pagina nascosta della storia milanese, che racconta delle case di piacere fin dai tempi più antichi. Una pagina che ispirò anche molti scrittori, come Carlo PortaGiuseppe RovaniCletto Arrighi e Giovanni Testori.

LA NOTTE PIÙ LUNGA: 20 SETTEMBRE 1958

Come è noto, la Legge Merlin del 1958, in vigore ancora oggi, stabilì la chiusura delle case di tolleranza senza gli esiti sperati, tanto che si continua a ridiscuterne la modifica. La senatrice Lina Merlin aveva abitato a lungo a Milano e durante la Resistenza era stata una delle animatrici della lotta partigiana, di cui la sua casa in via Catalani 63 era stata un centro attivo. La sua legge, improntata al valore ideale del rispetto della dignità umana, entrò in vigore il 20 settembre 1958: la notte del 19 i bordelli italiani rimasero aperti tutta la notte. Sarebbe difficile enumerare tutte le case di piacere milanesi, che nei secoli furono moltissime e diverse per livello e caratteristiche, tuttavia proviamo qui a ripercorrere una pagina di storia locale di cui parlarono anche scrittori come Stendhal, Carlo Porta (La Ninetta del Verzee), Cletto Arrighi (Nanà a Milano), Giuseppe Rovani (Cento anni) e Giovanni Testori (La Gilda del Mac Mahon).

Busto della senatrice Lina Merlin, prima donna a essere eletta al Senato, Padova
Busto della senatrice Lina Merlin, prima donna a essere eletta al Senato, Padova

L’ETÀ VISCONTEA: IL CASTELLETTO E LE DONNE DE L’EMMA

Le prime notizie della prostituzione a Milano risalgono al XIV secolo, per un decreto “contro le meretrici e i lenoni” promulgato nel 1387 da Gian Galeazzo Visconti. In questo decreto, perfezionato tre anni dopo, si stabiliva che le meretrici si concentrassero in diverse case del Pasquirolo, un isolato detto “Il Castelletto” e collocato più o meno dove oggi si trova il comando dei vigili urbani in piazza Beccaria. Le case erano tre e le prostitute dovevano pagare una tassa e vestire con un mantelletto chiaro di fustagno sistemato sulla testa con due cocche che pendevano lateralmente, a formare intorno al viso la forma di una lettera “m”. Per questo erano dette donne “de l’emma” o “del sciall”. Non potevano adescare gli uomini per strada, pena l’arresto immediato. In età sforzesca i postriboli non potevano avere finestre o balconi che dessero su strade o piazze pubbliche, perché nessuno doveva vedere ciò che accadeva all’interno: già allora erano, appunto, “case chiuse”.

Gian Galeazzo Visconti dona alla Madonna la Certosa di Pavia. Per dimostrare la sua devozione, Gian Galeazzo si dedicò a combattere la prostituzione
Gian Galeazzo Visconti dona alla Madonna la Certosa di Pavia. Per dimostrare la sua devozione, Gian Galeazzo si dedicò a combattere la prostituzione

L’ETÀ DELLA CONTRORIFORMA: LE NUOVE CARCERI

In età controriformista, nel XVI secolo, l’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo volle sopprimere il Castelletto, anche perché la sua centralissima posizione disturbava i fedeli in procinto di recarsi al Duomo per la messa. Convinse perciò i deputati del carcere cittadino, detto “la Malastalla”, ad acquistare l’isolato del Castelletto per trasformarlo nelle nuove prigioni, con un contributo finanziario della curia. Il provvedimento non servì ad allontanare del tutto le prostitute, così l’arcivescovo fece demolire tutte le case rimaste ancora in piedi per edificare al loro posto l’oratorio di Santa Maria Immacolata, detto poi Oratorio del Bellarmino. Costrette a lasciare la zona, le prostitute si sparsero in diverse contrade del centro, dove rimasero fino al Novecento.

Milano, piazza Beccaria oggi.
Milano, piazza Beccaria oggi. Qui c’erano le carceri costruite al posto del Castelletto. Proprio per la presenza delle carceri, il luogo venne scelto per il monumento a Cesare Beccaria, fautore dell’abolizione della pena di morte

IL PRIMO OTTOCENTO: I “CASINI” DI LUSSO

Nell’Ottocento esistevano a Milano delle “case” di lusso come il Casino dei Nobili, quello degli Orfei e quello della Società del Giardino. Questi luoghi erano ufficialmente adibiti a ritrovi della buona società e spettacoli musicali, ma vi si favoriva una prostituzione d’alto bordo. Il Casino dei Nobili era in piazza San Giuseppe: l’architettura risaliva addirittura a Bramante, mentre gli interni erano stati abbelliti in modo fastoso dall’architetto Luigi Cagnola. Sono rimasti alcuni programmi musicali di quelle serate e fa sorridere che non pochi fossero di carattere sacro, come La passione di Gesù Cristo di Joseph Weigl, cantata nella settimana santa del 1824. Conosciamo anche i nomi di alcuni frequentatori, tutti esponenti di spicco della Milano-bene: il conte Cesare Castelbarco, il duca Antonio Litta, il conte Nava d’Adda e l’editore di musica Tito Ricordi con il giovanissimo figlio Giulio. La Società del Giardino si trovava in via San Paolo ed era prediletta dagli artisti: Stendhal, Vincenzo Monti, Francesco Hayez, Tommaso Grossi, Giandomenico Romagnosi e Carlo Porta, che non amava gli stranieri, Stendhal in particolare, e cercava di incontrarlo il meno possibile. Alessandro Manzoni non frequentò mai questi ritrovi e perciò era ritenuto dagli altri un bigotto di prima categoria. Dal Giardino si accedeva ai locali del postribolo in modo riservatissimo, attraverso un cunicolo che proteggeva da sguardi indiscreti. Il Casino degli Orfei, che era essenzialmente una società filarmonica, iniziò la sua attività nel 1819 e fu inaugurato da un’esibizione di Niccolò Paganini, già malato di sifilide. In epoca napoleonica erano state stabilite norme igienico-sanitarie per le case di tolleranza, dai dubbi risultati, e, come sempre, tasse che arricchissero lo Stato.

Niccolò Paganini
Niccolò Paganini

LE CINQUE GIORNATE AL VERZIERE

Il Verzee della poesia di Carlo Porta La Ninetta del Verzee, situato nei pressi della chiesa di Santo Stefano, era un luogo di intensa prostituzione. Durante le Cinque Giornate del 1848, le prostitute residenti in quest’area si diedero da fare per soccorrere i feriti, mettendo a disposizione le loro case. Tra i bordelli adibiti a locali di pronto soccorso spicca “El Cilinder”, posto nel cuore del Verziere, luogo da sempre frequentatissimo per motivi di sopravvivenza, non solo per la presenza dell’ortomercato, ma anche perché durante la peste del 1630 fu l’unica area di Milano a restarne immune. Questo strano fatto si deve probabilmente alla concentrazione della polvere di carbone che, con il suo potere assorbente e disinfettante, aveva protetto quest’area dalla diffusione della pestilenza. La polvere veniva dai barconi che arrivavano in via Laghetto e scaricavano il carbone da vendere in città.

Durante le Cinque Giornate le “case” del Verziere accolsero i feriti
Durante le Cinque Giornate le “case” del Verziere accolsero i feriti

I PROVVEDIMENTI DELL’ITALIA UNITA

Nel 1861, Cavour fissò i prezzi della prostituzione nel nuovo Regno d’Italia: 5 lire nelle case di Prima categoria, dalle 5 alle 2 in quelle di Seconda e meno di 2 in quelle di Terza categoria. Nel 1862, Urbano Rattazzi perfezionò questa legge stabilendo che le tariffe valevano per i primi venti minuti di prestazione: chi avesse sforato questo tempo avrebbe dovuto pagare di più. A fine Ottocento, il governo italiano torna di nuovo sulla prostituzione con una legge dovuta a Giuseppe Zanardelli e Francesco Crispi che vieta la vendita di cibi e bevande nei bordelli, insieme a giochi, balli e festini. Si stabilisce anche che le case abbiano una sola porta d’ingresso, con l’obbligo di murare qualsiasi altra ”specie di comunicazione con altre case, quartieri, stanze private, botteghe, negozi, magazzini e altri stabilimenti pubblici”. Si vieta anche di “affacciarsi alle finestre o trattenersi sulle porte dichiarate luoghi di prostituzione”, in modo che questi locali siano definitivamente “case chiuse”. Nel 1891 il ministro Di Rudinì rese obbligatorie le visite mediche periodiche per le prostitute e a questo scopo si rese necessario un censimento dal quale emerse che le case di piacere erano 528 (su 29 milioni di cittadini italiani), di cui 526 situate in Italia e 2 all’estero, in Eritrea, gestite dalla maîtresse napoletana Caterina Bollo. Alle prostitute venne anche fornito un libretto di lavoro e vennero alzate le tariffe per le prestazioni.

IL VICOLO BOTTONUTO E L’ANARCHICO GAETANO BRESCI

Per la prostituzione fu famosissimo a Milano il vicolo Bottonuto (probabilmente da “abbottonato”, cioè “chiuso a imbuto”), situato in fondo a via Larga, dove oggi si sbuca in via Albricci. Il famigerato vicolo, esistente fin dall’epoca dell’arcivescovo Borromeo e distrutto alla metà del Novecento insieme al vicolo del Cantoncello e a quello delle Quaglie, balzò agli onori della cronaca quando, il 26 luglio del 1900, l’anarchico Gaetano Bresci, giunto a Milano dall’America per assassinare il re Umberto I, trovò rifugio nell’appartamento della prostituta Alberta Magnani, al numero 3. Per l’ospitalità, l’anarchico pagò 50 marchette, senza richiedere nessuna prestazione sessuale. Vale la pena di ricordare che le “marchette” erano delle fiches che il cliente comprava alla cassa dalla maîtresse e che corrispondevano al prezzo delle prestazioni scelte.

L’anarchico Gaetano Bresci
L’anarchico Gaetano Bresci, autore dell’attentato al re Umberto I, trovò rifugio presso una prostituta del vicolo Bottonuto

LA ROSETTA DELLA VETRA

La Rosetta della Vetra fu una delle più famose prostitute di Milano. Si chiamava Elvira Andressi e a tredici anni si esibiva come cantante nelle osterie in zona di Porta Ticinese. Qualche anno più tardi, assunto il nome di Rosetta di Woltery, ebbe l’occasione di esibirsi al Teatro Sammartino di piazza Beccaria, ma senza ottenere il successo sperato. Tornata a cantare nelle osterie di infimo ordine, batteva in Piazza della Vetra, nel luogo detto la Colonnetta, dove, fino al 1778, si trovava la famosa “Colonna infame” di cui scrisse Alessandro Manzoni. Una sera di agosto del 1914 si addentrò nel vicolo Vetraschi, dove incontrò un agente di questura che voleva approfittarsi di lei, ma Rosetta si negò perché aveva giurato che mai avrebbe fatto sesso con qualcuno della polizia. Di fronte al rifiuto, il questurino la colpì al petto con il calcio del moschetto: trasportata all’ospedale, Rosetta morì per una emorragia interna. Il funerale fu organizzato dalla malavita milanese e fu celebrato nella chiesa di San Lorenzo, con le prostitute vestite di bianco.

Lapide che sorgeva di fronte alla Colonna infame
Lapide che sorgeva di fronte alla Colonna infame, costruita durante la peste del 1630 e distrutta nel 1778.

LE CASE DI CESARE BIANCHI

Nel 1923 la Società delle Nazioni tenne alcune sedute sul tema della prostituzione: la posizione degli Stati Uniti era quella dell’abrogazionismo, ma in Italia il regime fascista optò per il mantenimento delle case chiuse. Questa decisione convinse un avventuriero di Cremona, Cesare Albino Bianchi, a riorganizzare i bordelli milanesi: nella città era infatti tenutario di case in via Disciplinivia Fiori Chiari, al Verziere e in via San Carpoforo. Il suo progetto era quello di proporre degli scambi tra le prostitute locali e quelle straniere, soprattutto francesi, ma non riuscì a realizzarlo perché i tenutari francesi, constatato lo stato di degrado delle case italiane, si rifiutarono. Bianchi allora ripulì e risistemò tutte le case che aveva a Milano, acquistandone anche una nuova in via San Pietro all’Orto, e si inventò il sistema delle “quindicine”: ogni quindici giorni cambiava le ragazze sostituendole con francesi, cubane, messicane, brasiliane, statunitensi, africane. Durante la guerra d’Africa del 1935, Bianchi pensò di trapiantare la sua fiorente attività nei luoghi di guerra, ma l’anno successivo morì a causa di un infarto.

Prostitute ritratte in una foto dei primi del Novecento
Prostitute ritratte in una foto dei primi del Novecento

La storia delle case di Milano è troppo lunga per essere esaurita qui: non solo erano moltissime, ma  per ognuna ci sarebbero una miriade di racconti. I libri citati in bibliografia saranno utili a chi vuole approfondire l’argomento. Chiudiamo con il ricordo di Tullio Barbato sulle tracce rimaste nei primi anni 80:

E le case? Che fine hanno fatto? Quelle di via Disciplini 2, di via Bergamini 15 e di via Uberti 11 sono diventate case d’abitazione: nella prima c’è anche qualche ufficio, nella seconda un negozio d’antichità. La casa di via Rutilia è rimasta un albergo. Quella di via Fiori Chiari 17 è stata trasformata in ristorante: il piano terreno quasi uguale a un tempo, con le piastrelle colorate diverse da stanza a stanza, la scala circolare in marmo, la statua; l’ammezzato ancora con un quadro di soggetto libertino appeso alla parete; solo il primo piano differente, con le camere diventate in parte sale da pranzo. Dei ritrovi ufficiosi, quello di via Washington 38 vede destinati i suoi sei locali ad ambulatorio per i servizi psichiatrici, mentre Il Cavallino Bianco, in via Venini 61, ha lasciato il posto ad appartamenti e a una clinica per cani.


PER APPROFONDIRE – LE CASE DI PIACERE A MILANO

  • Luigi Inzaghi, Bordelli milanesi, LittleItaly, Milano, 2012.
  • Tullio Barbato, Case e casini di Milano, Virgilio, Milano, 1982.
  • Alberto Lorenzi, I Milanesi le donne l’amore, Virgilio, Milano, 1981.

Anna Preianò

VI gennaio MMXVI

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