L’accusa delle Ong a Israele: “No deportazione immigrati in Ruanda”

Israele

In un clima di forte incertezza, i protagonisti negano il piano varato da Tel Aviv di rimpatrio di 40 mila irregolari verso la regione dei grandi laghi.

Dall’Uganda e dal suo vicino i governi fanno sapere: “Nessun accordo con Netanyahu”

IsraeleIl mondo delle Ong chiede a gran voce di fermare le deportazioni di migranti irregolari fuori dallo stato israeliano. Questo dopo che nelle ultime settimane il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il via a una serie di misure volte a promuovere l’abbandono del paese da parte di coloro che sono entrati illegalmente nel paese e ai quali non è stato riconosciuto lo status di rifugiato.

Scelte per finta. Una di queste misure è un incentivo economico di 3500 dollari garantito a chi lascerà volontariamente il territorio israeliano in un arco di tempo di circa tre mesi. A fine marzo poi non è chiaro cosa succederà a coloro che non avranno accettato di partire, ma le parole del premier non lasciano spazio a fraintendimenti. “La scelta è semplice – ha detto il premier alla Knesset –  possono cooperare con noi e partire spontaneamente, in maniera onorevole ed umana. Altrimenti saremo obbligati a ricorrere ad altri mezzi di cui possiamo disporre per legge”. La legge cui fa riferimento prevede la reclusione a tempo indeterminato per i immigrati irregolari e multe a dir poco salate per chi darà loro accoglienza.

Dove andare. Durante la stessa seduta del parlamento israeliano, Bibi ha anche sottolineato che grazie alle misure prese al confine con l’Egitto, i flussi di irregolari africani nel paese sono nettamente diminuiti. “Si erano stabiliti qua 60 mila infiltrati illegali – ha detto – Ne abbiamo fatti uscire 20 mila e adesso l’obiettivo è di far uscire i rimanenti”. Stando quindi alle cifre snocciolate dal primo ministro su territorio israeliano ci sono circa 38mila migranti irregolari provenienti in larga parte da Sudan, Sud Sudan e Eritrea.

Il piano. Se agli immigrati spettano 3500 dollari, una somma maggiore è paventata per i paesi che li accoglieranno. Il punto della questione è capire dove saranno destinati. Nonostante ancora nessuna fonte ufficiale abbia annunciato la destinazione, da tempo risuonano i nomi di Ruanda e Uganda che stando a quanto affermato dalle organizzazioni non governative avrebbero stipulato con Israele un accordo che prevede in cambio dell’accoglienza anche una maggior collaborazione sia militare che agricola tra i tre paesi.

L’accusa. In un clima di imminenza, le ong hanno sottoscritto un appello per fermare il piano di deportazioni. A firmarlo anche Amnesty International, l’Associazione per i diritti civili Acri, Ong Kav laOved che sioccupa dei diritti sociali dei lavoratori stranieri in Israele e l’organizzazione di assistenza ai profughi Assaf.  “Israele manda questi immigrati in un Paese insicuro – affermano le Ong, secondo quanto riferito dal Jerusalem Post – Molti di loro rischiano la morte”. “Nel Ruanda – continuano –  non c’è sicurezza. Quanti vi sono già stati espulsi da Israele si sono trovati esposti a minacce fra cui rapimenti, torture e traffici umani. Anche là sono costretti a vivere da profughi. Solo pochi di loro riescono infine a raggiungere un Paese sicuro”.

La smentita. Di fronte alla mobilitazione delle ong e al polverone sollevato dalla vicenda, il governo ruandese attraverso il ministro aggiunto degli esteri Olivier Nduhungirehe ha negato con un tweet l’esistenza di tale accordo con Israele. Stesso discorso per l’Uganda’ dove la smentita è arrivata dal ministro alle relazioni internazionali Henry Okello Oryem.

Chiara Nardinocchi

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