La tratta di esseri umani: statistiche

La tratta di esseri umani

La tratta di esseri umaniLe analisi del Ministero della giustizia (settembre 2015)

Nel settembre 2015 la Direzione generale di statistica del Ministero della giustizia ha pubblicato un’indagine statistica   su un campione rappresentativo di fascicoli definiti con sentenza relativamente ai reati ex art. 600, 601 e 602 del codice penale. Partendo da una stima dell’entità del fenomeno basata sui dati dei procedimenti iscritti negli uffici giudiziari italiani per questi reati, la Direzione ha approfondito l’argomento realizzando una rilevazione campionaria, su base nazionale, dei fascicoli definiti con sentenza in primo grado e contenenti i reati relativi alla tratta degli esseri umani.

Reati di tratta

Lo studio evidenzia che ogni anno in Italia vengono iscritte in media circa 209 contestazioni di reato inerenti la tratta di esseri umani nei registri dell’ufficio Gip/Gup e una media di 33 nei registri della Corte di Assise. La gran parte (73%) riguarda la riduzione in schiavitù (art. 600 cp), il 23% la tratta di persone (art. 601) e il 4% l’alienazione e acquisto di schiavi (art. 602 cp). Nel triennio 2011-2013, le sentenze di primo grado che interessano l’articolo 600 del codice penale sono state in media 54 (in 18 la pronuncia riguarda l’articolo 601 e in 2 è trattato l’articolo 602). La percentuale delle condanne è più alta per gli artt. 600 e 601, rispettivamente pari al 69% e al 67%, mentre scende al 50% per l’art. 602. Le assoluzioni rappresentano per tutte e tre le fattispecie di reato circa il 20% degli esiti delle sentenze, il resto è costituito dalle sentenze promiscue che prevedono cioè assoluzioni per alcuni imputati e condanne per altri. Una media di 67 fattispecie di reato inerenti la tratta di esseri umani finisce ogni anno in corte d’appello e circa 49 vengono definiti. Nel complesso, nel secondo grado di giudizio, la percentuale di condanne aumenta raggiungendo il 79% del totale delle sentenze.

Reati di tratta

Dall’indagine statistica emerge che la vittima tipica dello sfruttamento corrisponde al profilo di un/una giovane, di età media di 25 anni, nel 75,2% dei casi è di sesso femminile, di nazionalità estera, principalmente rumene (51,6%) e nigeriane (19%), in alcuni casi sposate (13,6%) o con figli (22,3%). Il 15,7% delle vittime sono rappresentate da minorenni che giungono in Italia insieme o con il consenso dei genitori mentre il 21,4% sono uomini desiderosi di venire in Italia con la speranza di trovare un lavoro. Lo sfruttamento ha inizio appena giunti nel nostro paese perché quasi sempre la vittima decide volontariamente di partire, nell’84,5% dei casi per cercare lavoro mentre solo nel 4,4% perché costretta. In genere, come si evince dalle dichiarazioni delle vittime, ci si rivolge ad un connazionale che già vive in Italia il quale poi mette in atto lo sfruttamento con l’inganno o la promessa di un lavoro, denaro o altri vantaggi – ciò avviene il 56,9% delle volte – con violenze e minacce rispettivamente il 39,8% e 31,4% delle volte. Ci sono inoltre vittime (l’11,7% del campione) sfruttate approfittando della loro inferiorità fisica o psichica e quindi costrette per il loro stato di handicap a sottostare alle condizioni si schiavitù dell’autore dello sfruttamento per poter vivere.

Nel caso delle donne, 3 volte su 4, una volta giunte in Italia, vengono costrette a prostituirsi subendo minacce e violenze fisiche e sessuali; nel caso degli uomini, invece, l’attività prevalente cui sono sottoposti è il lavoro in condizioni di schiavitù (48,3%) seguito dai furti (36,2%) e dall’accattonaggio (29,3%). Un’altra tipologia di sfruttamento è poi quella che riguarda i bambini, anch’essi costretti di sovente a prostituirsi nel caso di ragazze adolescenti (68%) o impiegati per commettere furti nel caso dei maschi (46,1%). In genere i bambini, ma a volte anche donne e uomini adulti, finiscono in un campo nomadi dove vivono in condizioni di estrema indigenza e dove sono costretti a rubare o a mendicare per poi consegnare tutto il ricavato all’organizzazione. Sovente c’è anche un legame di parentela tra le persone che vivono nel campo nomadi per cui le attività illecite, anche se imposte, vengono vissute come una necessità per la sopravvivenza familiare. Le analogie tra la situazione delle vittime e quella degli organizzatori, che spesso partecipano alle attività criminose e vivono nelle stesse disagiate condizioni delle vittime, non sempre portano i giudici a condannarli per il reato di riduzione in schiavitù o tratta di persone. Gli autori dei reati di riduzione in schiavitù, tratta di persone e alienazione e acquisto di schiavi hanno un’età media di 35 anni, 2 volte su 3 sono uomini, in gran parte stranieri (87,4%) tra cui il 45,2% è di nazionalità rumena, il 14,9% albanese e il 10,1% nigeriana. Per quanto riguarda la correlazione statistica tra le diverse etnie e le tre distinte fattispecie di delitto, si segnala una propensione maggiore rispetto alla media di criminali bosniaci, italiani e serbi per il reato di riduzione in schiavitù, di nigeriani per la tratta di persone e di albanesi e nigeriani per il commercio di schiavi. A livello assoluto prevalgono imputati di nazionalità rumena per l’articolo 600 del codice penale e di nazionalità nigeriana per gli articoli 601 e 602. Queste fattispecie delittuose sono connesse con altri reati nell’83% degli autori, in quasi la metà dei casi con il favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione e in quasi un terzo con l’associazione a delinquere e con violazioni delle norme sull’immigrazione. Tutti crimini la cui percentuale di condanne risulta molto alta, rispettivamente 82,9%, 67,1% e 73,7%.

Considerando tutti i capi di imputazione relativi alla tratta di esseri umani (articoli 600, 601 e 602 cp) risulta una frequenza di condanna o patteggiamento pari al 59,6% (60,1% per l’art. 600, 58,1% per l’art. 601 e 59,3% per l’art.602) mentre i fascicoli con almeno una condanna per uno dei 3 capi di imputazione sono il 68,4%. Nell’83% dei casi il reato di tratta è connesso con altri reati, tra i reati connessi la percentuale delle condanne è pari al 77%. La pena media inflitta ai condannati per tratta, comprensiva anche di quella per reati connessi, è di 9 anni, in un terzo dei casi la penna comminata è compresa tra i 6 e i 9 anni. La pena per il solo reato di tratta, per gli imputati che non hanno altri reati connessi, è di 5 anni e mezzo, nel 35% di questi è compresa tra i 3 e i 6 anni.

I dati UE (maggio 2016)

A livello europeo, la Commissione europea   ha pubblicato il 19 maggio 2016 un documento sui progressi compiuti nella lotta alla tratta di esseri umani contenente dati relativi al 2013 e 2014. Lo studio non misura le dimensioni effettive della tratta, ma si limita a fornire dati sulle vittime e sui trafficanti che sono venuti a contatto con le autorità o con altri attori a livello nazionale.

Vittime

  • Nel periodo 2013-2014, nei 28 Stati membri dell’UE sono state registrate 15.846 vittime (vittime accertate e presunte). Tuttavia, data la complessità del fenomeno, ci sono validi motivi per ritenere che il numero effettivo delle vittime della tratta nell’UE sia in realtà significativamente più elevato.
  • La tratta a fini di sfruttamento sessuale si conferma la fattispecie di tratta più diffusa (67% delle vittime registrate), seguita dallo sfruttamento del lavoro (21% delle vittime registrate). Il restante 12% è stato registrato per le vittima di tratta finalizzata ad altre forme di sfruttamento.
  • Per oltre i tre quarti dei casi le vittime erano di sesso femminile (76%).
  • In almeno 15% dei casi, le vittime registrate erano minori
  • Il 65%delle vittime registrate erano cittadini dell’UE.
  • I primi cinque paesi dell’UE in termini di cittadinanza delle vittime registrate nel 2013-2014 sono stati la Romania, la Bulgaria, i Paesi Bassi, l’Ungheria e la Polonia, gli stessi paesi degli anni 2010-2012.
  • I primi cinque paesi terzi in termini di cittadinanza delle vittime registrate sono stati la Nigeria, la Cina, l’Albania, il Vietnam e il Marocco.
  • 6.324 persone sono entrate formalmente in contatto con la polizia o il sistema giudiziario penale per questioni connesse al reato di tratta di esseri umani.
  • In totale nell’UE sono state riportate 4.079 azioni penali e 3.129 condanne per tratta di esseri umani.

Confrontando i dati su base annua, il totale di vittime registrate indicato dai dati per il 2013-2014 è inferiore a quello riportato nel documento di lavoro di Eurostat per il 2010-2012  (8.034 nel 2013 e 7.812 nel 2014, rispetto a 9.710 nel 2010, 9.438 nel 2011 e 10.998 nel 2012). Il volume di Eurostat con i dati sul traffico di esseri umani è stato aggiornato con un’edizione 2015  , che dà conto soprattutto delle ulteriori informazioni provenienti dall’Italia – e in particolar modo della ricerca condotta dal Ministero della giustizia sugli esiti dei procedimenti penali per i delitti di tratta.

I dati del Consiglio d’Europa (gennaio 2017)

Il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (GRETA) ha pubblicato il 30 gennaio 2017 un rapporto sull’attuazione della Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani da parte dell’Italia  . Il rapporto prende in esame la situazione specifica dei rimpatri forzati delle vittime di tratta dall’Italia e l’identificazione di queste ultime tra i migranti e i richiedenti asilo. Il GRETA riconosce le gravi difficoltà che l’Italia sta vivendo a causa dell’aumento senza precedenti dei flussi di migranti e di rifugiati nonché i notevoli sforzi compiuti dal paese, con l’aiuto delle organizzazioni internazionali e della società civile, per far fronte alle sfide poste dal fenomeno migratorio. Il rapporto, elaborato in seguito a una visita in Italia nel settembre 2016, rivela delle lacune nell’individuazione delle vittime di tratta tra i migranti appena arrivati e i minori non accompagnati. Un’attenzione particolare è rivolta alla situazione delle donne e ragazze nigeriane, che arrivano sempre più numerose in Italia, molte delle quali suscettibili di diventare vittime di tratta ai fini di sfruttamento in Europa. In particolare il rapporto evidenzia che il paese di origine della maggior parte delle vittime della tratta di esseri umani è la Nigeria. Il numero delle donne arrivate in Italia dalla Nigeria che hanno chiesto la protezione internazionale è infatti aumentato negli ultimi anni: tra il 1° gennaio e il 15 settembre 2016 sono arrivati in Italia 27.083 nigeriani, 7.737 donne e 2.319 minori. Secondo la Commissione per il riconoscimento del diritto di asilo, il numero di richiedenti asilo dalla Nigeria era di 9.870 nel 2014 (il 18% donne), 17.989 nel 2015 (27% donne) e 14.681 fino al 15 settembre 2016 (27% donne). Il GRETA solleva preoccupazioni in merito al fallimento nell’identificazione di queste donne come vittime di tratta in una fase iniziale, alla scomparsa di minori non accompagnati dai centri di accoglienza, e al modo in cui vengono eseguiti i rimpatri forzati delle vittime di tratta verso i loro paesi di origine.

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