La farsa dei funerali agli immigrati di Lampedusa

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Il ministro Alfano contestato alle esequie delle 400 vittime del naufragio sull’isola siciliana.

Un rito vuoto, senza le vittime, molte delle quali sono ancora sepolte in mare.

E senza i superstiti, che restano nel Cie e non possono nemmeno piangere i loro familiari

Immigrati“Abbiamo assicurato degna sepoltura ai morti, ci stiamo occupando dei vivi e ora lotta senza quartiere ai trafficanti di uomini”.

Sono le ultime parole pronunciate dal ministro dell’Interno Angelino Alfano prima di essere portato via dalla sua scorta.

Frasi sommerse dalla contestazione e dalle grida di “assassini, assassini, via la Bossi-Fini”.

Finiscono così i funerali delle 400 vittime dei due naufragi di Lampedusa.

Una farsa, una drammatica farsa inscenata dal governo di questo Paese.

L’Italia è riuscita per la prima volta celebrare dei funerali senza bare.

I morti non c’erano. Le donne, i bambini, gli uomini giovani affogati nel mare di fronte a Lampedusa, erano stati già sepolti nei giorni scorsi.

Altro che degna sepoltura, signor ministro dell’Interno, quelle bare non riposano in un unico luogo, sono sparse nei cimiteri di città e paesi siciliani, hanno solo un numero a distinguerli, non sono nessuno, non hanno nome.

I vivi non sanno dove piangerli, non sanno chi piangere. Avevano promesso funerali di Stato.

Lo aveva fatto il capo del governo Enrico Letta davanti al mondo intero, a Lampedusa, con l’Europa presente (c’era Barroso), c’era anche Angelino Alfano che annuiva commosso, e severo rimbrottava i giornalisti che chiedevano la fine della Bossi-Fini e la cancellazione dell’orrendo reato di immigrazione clandestina.

“Se servisse ad evitare tragedie di questo tipo”, sospirò infastidito volgendo lo sguardo al cielo.

Commozione, lacrime ministeriali, impegni solenni: tutto è finito nella farsa di Agrigento.

I funerali li hanno voluti lì, nel collegio elettorale del ministro, non a Lampedusa, la frontiera africana dell’Europa, isola che da vent’anni conta i morti e assiste i vivi.

Già i vivi, gli immigrati superstiti, quelli che sono scampati al mare, altro che assistenza.

Gli scampati sono lì, nel centro di accoglienza di Lampedusa, sempre superaffollato, sempre in condizioni igieniche precarie, con il cibo scarso e lontano dalle loro tradizioni.

Ieri, i vivi sull’isola hanno protestato. Volevano piangere i loro fratelli, vogliono vivere meglio, vogliono andare in Europa. Lontano dall’Italia, un paese governato da gente incapace finanche di piangere.

Il Paese che organizza funerali senza bare.

Enrico Fierro
21 ottobre 2013

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