Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920 – 1.3

Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920

Conflitti di fabbrica nell’aprile-maggio

Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920Mentre gli ordinovisti si occupavano dei loro problemi culturali, fenomeni importanti si stavano verificando nell’industria metallurgica. La Federazione Metallurgica sembrava aver rivisto le sue posizione del marzo, così come erano state espresse nella risposta a Bouch e compagni. Questi operai avevano chiesto che non ci si accontentasse delle otto ore, ma si partisse all’attacco con nuove richieste. La FIOM negli accordi di febbraio aveva imposto agli industriali una commissione paritetica per la revisione dei mini mi in rapporto al carovita, ma di fatto aveva lasciato cadere la questione. Ora chiede alla Confederazione degli industriali di discutere immediatamente sui nuovi minimi. Gli operai avevano posto allora il problema della eliminazione del cottimo ed ora la Federazione assumeva una posizione quanto mai avanzata su tale problema.

Sembra chiaro che almeno taluni dirigenti desiderano non perdere i contatti con le esigenze delle masse. Se è di Gino castagno l’articolo apparso sull'<< Avanti!>> a firma g.c. nel numero del 26 maggio 1919, l’analisi generale della situazione politica che si fa da parte dei sindacalisti metalmeccanici ha guadagnato molto in perspicuità. L’articolo dà infatti per scontate le stesse tesi che gli autori della lettera del marzo avevano avanzato incontrando la netta reazione della FIOM; esso inizia osservando che la concessione delle otto ore è stato un grosso colpo tentato dagli industriali in un momento in cui, fiduciosi nel futuro, avevano progettato di intensificare la produzione e por mano ad una ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro. ma poi le cose erano andate diversamente. Il prolungarsi delle trattative di pace aveva impedito l’afflusso di materie prime, il tenore poi del trattato nelle sue clausole economiche aveva determinato un inasprirsi di cambi, mentre la domanda interna si rivelava inferiore alle previsioni. Inoltre gli operai, pressati dal carovita, avevano intensificato le loro richieste anziché accontentarsi di quanto ottenuto. Il risultato era stato un intensificarsi della tensione tra operai e industriali. Ora il fermento tra le masse cresceva di giorno in giorno e si manifesta in forme che nulla aveva a che vedere con la vecchia prassi sindacale. Le singole rivendicazioni, anche le più futili, sono sintomi di un malessere profondo e pretesti per agire. Che cosa bisogna fare dinanzi a queste continue esplosioni di lotta realizzate fuori degli schemi del sindacato? Occorre – conclude l’autore – mettersi alla testa di queste lotte per guidarle e incanalarle secondo i fini del sindacato, << ma opporsi no! Mai >>.

L’enfasi della chiusa fa intuire che secondo l’autore vi erano bene delle persona tra i sindacalisti che avrebbero desiderato per l’appunto << opporsi >>. Ma nel complesso abbiamo visto che l’atteggiamento della FIOM è mutato e ciò appare con evidenza nelle vertenze che hanno luogo tra l’aprile e il maggio.

Il 1° aprile sj era, almeno temporaneamente, composta la vertenza con la FIat per il cottimo di alcuni reparti. Oltre al 10% di aumento in rapporto alla diminuzione di orario, era previsto, per questi singoli reparti, un 5% in più che globalmente avrebbe comportata per la Direzione un onere di 2 milioni e mezzo di lire. La posizione della FIOM era stata caratterizzata dal rifiuto di porre la questione in termini generali e dal volerla affrontare solo limitatamente ad alcuni reparti. Il 4 aprile nella riunione preliminare tra Ferraris, Olivetti, Buozzi e Uberti sulla questione dei nuovi minimi, la Federazione Metallurgica appare intenzionata, in questa diversa prospettiva, a voler affrontare di nuovo il problema dei cottimi in maniera generalizzata. In un discorso del 12 aprile agli operai sospesi, Colombino annuncia che le proposte della FIOM prevedono aumenti dei guadagni di cottimo per 5 milioni, invece dei 2 e mezzo << offerti da Agnelli >>. Invero i 2 milioni e mezzo non erano stati offerti da Agnelli, erano il risultato della trattativa precedente che ora non si voleva limitare ad alcuni reparti, ma allargare a tutta la fabbrica.

Ma è da osservare che nel medesimo discorso il Colombino fa alcune affermazioni di principio che non possono non essere ricollegate a quanto sull’argomento era già stato detto dagli operai nel marzo:

Questo non è ancora quello che noi vogliamo. Non basta avere i miglioramenti: è la forma di salario che interessa. Ira è prevalente nel guadagno dell’operaio il profitto di cottimo che è cosa aleatoria. Noi vogliamo che esso sia minimo e che la quasi totalità del guadagno sia costituito dalla paga fissa per avere garanzie di stabilità e regolarità di vita.

Ciò che interessa il Colombino è la integrazione del cottimo nella paga base per ragioni esclusivamente sindacali. Bouch e gli altri avevano invece portato il discorso sulla funzione politica di questo istituto. Ma dal punto di vista strettamente sindacale è indubbio chela posizione della Federazione Metallurgica sia quando di più avanzato ci si potesse aspettare. Certo essa si scontrerà immediatamente con le esigenze produttive della Fiat che proprio in quel periodo andava sperimentando nuovi sistemi di incentivazione << all’americana >>, e di fatto non avrà che scarsissimi attuazione. Intanto è però questa l’impostazione che Buozzi dà alla questione negli incontri che, on lunghe parentesi dovute alla vertenza dei tecnici, si protraggono fino al 29 maggio.

Il progetto FIOM, accolto nelle sue linee essenziali dalla Confederazione del’Industria, prevede una risistemazione della paghe che ottenga: a) una riduzione delle categorie di paga a 6 o 7 fondamentali; b) minimo di paga nominale ai cottimisti; c) minimo ai percentualisti, particolarmente esposti alle variazioni della produzione; d) riduzione del profitto di cottimo in modo che << si prepari la strada alla graduale eliminazione del medesimo >>, e questo in base la principio per cui, << supposto che attualmente si guadagni 100 di paga base e 200 di cottimo, si dovrà guadagnare 200 di paga base e 100 di cottimo >>.

In effetti la riduzione delle classi di paga è più apparente che reale, dato che c’è una divisione ulteriore in 3 tabelle (sellai, ingrassatori, ecc.; elettricisti, falegnami, telefonisti, ecc.; utensilisti, tracciatori, modellisti, ecc.) per cui si ha un arco di 20-21 classi di paga che vanno da un minimo di 0.50 ad un massimo di 1.90 lire all’ora.

Si trattava di conquista in ogni caso notevoli, considerate in se stesse. Ma esse sono il risultato di un clima politico del tutto eccezionale. In rapporto ad esso appaiono appena sufficienti. Quando la sera del 30 maggio 1919 Uberti, della FIOM, espone il progetto in una assemblea di operai della Fiat, intervengono soltanto oratori che lo giudicano troppo moderato. Parlano Fassone, Scagliarini, Polatto e Cappa << tutti facendo rilevare la disparità di condizioni tra operai ed operai di medesima capacità tecnica nell’officina. Naser vorrebbe una percentuale unica nelle ore ad economia >>. Rispondono Scaroni e Colombino. Viene votato infine un ordine del giorno che approva l’opera della FIOM.

Si verificava che, sia pure a tentoni, gli operai andavano investendo ad uno ad uno tutti i fondamenti della organizzazione capitalistica del lavoro. Da questo punto di vista è possibile notare che le concessioni parziali, anziché sopire, stimolano la critica di quegli istituti che << organizzano >> l’atomizzazione degli operai nel processo produttivo. Le concessioni sul cottimo fanno mettere in discussione l’istituto del cottimo in se stesso, la riduzione delle categorie fa prendere coscienza del carattere oggettivamente fittizio delle medesime. In seguito, con l’accordo dei chimici del febbraio 1920, si giungerà ad ottenere che gli aumenti siano inversamente proporzionali ai minimi di paga, in maniera da non accrescere le disuguaglianze tra le paghe, ma da cominciare ad eliminarle.

Queste idee però si fanno strada in maniera frammentaria. Le intuizioni profonde che a sprazzi illuminano il procedere delle masse non fanno parte di un processo di acquisizione continua delle esperienze positive. E siccome è profondamente radicata l’idea che le conquiste economiche siano del tutto distinte dalle azioni politiche, gli strati più coscienti della classe operaio sono di fatto isolati, non si curano del fatto che procedono troppo avanti rispetto agli altri reparti del proletariato, e così accade che le loro conquiste sono tanto più corporative e settoriali, quanto più elevate nei contenuti.

Naturalmente il sindacato favorisce questa tendenza anziché contrastarla. Un conto sono gli accordi dei metallurgici, un altro i contemporanei concordati degli edili o dei tessili; un conto sono le vertenza con la Fiat, un altro quelle con le piccole industrie meccaniche. Questa divisione è del tutto istituzionalizzata e quasi fa parte del rituale delle vertenze: prima si tratta con Agnelli e poi, separatamente, con le fabbriche minori. Il 29 maggio 1919 si concludono le trattative con la Fiat, ma solo a partire da questa data iniziano quelle con le altre aziende, che si protraggono fino al mese di luglio.

La gran massa degli operai sente oscuramente la inadeguatezza degli strumenti sindacali, ma non sa individuare la causa. Le critiche che si rivolgono ai dirigenti riguardano ora l'<< inerzia >> del sindacato, ora il fatto che esso è un organismo troppo ristretto, staccato dalle masse. Un eco di quest’ultimo tipo di critiche che si scorge nel dibattito al Congresso della Camera del Lavoro di Torino che si tiene a metà giugno e che segna la fine della direzione del Dalberto e l’avvento di una Commissione Esecutiva del tutto rinnovata. Precisamente sulle modalità di elezione della Commissione Esecutiva avviene lo scontro più vivace. Gino Guarnieri propone l’elezione tramite gli organismi direttivi delle Leghe aderenti alla Camera del Lavoro: in questo modo si sarebbe venuto ad accentuare il carattere accentrato e burocratico degli organismi sindacali. É interessante notare che l’opposizione a questa proposta non venga solo dagli operai vicini alla rivista << Ordine Nuovo >>, ma anche da altri settori, e che le posizioni degli ordinovisti risultano relativamente più moderate. Matta infatti, che è legato agli ordinovisti, propone l’elezione tramite le Commissioni Interne, mentre Moschelli ritiene che tutti gli organizzati delle varie Leghe abbiano il diritto di scegliersi, direttamente e non mediante una elezione di secondo grado, i capi che li dirigeranno. É infine approvato l’ordine del giorno Guarnieri-Zangheri con 33 voti, mentre l’ordine del giorno di Moschelli ne raccoglie 20.

L’attenzione degli amici dell'<< Ordine Nuovo >> per le CI non è casuale. In questa fase essi si vanno avvicinando con maggiore concretezza alle questioni di fabbrica, sia pure sotto l’ottica delle questioni politiche più generali. La teorizzazione di Gramsci e degli altri è giunta per il momento a individuare nelle CI quegli embrioni di auto-organizzazione operaia che, seppure nati nella società capitalistica, possono costituire il germe del futuro potere proletario e svolgere per l’Italia quella funzione che si soviet hanno svolto per la Russia. Queste tesi sono svolte da Gramsci nella Assemblea della Sezione Socialista che si tiene il 24 giugno 1919. É interessante notare che in quella sede interviene anche Bruno Buozzi per sottolineare come la situazione economica peggiori sempre più e che se non sopravviene al Rivoluzione le conquiste del proletariato saranno inevitabilmente vanificate dal dissesto dell’economia nazionale. Egli ha anche una puntata polemica nei confronti dell'<< Ordine Nuovo >>, puntata che si deduce dall’intervento di Gramsci, nella seduta della sera successiva. I nuovi istituti – osserva quest’ultimo – non urteranno certo contro i vecchi, che si sono costituiti nell’epoca dell’affermazione borghese. Oggi le cose sono cambiate: << lo strapotere del capitalista all’interno della fabbrica e della classe proprietaria nello Stato, è limitato e contrastato attualmente dalle masse >>. Espressione del nuovo potere operaio nelle fabbriche sono le CI, le quali per ragioni oggettive vanno assumendo funzioni più ricche e articolate di quelle vecchie organizzazioni, nate in un’epoca precedente. Si tratta quindi soltanto di disciplinare giuridicamente un fatto reale.

L’atteggiamento verso il sindacato è molto cauto. D’altronde, per il momento, lo scopo è di travasare del contenuto nuovo in una istituzione sindacale: né dal punto di vista soggettivo, né da quello oggettivo c’era materia per discussioni che andassero al di là di un prudente, reciproco avanzare dei dubbi e sollevare delle perplessità.

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