Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920 – 1.2

Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920

Esordio dell'<< Ordine Nuovo >>

Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920Ma chi appariva nelle condizioni migliori per farsi interprete della nuova situazione sembrava dovesse essere il gruppo di giovani socialisti che il 25 aprile annuncia sull'<< Avanti! >> il programma di una nuova rivista, dal titolo << Ordine Nuovo >>. Sarebbe uscita a partire dal primo maggio e non voleva essere una rivista di partito, ma una occasione di incontro per tutti coloro che erano insoddisfatti dei termini nei quali si andava cristallizzando nel PSI il dibattito politico 29.

Inoltre per alcuni di quei giovani esisteva un precedente di grande importanza: essi in occasione dei moti di Torino del 1917 avevano preso posizione risolutamente per coloro che erano sulle barricate, a differenza dei capi del PSI che, con l’abbandonare a se stesso gli insorti, privandoli di qualsiasi direzione politica, avevano contribuito al fallimento dell’insurrezione 30.

Ora, all’inizio del nuovo, breve ciclo rivoluzionario che si apre nel 1919, ancora una volta gli operai torinesi esprimono in ogni loro azione per quanto limitata e particolare, la volontà di arrivare ad uno scontro frontale con l’avversario. Ma essi si trovano ad essere diretti da quei medesimi capi del PSI e della CGL che avevano dato così chiare prove di se stessi e da tale direzione non sembravano capaci di liberarsi senza difficoltà ed incertezze. Il gruppo dell'<< Ordine Nuovo >> è consapevole dell’inadeguatezza della direzione sindacale e politica esistente in quel periodo, e non vi è dubbio che aspiri esso stesso a costituirsi come espressione del desiderio degli operai di portare la battaglia su un terreno più avanzato. Il problema è di stabilire in quale misura i vari Gramsci, Tasca, Garino, Mata, Togliatti, Viglongo, Pastore, Terracini abbiano realmente svolto quel ruolo di avanguardia cui palesemente aspiravano e nel quale del resto la stessa situazione oggettiva sembrava collocarli.

É opportuno cogliere le posizioni degli ordinovisti nel loro divenire e cominciare per ora, quindi, a valutare sulla base soltanto dei primi numeri della rivista. In verità ben poco nel programma di questa e negli stessi articoli dei primi numeri lascia intravedere che possa esservi qualcosa di comune tra i problemi dibattuti dal giornale e ciò che si agitava in quel periodo nelle officine torinesi. Il settimanale si definiva << di cultura proletaria >>, il suo programma di lavoro era affatto culturale; ci si proponeva di trattare argomenti quali: << a)  lo studio delle correnti socialiste nella III Internazionale e dei tentativi di soluzione socialista ai problemi del dopo guerra che hanno luogo specialmente in Russia e in Germania; b) l’esame delle condizioni economiche e psicologiche italiane che sono il sostrato sul quale pure si deve fondare lo stato socialista; c) i problemi più urgenti di nazionalizzazione o comunque di organizzazione socialista della produzione industriale di alimentazione, tessili, edili e dei trasporti; d) il problema della materie prime e degli approvvigionamenti; e) la nazione armata e la difesa della repubblica sociale; f) il regime rappresentativo e amministrativo per la gestione diretta dei produttori e dei consumatori; g) il bilancio dello Stato e la riforma tributaria in rapporto alle dottrine collettiviste; h) il problema psicologico e tecnico della piccola proprietà che in Italia è parte così importante della struttura agraria; i) il problema della scuola >> 31.

I primi numeri tengono fede a questo programma (e non solo i primi). Compaiono infatti lunghe serie di articoli su argomenti piuttosto lontani dalle questioni politiche che si ponevano in quel momento: l’ordinamento della milizia in uno stato socialista (studiato in tutti  particolari tecnici e organizzativi che vengono però dedotti a priori dai principi del socialismo) 32, il sistema giuridico di uno stato socialista (con identico metodo deduttivo e scarse conoscenze della situazione di fatto in Russia) 33, l’uso del sistema Taylor per aumentare la produttività delle aziende socialiste 34 (e ciò proprio in un momento nel quale la Fiat sperimentava precisamente quel sistema id razionalizzazione dello sfruttamento), e finalmente articoli di uomini di stato sovietici (da Lenin a Zivoniev, a Radek) o di intellettuali ed artisti (da Romani Rolland a Lunaciarskj). Le rubriche fisse, poi, come << La poste dell’Ordine Nuovo >> o << La battaglia delle idee >> si proponevano di ingaggiare un’aspra, ma cavalleresca battaglia con gli uomini dell’intellighentzia borghese (Salvemini, Sorel Croce, Missiroli) nella presumibile convinzione che tutto ciò fosse utile al proletariato 35.

Un filo rosso collega tutti questi argomenti eterogenei e conferisce una certa organicità alla rivista: è l’dea centrale che il proletariato, perché la sua rivoluzione riesca vittoriosa, deve essere preparato, educato, deve mostrare alla classe avversaria di essere all’altezza del suo compito storico, che è quello di succederle, di mettersi alla testa intera della nazione e di dirigerla meglio di quanto la stessa borghesia non sappia fare.

L’esperienza ordinovista va giudicata per quel che è, e cioè un prima fase di studio di un gruppo di militanti, fase che poi non ha potuto avere un seguito << normale >>, ed è stata bruscamente interrotta. Precisamente per questo, però, le carenze teoriche e i limiti pratici del gruppo possono essere analizzati agevolmente perché si presentano in tutta la loro chiarezza. E sono limiti, bisogna dire, che permangono anche quando il principale assertore dell’impostazione << culturalista >>, il Tasca, sarà di fatto emarginato dal lavoro della rivista 36.

Ciò che appare subito evidente è che gli ordinovisti non hanno gli strumenti teorici per capire che cosa sta realmente accadendo nelle fabbriche torinesi e, più in generale, in tutto il capitalismo italiano nel dopoguerra 37. Questo fa sì che Gramsci e compagni restino anch’essi indietro rispetto alle esigenze poste dagli operai, i quali invece stanno sopportando direttamente il peso di certe ristrutturazioni produttive e vi reagiscono istintivamente. Il non aver individuato quali sono le difficoltà principali dell’avversario e, conseguentemente, il non aver rivolto su di esse tutto il peso della propria iniziativa politica spiegano il fallimento pratico del movimento dei consigli. Mentre sul piano teorico la critica al riformismo della CGL non riesce a superare le contraddizioni per cui se il compito dei militanti è di << preparare >> la rivoluzione, tale preparazione si riduce di fatto alla diffusione di alcuni strati del proletariato e dei tecnici di una serie di nozioni tecnico-amministrative che avrebbero reso possibile la gestione operaia della officine (e, più in generale, dell’intera economa nazionale).

La stessa conoscenza e diffusione del pensiero di Lenin si riferisce sintomaticamente a scritto del periodo successivo alla presa del potere e che trattano esclusivamente delle questioni della gestione della economia e i problemi sociali a questa connessi. Del pari, nonostante l’esigenza espressa nel programma, nessuna traccia dei grandi temi di strategia e di tattica o sull’organizzazione del partito rivoluzionario che fin dall’inizio del secolo venivano dibattuti all’interno del movimento operaio europeo.

L’esordio di questa avanguardia non avveniva dunque sotto buoni auspici. Vero è, tuttavia, che le posizioni degli ordinovisti si evolveranno rapidamente verso una sempre maggiore concretezza politica, e ciò a petto dei problemi reali che mezzo milioni di operai ponevano sul tappeto in quel momento.

29 L’Ordine Nuovo, << Avanti! >>, 25 aprile 1919.
30 Cfr. P. Spriano, Torino operaia nella grande guerra, Torino, 1960, pp. 235-265.
31 L’Ordine Nuovo, << Avanti! >>, 25 aprile 1919.
32 L’interminabile serie di articoli riguardanti l’esercito socialista copre quasi un anno di vita della rivista. Tre di questi articoli sono firmati << Il combattente >> e intitolati tutti: La difesa della repubblica sociale, << Ordine Nuovo >>, 23 maggio 1919; 19 luglio 1919; 6 settembre 1919; uno è firmato << Anando >> e intitolato L’esercito socialista, << Ordine Nuovo >>, 12 luglio 1919; gli altri otto sono firmati da << Caesar >> (pseudonimo di Cesare Seassaro) e intitolati L’esercito socialista, << Ordine Nuovo >>, 31 maggio 1919; 21 giugno 1919; 28 giugno – 5 luglio 1919; 26 luglio 1919; 9 agosto 1919; 16 agosto 1919; 20-27 settembre 1919; 11 ottobre 1919. Cfr. La cultura italiana attraverso le riviste, Vol. VI, << Ordine Nuovo >>, a cura di P. Spriano, Torino, 1963.
33 Uno schema di stato socialista è il titolo significativo di tre articoli di E. Fournier, a proposito dei quali la redazione giudica che << l’ossatura del progetto è criticamente salda >>; essi appaiono nei numero del 14 giugno 1919; 19 luglio 1919; 26 luglio 1919. Il solito Seassaro si incarica poi di definire il sistema giuridico di uno stato socialista nei suoi vari rami (diritto penale, civile, amministrativo, ecc.). Lo stato comunista, << Ordine Nuovo >>, 30 agosto 1919; La legislazione comunista, 1 ottobre 1919; 22 novembre 1919; 27 dicembre 1919. La legislazione comunista. Come applicare in Italia la Costituzione russa, 10 gennaio 1920; 14 febbraio 1920; La legislazione comunista. La rappresentanza proporzionale nella Costituzione dei Soviet, 17 luglio 1920; La legislazione comunista. Il governo diretto, 14 agosto 1920; La legislazione comunista. Il diritto amministrativo, 28 agosto 1920.
34 C. Petri, Il sistema Taylor e i consigli dei produttori, << Ordine Nuovo >>, 25 ottobre 1919; 1 novembre 1919; 8 novembre 1919; 15 novembre 1919; 22 novembre 1919.
35 Cfr. Introduzione di P. Spriano a La cultura italiana attraverso le riviste, Vol. VI, L’Ordine Nuovo, Torino, 1963, pp. 11-110; l’introduzione di E. Ragionieri e P. Togliatti, Opere, vol. I, Roma, 1968, pp. XXXVIII-XLVI; L. Paggi, La << redazione culturale >> del << Grido del popolo >> in Prassi rivoluzionaria e storicismo in Gramsci, suppl. al n. 1 dj << Critica marxista >>, 1967, pp. 134-175. E. Garin, Gramsci nella cultura italiana, in Studi gramsciani, Roma, 1958, pp. 3-15. S. F. Romano, Antonio Gramsci, Torino, 1965, pp. 278-289. G. Tamburran, Antonio Gramsci, Bari, 1963, pp. 55-69. La città futura, a cura di A. Caracciolo e G. Scalia, Milano, 1959. J. M. Cammett, Antonio Gramsci and the Origins of Italian Communism, Standford, 1967, pp. 65-96. E. Soave, Appunti sulle origini teoriche e pratiche dei consigli di fabbrica a Torino, in << Rivista storica del socialismo >>, gennaio-aprile 1964.
36 Cfr. l’introduzione di G. Berti ad Annali Feltrinelli 1966, Milano, pp. 35-71.

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