I prezzi dei beni aumentano, ma i salari?

Secondo le stime preliminari fonte ISTAT, in Italia nel mese di settembre 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e dell’8,9% su base annua (da +8,4% del mese precedente).

Si registra un ulteriore accelerazione dell’inflazione, ovvero si manifesta un rincaro di ampia portata, che non si limita a singole voci di spesa. Questo significa che con un euro si possono acquistare oggi meno beni e servizi rispetto al passato.

Oggetto dei rincari sono prevalentemente i beni alimentari (la cui crescita passa da +10,1% di agosto a +11,5% di settembre) .

Pur rallentando di poco, continuano a crescere in misura molto ampia, i prezzi dei beni energetici (da +44,9% di agosto a +44,5%).

L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +4,4% a +5,0% e quella al netto dei soli beni energetici da +5,0% a +5,5%.

Su base annua accelerano i prezzi dei beni (da +11,8% a +12,5%), mentre è sostanzialmente stabile la crescita di quelli dei servizi (da +3,8% a +3,9%).

Accelerano i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +9,6% a +11,1%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,7% a +8,5%).

Prodotti ad alta frequenza di acquisto: includono, oltre ai generi alimentari, le bevande alcoliche e analcoliche, i tabacchi, le spese per l’affitto, i beni non durevoli per la casa, i servizi per la pulizia e manutenzione della casa, i carburanti, i trasporti urbani, i giornali e i periodici, i servizi di ristorazione, le spese di assistenza.

L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +7,1% per l’indice generale e a +3,6% per la componente di fondo.

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dell’1,7% su base mensile, anche per effetto della fine dei saldi estivi di cui il NIC non tiene conto, e del 9,5% su base annua (da +9,1% nel mese precedente).

I dati relativi ai prezzi del consumo sono allarmanti, non soltanto per il quadro macroeconomico, ma in rapporto alla tenuta del tessuto sociale italiano.

Il dato escluso da ogni aumento è il reddito medio degli italiani,  rimasto fermo agli anni ’90 del secolo scorso. Responsabile della decrescita salariale fu la definitiva soppressione della Scala Mobile  in Italia con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il primo governo Amato e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992.

La Scala Mobile fu strumento economico di politica salariale volto ad indicizzare automaticamente i salari in funzione degli aumenti dei prezzi di alcune merci, al fine di contrastare la diminuzione del potere d’acquisto dovuto all’aumento del costo della vita.

All’ aumentare dei costi energetici e dei servizi,  i posti di lavoro saranno sempre più precari.

In questo scenario allarmante saranno sempre di più le famiglie a pagare dazio. Nello specifico si farà sempre più fatica a garantire un’ istruzione di qualità ai figli, poiché sarà prioritario lavorare per mangiare, anziché comprare libri. L’ aumento dei prezzi porterà senza ombra di dubbio ad un’ulteriore decrescita demografica. Un popolo sterile è un popolo debole, poiché mancando la forza lavoro non ci sarà crescita economica.

Sempre protagonista è la favola della “carta moneta bene scarso”, concepita come entità fuori dal controllo umano e autodeterminata dal mercato.

Il problema dell’aumento dei prezzi è attribuibile soltanto al grande leviatano, che trova consistenza reale nei grandi fondi d’investimento internazionali, i quali speculano sui beni di scambio di prima necessità.

Difronte a questa catastrofe economica, ora più che mai è importante demolire l’ideologia del libero mercato, nonché promotrice di ogni forma speculazione finanziaria priva di senso etico.

Nella fattispecie bisogna lottare con ogni mezzo contro l’ideologia nata negli anni ’70 dello scorso secolo, presso la scuola di Chicago, la quale afferma che i mercati senza l’interferenza del governo produrranno i migliori risultati per la società.

Lascio a voi la risposta del quesito:

Secondo voi è meglio che un governo democratico garantisca una politica  di produzione cerealicola, affinché tutta la popolazione venga sfamata; oppure permettere la quotazione nei mercati finanziari dei cereali, consentendo agli speculatori di determinare il prezzo cerealicolo?

 

 

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Pubblicato da Giuseppe Aiello

Ho studiato Storia presso l' Università degli Studi di Milano. Sono editore www.caputnovi.com, sito di divulgazione storica. Opero nel settore finanziario e commerciale.