False dichiarazioni degli immigrati che così violano l’art 495 c.p.

False dichiarazioni degli immigrati che così violano l'art 495 c.p.

False dichiarazioni degli immigrati che così violano l'art 495 c.p.Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.

La reclusione non è inferiore a due anni:

1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;

2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

Sommario:

I. INTRODUZIONE ALLA NORMA. 1. Inquadramento generale.

II. IL COMMENTO. 1. L’interesse protetto. 2. Il soggetto attivo. 3. La condotta tipica. 4. L’elemento soggettivo. 5. Consumazione. 6. Rapporti con altri reati.

III. LE QUESTIONI APERTE. 1. Falsa dichiarazione in ordine alla insussistenza di precedenti penale quale reato?

I. INTRODUZIONE ALLA NORMA

1. Inquadramento generale

Il decreto legge n. 92/08 (cosiddetto pacchetto sicurezza convertito dalla legge n. 125/2008) ha apportato modifiche alla formulazione dell’articolo 495 sia dal punto di vista della condotta materiale sia del trattamento sanzionatorio. In ordine alla condotta materiale scompare il riferimento all’atto pubblico.

Pertanto il reato si integra al momento della dichiarazione fatta al pubblico ufficiale a prescindere dalla circostanza che essa sia preordinata alla formazione dell’atto stesso.

Per quanto attiene l’aspetto sanzionatorio si constata un rilevante aumento di pena sia per la condotta di cui al primo comma (reclusione da uno a sei anni) sia per quella di cui al secondo comma (reclusione non inferiore a due anni).

É stata inoltre eliminata l’attenuante dell’ultimo comma.

L’aumento di pena consente di poter procedere all’arresto facoltativo e di poter disporre misure cautelari.

II IL COMMENTO

1. L’interesse protetto

Il reato di cui all’articolo 495 del Codice Penale è volto a tutelare la pubblica fede che può essere lesa attraverso le condotte, individuate nella fattispecie incriminatrice, idonee ad alterare il contrassegno personale della persona fisica propria o altrui.

É un reato di pericolo essendo sufficiente la lesione in senso giuridico del bene.

2. Il soggetto attivo

Trattasi di un reato comune in quanto può essere commesso da chiunque.

3. La condotta tipica

La falsa attestazione o dichiarazione deve essere resa ad un pubblico ufficiale e deve avere ad oggetto l’ identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona.

L’identità attiene ai dati volti ad individuare anagraficamente un soggetto (data di nascita).

Lo stato della persona è definito dalla dottrina come la condizione del soggetto all’interno di una comunità sociale, civile e politica (cittadinanza, stato coniugale, potestà).

La nozione di qualità personale, invece, ricomprende le qualifiche idonee ad identificare i soggetti come la professione, l’ufficio pubblico ricoperto, la residenza, e via discorrendo (Cassazione n. 4426/1998) non essendo necessario che alle stesse siano attribuite “effetti giuridici”.

In tema di false attestazioni di cui all’articolo 495 del Codice Penale la Suprema Corte ha affermato che “le altre qualità proprie o dell’altrui persona” così come indicato dall’articolo, sono solo quelle che servono a completare lo stato e l’identità della persona ai fini della sua identificazione.

Restano escluse dalla tutela penale le richieste dell’autorità su qualità personali non giustificate dall’esigenza della identificazione ma rivolte ad altri fini.

Nel caso di specie l’attestazione relativa allo stato di coabitazione, resa in una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, non integra una qualità personale non connotando i dichiarandi né designandone una qualità strettamente inerente la persona.

In caso di sua falsità deve ritenersi sussistente il delitto di cui all’articolo 483 e non quello previsto dall’articolo 495 del Codice Penale (Cassazione n. 10342/1996).

4. L’ elemento soggettivo

L’elemento soggettivo è il dolo generico, ossia la coscienza e volontà del fatto previsto dalla norma incriminatrice.

5. Consumazione

Il reato si consuma nel momento in cui viene resa la falsa dichiarazione ed il tentativo si può configurare.

6. Rapporti con altri reati

La formulazione dell’articolo 495 del Codice Penale così come modificata dalla legge n. 125/2008 ha da subito posto il problema in ordine alla differenziazione con il reato di cui all’articolo 496 del Codice Penale, dapprima individuata nel mancato riferimento in quest’ultima fattispecie criminosa all’atto pubblico.

Dato il carattere sussidiario della fattispecie prevista dall’articolo 496 si ritiene che gli elementi di differenziazione siano da individuarsi nella spontaneità della dichiarazione nel caso di cui all’articolo 495 e nella previsione nell’articolo 496 anche dell’incaricato di pubblico servizio quale soggetto a cui le dichiarazioni vengono rilasciate.

La Suprema Corte ha osservato come la modificazione della fattispecie prevista dall’articolo 495 del Codice Penale ha reso meno netta ed evidente la distinzione con la disposizione di cui all’articolo 496 del Codice Penale.

Per i giudici di legittimità, invero, “le due fattispecie parrebbero, almeno in parte, sovrapponibili (in quanto il fatto che l’autore debba essere stato previamente interrogato sulle sue qualità dal pubblico ufficiale (presupposto tipizzato dall’art. 496 e di cui invece l’art. 495 non fa menzione anche nella nuova formulazione) non può considerarsi elemento specializzante idoneo a vanificare la clausola di sussidiarietà contenuta nella prima delle due norme citate”.

Secondo la Suprema Corte deve però escludersi che “il legislatore abbia inteso creare due fattispecie criminose sostanzialmente identiche nel precetto ma diverse nella sanzione, consentendo incongruenze applicative di non poco momento, come quella di rendere ora punibile un soggetto che renda false dichiarazioni in assenza di un previo interrogatorio, ai sensi della ritoccata, e più grave, fattispecie di cui all’art. 495, laddove prima della riforma non sarebbe stato sanzionato nemmeno alla stregua della norma sussidiaria di cui all’art. 496 c.p.

Invero, a ben vedere, un elemento distintivo della fattispecie prevista dall’art. 495 c.p. si rinviene ancora nel verbo “attesta” seguito dall’avverbio “falsamente” che compaiono al primo comma, termini che non si rinvengono nel sussidiario art. 496 c.p..

Tale elemento, rapportato al mantenimento delle due aggravanti già contemplate nel secondo comma dell’art. 495 c.p., per l’ipotesi che la falsa dichiarazione sia commessa in atti dello stato civile (e dunque in tal caso il recepimento della dichiarazione nell’atto pubblico tornerebbe contraddittoriamente a segnare la tipicità della fattispecie) ovvero sia stata resa da un imputato o da un indagato all’autorità giudiziaria o abbia determinato una erronea iscrizione nel casellario giudiziale e tenuto conto del più grave trattamento sanzionatorio riservato dall’art. 495 c.p., implica necessariamente che tuttora, nonostante l’eliminazione dell’espresso riferimento all’atto pubblico, qualora il soggetto renda false dichiarazioni “attestanti” (e cioè tese a garantire) il proprio stato o altre qualità della propria o altrui persona che, in quanto tali, siano destinate ad essere riprodotte in un atto fidefaciente idoneo a documentarle, debba continuare a trovare applicazione la norma incriminatrice di cui all’art. 495 c.p.” (Cassazione n. 20045/2009).

In ordine, invece, alla distinzione tra i reati di cui all’articolo 483 e 495 del Codice Penale e la fattispecie di cui all’articolo 567 e 495 del medesimo codice, la Cassazione ha precisato che il falso di cui all’articolo 483 è riferito a fatti di cui l’atto è destinato a provare la verità (Cassazione n. 8996/1994) e che il reato di alterazione di stato di cui all’articolo 567, comma 2, si commette nella formazione dell’atto di nascita (Cassazione n. 5356 /2006).

III. Le questioni aperte

1. Falsa dichiarazione in ordine alla insussistenza di precedenti penali: quale reato?

La Suprema Corte ha affermato che integra il reato di cui all’articolo 496, la condotta di colui che falsamente, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, presentata al fine di conseguire il passaporto, dichiara di non avere precedenti penali in quanto in tal caso la dichiarazione del privato, ancorché preordinata ad avere un’autorizzazione amministrativa, non è destinata ad incidere direttamente o indirettamente anche sulla formazione di un atto pubblico (Cassazione n. 35447/2009).

In senso contrario si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16772/2008 dove ha avuto modo di affermare che “la mancata indicazione, nell’apposito modulo di richiesta del passaporto, della esistenza di precedenti penali da luogo alla configurabilità del reato di cui all’art. 495 c.p., u.c. trattandosi di implicita falsa attestazione inerente una qualità del dichiarante, con esclusione, quindi, tanto del reato di cui all’ art. 483 c.p. quanto di quello di cui all’ art. 496”.

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