Esame di cultura per avere il diritto elettorale

Se molti dei politici, e non necessariamente di governo, dovessero fare un esame minimo di cultura generale per accedere al voto, più o meno come si fa per avere la patente di guida, non lo passerebbero. In pratica, numerosi personaggi che pretendono di raggiungere cariche elettive, non potrebbero avere il diritto di voto. Guardiamoci un momento attorno. Quanti, tra coloro che conosciamo, potrebbero votare? Quello no di sicuro, quella no di sicuro, quell’altro pure, figurati quell’altra…. Insomma, alle urne, in una democrazia della competenza e della consapevolezza, arriverebbe poca gente. Che cosa? E’ elitario? Selettivo? E magari lo fosse! Un paese guidato da una élite di competenti, forse non sarebbe male, che dite?

La competenza politica oggi si può invece riassumere così: la scaltrezza,la furbizia, e il pelo di… che tira più di ogni altra cosa.

Qualche giorno fa Massimo Gramellini su La Stampa ha scritto: “Per realizzare una democrazia compiuta occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto. Non posso guidare un aeroplano appellandomi al principio di uguaglianza, devo prima superare un esame di volo”.

Di recente il mio amico Luigi Negri, mi ha scritto: “Io oggi credo che l’epistocrazia sia l’unico serio antidoto contro il dilagante affermarsi di moderni regimi autoritari e autarchici”.

E, ancora: “Non dimentichiamo infatti che i Putin, gli Erdogan, i Trump, i Bolsonaro, i Duterte…… si affermano grazie ad un forte ed entusiastico consenso popolare, e che anche in Europa si stanno imponendo pulsioni di questo genere.

Recita il rapporto del Censis che il 48% degli italiani si dice favorevole all’uomo forte al potere. Tutto questo dovrebbe indurci ad una profonda riflessione: è aperto il dibattito. Ma il quesito non è “chi decide quali persone hanno diritto di voto?” ma “quali conoscenze sono necessarie per poter esercitare il diritto di voto?” È semplice: criteri il più possibile oggettivi, così come accade per ottenere una patente di guida, una licenza di studio o di esercizio”.

Oggi e pure domani decide il nostro futuro chi è più ammanicato, chi regge di più il moccolo, chi smanetta meglio i social, chi è più banale e scontato possibile. Partiti e istituzioni fanno a gara a chi li rappresenta al ribasso. E in più al populismo che ci è già noto, osserviamo i coretti di altri populismi ritardatari, che scopiazzano l’urlo da bar, scimmiottando il populismo originale, quello vero al 30 per cento e più.

Sicché il nuovo che avanza viene combattuto col vecchio che non rinnova il proprio linguaggio e che ci fa velocemente cambiare canale.

Chissà se l’epistocrazia avrà un futuro, qui al Nord.

 

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